Stati Uniti e Israele per un nuovo scenario mediorientale
Analisi di Antonio Donno
Jake Sullivan, Consigliere per la Sicurezza Nazionale USA
Il 24 ottobre, Jake Sullivan, Consigliere per la Sicurezza Nazionale americana, ha pubblicato su “Foreign Affairs” un importante saggio sulle prospettive dell’impegno americano a livello internazionale e sulle iniziative attuali dell’Amministrazione Biden. Il concetto fondamentale di una politica internazionale non è solo la deterrenza, ma anche, in alcune circostanze, l’uso della forza. Quest’affermazione si adatta molto bene alla situazione attuale del Medio Oriente e, in particolare, all’azione di Israele all’interno di Gaza per eliminare la minaccia terroristica rappresentata da Hamas. A questo proposito, il sostegno americano a Israele risponde bene a quello che afferma Sullivan, e cioè che “[…] gli Stati Uniti sono più forti quando lo sono anche i loro partner […]”; si può dire, allora, che lo Stato ebraico, di conseguenza, è divenuto di nuovo un partner cruciale per la politica mediorientale degli Stati Uniti, dopo decenni di sostanziale abbandono della regione per opera di Barack Obama, un abbandono che ha aperto le porte all’ingresso di Russia e Cina nelle complesse trame di quell’area. Le iniziative diplomatiche di Washington nel Medio Oriente rappresentano, dunque, l’inizio di un nuovo atteggiamento politico americano che verrà a contrasto con l’attività politica di Russia e Cina: “La crisi in Medio Oriente – scrive Sullivan – non cambia il fatto che gli Stati Uniti debbano prepararsi a una nuova stagione di concorrenza strategica, in particolare scoraggiando e rispondendo all’aggressione delle grandi potenze”. Così, il partner israeliano costituirà un riferimento centrale in questa nuova fase della politica mediorientale degli Stati Uniti, come è avvenuto, tra alti e bassi, nel secondo dopoguerra, fino alla presidenza di Obama. Sullivan afferma che le alleanze americane dei tempi della guerra fredda sono ormai obsolete, per la qual cosa occorre ricostruire una partnership internazionale intesa a riportare l’Occidente a un ruolo centrale nel sistema politico internazionale. Israele non può che far parte di questa partnership in una regione di fondamentale importanza nello scenario globale. Gli eventi drammatici del 7 ottobre, secondo Sullivan, sono così gravi da prospettare “[…] il rischio di una significativa escalation regionale” e, per questo motivo, “[…] gli Stati Uniti sostengono fermamente Israele che protegge i suoi cittadini e li difende dai brutali terroristi”. In questo caso, la deterrenza non ha alcun significato e l’uso della forza si attaglia perfettamente alle necessità di sicurezza dello Stato ebraico. Un uso della forza che deve puntare al raggiungimento completo dell’obiettivo: l’eliminazione di Hamas. “Gli Stati Uniti – conclude Sullivan – […] si stanno attrezzando per una nuova competizione in un‘epoca di interdipendenza e sfide transnazionali”. È nell’interesse strategico degli Stati Uniti inserire Gerusalemme in un partenariato globale che vede in Israele il punto di riferimento politico di primaria importanza nel Medio Oriente, in un quadro di alleanze che Netanyahu ha a suo tempo costruito con gli “Accordi di Abramo”. Se ciò dovesse avvenire, Russia e Cina, potenze che sostengono le mire dell’Iran e dei suoi accoliti terroristi, si troverebbero in una situazione nella quale la loro attuale presenza politica nella regione incontrerebbe difficoltà politiche di grande peso. Questo avrebbe riflessi sostanziali sull’operato dei movimenti terroristici affiliati all’Iran; è per questo motivo che il sostegno politico che Washington offre a Gerusalemme nel suo progetto di distruggere Hamas ha un significato che supera tale contingenza, per quanto cruciale, per proiettarsi in una prospettiva più generale di ripresa del ruolo che gli Stati Uniti hanno avuto per molti decenni nel Medio Oriente e che dagli anni di Obama – non si finirà mai di ripeterlo – è venuto meno, con le conseguenze negative che si sono evidenziate. Israele continua nella sua azione di eliminazione di Hamas a Gaza. Ciò comporterà ancora del tempo, ma l’obiettivo è di primaria importanza. Il sostegno politico degli Stati Uniti è, dunque, indispensabile per Israele, ma lo è anche in un senso più generale: il ripristino di un ruolo fondamentale di Washington nel Medio Oriente.
Antonio Donno