La questione Arafat
retroscena dell'incontro Bush-Berlusconi
Testata: La Stampa
Data: 22/07/2003
Pagina: 3
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Incontrare Arafat? Il premier tra due fuochi
Riportiamo l'articolo di Maurizio Molinari pubblicato su La Stampa martedì 22 luglio 2003.Silvio Berlusconi esce dal summit di due giorni nel ranch di Crawford con la prima sfida diplomatica da presidente di turno dell'Unione Europea: incontrare o meno Yasser Arafat. I partner dell'Unione Europea gli chiedono di vederlo mentre Washington lo considera un ostacolo alla pace, un leader coinvolto in atti di terrorismo.
Per Roma la sfida è armonizzare il ruolo di alleato di ferro della Casa Bianca con quello di presidente di turno dell'Unione Europea. Di questo si è parlato nelle ore di colloqui al ranch di Crawford, durante le quali Berlusconi ha ricordato i cerchi concentrici che sono da sempre il manuale della politica estera italiana: prima l'Unione Europea e poi la Nato nel quadro della relazione speciale con gli Stati Uniti. Ciò che unisce Berlusconi e Bush è la convinzione che la nuova leadership palestinese di Abu Mazen debba essere rafforzata e che le organizzazioni terroristiche vadano combattute per garantire il successo del processo di pace. Su questa base Berlusconi si avvia ad affrontare il nodo-Arafat.
Sulla carta la scelta da compiere è se incontrare o meno Arafat nel viaggio nei Territori palestinesi, preannunciato sabato dal ministro-negoziatore Nabil Shaat anche se ancora non confermato ufficialmente da Palazzo Chigi. A premere su Berlusconi a favore di una scelta positiva sono il presidente della Commissione Europea, Romano Prodi, e numerosi leader dell'Ue, a cominciare dal francese Jacques Chirac. Fino ad ora i passati presidenti di turno si sono attenuti alle linee di politica estera concordate in seno di Consiglio Europeo, e di cui è garante Javier Solana, favorevoli a mantere un dialogo aperto con Arafat «per favorire la pace». Le pressioni europee su Roma sono consistenti anche perché i partner più vicini a Washington non si sono smarcati dalla linea concordata su Arafat: la Spagna ha inviato il ministro degli Esteri, Ana de Palacio, ad incontrarlo ed il premier britannico Tony Blair, ricevendo il collega israeliano Ariel Sharon a Downing Street la scorsa settimana ha evitato rotture con Bruxelles. L'ulteriore motivo che potrebbe spingere Berlusconi ad incontrare Arafat è la preparazione dei lavori della Conferenza Euromediterranea che si terrà a Napoli a inizio dicembre perché l'Autorità nazionale palestinese - come Nabil Shaat continua a ripetere - lamenta un eccessivo schieramento filo-israeliano di Berlusconi. Ma soprattutto avere luce verde da Ramallah è irrinunciabile nel tentativo di poter celebrare ad Erice, in Sicilia, prima della fine del semestre di presidenza dell'Ue una conferenza di pace sul Medio Oriente, la prima delle due previste dal tracciato della «Road Map». I palestinesi hanno fatto sapere all'Italia che due sono le condizioni per prendere in esame l'ipotesi di riconoscerci il ruolo di Paese ospitante. Primo: una visita di Berlusconi in Cisgiordania e Gaza per bilanciare quella appena svolta in Israele. Secondo: un incontro a tu per tu con Yasser Arafat, il leader storico dell'Olp eletto presidente dell'Autorità nazionale palestinese nel 1994 ma emarginato dagli Stati Uniti a causa della sua compromissioni con organizzazione terroristiche responsabili di attacchi kamikaze come Hamas, Jihad e le Brigate Al Aqsa di Al Fatah.
Fu proprio il presidente americano George Bush, nel discorso del 24 giugno 2002, a decretare l'emarginazione politica di Arafat: è questa la base su cui gli americani hanno investito politicamente ed economicante spingendo l'Anp a designare Mahmoud Abbas (detto Abu Mazen) primo ministro. Sin dal vertice del G-8 di Kananskis nell'estate del 2002 Washington preme sugli alleati europei e i Paesi moderati arabi affinché non abbiano alcun rapporto con Arafat «che ha fallito nel rappresentare le speranze del suo popolo» ed è «compromesso con il terrorismo». La designazione di Abu Mazen a premier palestinese, il varo della «Road Map», il vertice di pace israelo-giordano-palestinese ad Aqaba e la fine dell'Intifada armata sono considerate dalla Casa Bianca come frutti seguiti al successo avuto nel rendere «irrilevante» Arafat. Le recenti informazioni raccolte dalla Cia nei Territori sui tentativi di Arafat di sabotare Abu Mazen confermano d'altra parte agli occhi di Bush che l'anziano leader palestinese resta un ostacolo sulla via della pace, per nulla un aiuto. Berlusconi è uscito dal summit del ranch consapevole della necessità di armonizzare le posizioni di Unione Europea e Stati Uniti. Non a caso ha sottolineato a più riprese l'importanza di scegliere la via della «coesione» e non della «divisione» fra i partner euroamericani. Riuscirci non sarà facile anche se l'Italia in qualità di alleata fidata può tentare di diventare la spalla di Washington in sforzi diplomatici che l'amministrazione Usa non vuole compiere direttamente.
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