Gli arresti di sospetti membri di Hamas sottolineano l’insicurezza degli ebrei in Europa 24/12/2023
Analisi di Ben Cohen 
Autore: Ben Cohen

Gli arresti di sospetti membri di Hamas sottolineano l’insicurezza degli ebrei in Europa

Analisi di Ben Cohen 

 

(traduzione di Yehudit Weisz) 

 

https://www.jns.org/arrests-of-hamas-suspects-underline-jewish-insecurity-in-europe/

 

A meno che non seguiate da vicino le notizie dall'Europa, è improbabile che sappiate che la settimana scorsa, sette presunti sospetti membri di Hamas, ritenuti di star pianificando attacchi contro obiettivi ebraici, sono stati arrestati durante i raid della polizia in Germania, in Danimarca e nei Paesi Bassi. Non è del tutto chiaro se queste operazioni di polizia siano state coordinate oltre confine, anche se i dettagli emersi dopo gli arresti suggeriscono che lo fossero. Secondo una dichiarazione della Procura Federale Tedesca, tre degli uomini sono stati arrestati a Berlino mentre tornavano da un deposito di armi presumibilmente allestito da uno di loro, il cui nome secondo la polizia era Abdelhamid Al A. e che, secondo quanto riferito, era arrivato in Germania all’inizio di quest’anno per ordine dei leaders di Hamas con sede in Libano. Sia questo sospettato che gli altri due, che si chiamano Mohamed B. e Nazih R., avrebbero visitato il deposito di armi in diverse occasioni dopo il pogrom del 7 ottobre messo in atto dai terroristi di Hamas nel Sud di Israele. Un quarto uomo, presumibilmente legato al trio in Germania, è stato arrestato a Rotterdam dalla polizia olandese e consegnato alle autorità di Berlino. Si dice che tutti e quattro siano strettamente legati alle Brigate Izz ad-Din al-Qassam di Hamas, che hanno svolto un ruolo chiave nella pianificazione e nell'esecuzione del pogrom in cui sono state uccise 1.200 persone e sequestrate più di 200 come ostaggi. Separatamente, la polizia danese lo stesso giorno aveva annunciato che tre persone erano state arrestate a Copenaghen con l'accusa di terrorismo. In questo caso, però, la polizia ha detto soltanto che i detenuti avevano intenzione di compiere un “atto di terrorismo” e non ha specificato se vi fosse un collegamento con Hamas. Ciò che hanno fatto è stato consigliare al rabbino locale Chabad di annullare la cerimonia di accensione delle candele di Chanukkah nel centro della capitale danese con la motivazione che l'evento avrebbe costituito un rischio per la sicurezza, specificando che le autorità considerano gli attacchi terroristici contro le comunità ebraiche come un reale pericolo e che altri sospettati di terrorismo, tuttora latitanti, erano ancora in libertà. Se si scoprisse che questi detenuti sono stati inviati con lo scopo di compiere attacchi terroristici sul suolo europeo, ciò segnerebbe un importante passo avanti strategico per Hamas. L’organizzazione detiene un’ampia presenza in Europa, ma ha limitato le sue attività alla propaganda e alla raccolta fondi, attività che i governi europei hanno tentato di reprimere prima e dopo le atrocità del 7 ottobre con vari gradi di impegno e di successo. Ma a differenza dei suoi cugini Isis e Al-Qaeda, Hamas finora non si è scatenato in violenze contro obiettivi europei, presumibilmente per paura che ciò possa alienare l’opinione pubblica e entrare in conflitto con le forze dell’ordine. Si può vedere che Hamas potrebbe essere tentato di attaccare un obiettivo specificamente ebraico piuttosto che uno in generale, calcolando che ciò sarebbe più gradito all’opinione pubblica. Durante l’ultimo decennio in Francia, gli islamisti hanno condotto operazioni terroristiche sia contro obiettivi ebraici, tra cui il supermercato kosher Hyper Cacher a Parigi, sia contro obiettivi generali, come la discoteca Bataclan nella capitale francese; l'indignazione e la protesta del pubblico erano chiaramente più elevate in seguito agli attacchi contro obiettivi generali piuttosto che contro quelli ebraici. Andando ancora più indietro, Hamas potrebbe credere, non irragionevolmente, che la risposta di molti non ebrei europei ad un attacco terroristico contro una sinagoga o una scuola ebraica farebbe eco alla reazione dell’ex Primo Ministro francese Raymond Barre in occasione dell’attacco terroristico palestinese dell’ottobre 1980 alla Sinagoga di Rue Copernic a Parigi. Notando che quattro persone erano state uccise fuori dalla sinagoga – solo una di loro era ebrea – Barre aveva dichiarato che “questo odioso attacco mirava a colpire gli ebrei che si recavano alla sinagoga, ma ha colpito dei francesi innocenti che stavano attraversando Rue Copernic.” In altre parole, mentre la violenza e il terrore dovrebbero essere aborriti in generale, è più facile giustificare tali atti quando sono uccisi ebrei piuttosto che non ebrei, perché gli ebrei sono meno “innocenti”. La maggior parte dei politici europei oggi si allontanerebbe da una reazione simile a quella di Barre. La loro retorica, soprattutto in Germania e in Francia, anche se meno in Spagna, si è concentrata sulla rassicurazione delle comunità ebraiche sul fatto che sono al sicuro e sull’insistere con la popolazione generale sul fatto che la presenza ebraica tra loro è sia gradita che non negoziabile. Eppure le forze dell’ordine sono rimaste indietro rispetto a queste buone intenzioni, mentre l’opinione pubblica rimane ambigua, tollerando ogni settimana rabbiose proteste di massa nelle capitali e nelle principali città a sostegno di Hamas. Allo stesso tempo, la copertura mediatica della guerra difensiva di Israele nella Striscia di Gaza, che sottolinea la difficile situazione dei civili palestinesi e attribuisce la maggior parte della colpa per il loro calvario a Israele, rafforza la percezione pubblica dello Stato ebraico come uno Stato canaglia. Nella mente di non pochi, la colpevolezza israeliana rende gli attacchi contro gli ebrei al di fuori di Israele molto più comprensibili, se non del tutto giustificabili. C’è un altro aspetto del problema. Episodi come gli arresti della scorsa settimana incoraggiano l'idea che il terrorismo sia qualcosa di importato dall'esterno, meticolosamente pianificato prima di essere messo in atto. In molti casi, ovviamente, questo è vero, ma non in tutti. Probabilmente gli ebrei europei hanno più da temere dalle persone che vivono nei loro quartieri che dai terroristi che arrivano dal Medio Oriente. La settimana scorsa, ad esempio, un uomo arabo non identificato brandendo un coltello è entrato in un asilo nido vicino a Parigi che accoglie bambini piccoli, molti dei quali provengono da famiglie ebree. “Sei ebreo, sei sionista. Cinque di noi ti violenteranno e ti faranno a pezzi come hanno fatto a Gaza”, ha detto l'intruso al terrorizzato direttore dell'asilo prima di fuggire dalla scena. Ora quell’asilo è stato costretto a chiudere. Storie come queste, così come atti più meschini ma comunque orribili di fanatismo e discriminazione antiebraica, attualmente sono all’ordine del giorno in Europa. Nel frattempo, il governo israeliano ha affermato che la guerra per eliminare Hamas non finirà presto. Per quanto sia terribile dirlo, dobbiamo prepararci alle conseguenze di un attacco terroristico rivolto agli ebrei in una città europea, o addirittura americana. Possiamo aspettarci che i governi e gli organi di polizia competenti siano solidali e bendisposti in una simile eventualità. Ma il giudizio è aperto al pubblico in generale, e vedremo se la sua reazione sarà come quella di Raymond Barre, se non addirittura peggiore.

Ben Cohen Writer - JNS.org

Ben Cohen, esperto di antisemitismo, scrive sul Jewish News Syndicate