Le sfide future di Israele
Analisi di David Elber
Niente pace se non si ferma l'educazione al terrorismo da parte palestinese
Si è ancora lontani dalla conclusione dell’operazione militare a Gaza, ma è già possibile delineare lo scenario che verrà dopo la vittoria militare, che potrà essere totale, solo, se la comunità internazionale (cioè gli USA di Biden) permetterà l’eradicazione completa di Hamas, oppure sarà l’ennesima guerra senza una chiara vittoria a cui seguirà l’ennesima hudna. Una delle più importanti sfide che lo Stato di Israele dovrà affrontare, sarà quella di rimpiazzare l’attuale establishment politico/militare, che ha portato il paese a subire il più grande eccidio di ebrei dalla Seconda guerra mondiale. Il fatto che un’intera classe dirigente, fatta di politici e di militari, si sia dimostrata totalmente inadeguata a comprendere la realtà islamo- nazista di Hamas e parimenti inadeguata a contrastare una realtà non molto dissimile come è, nei fatti, l’Autorità Palestinese, pone dei seri interrogativi su chi possa condurre il paese nel prossimo futuro garantendo una sicurezza indispensabile per il ritorno ad una normale vita in piena sicurezza. È, senz’altro, vero che la comunità internazionale ha sempre fatto, tutto ciò che è in suo potere, per indebolire le difese di Israele e, contestualmente, per finanziare e alimentare organizzazioni di spietati terroristi come Hamas o di cleptocrati e devoti pagatori di assassini di ebrei come l’Autorità Palestinese, ma in ultima analisi la responsabilità della sicurezza di uno Stato ricade sul proprio establishment politico e militare, che deve essere capace di resistere a tutte le richieste internazionali che sono giudicate in contrasto che le necessità di sicurezza del paese. Questa è, a mio avviso, la sfida più importante di Israele del dopo guerra. Proviamo però a delineare dei passi concreti che dovrebbero essere intrapresi dal nuovo esecutivo e dai nuovi vertici militari per garantire che, una volta terminata l’operazione militare a Gaza, non si ritorni ad uno status quo ante guerra e a un nuovo conto alla rovescia verso un nuovo conflitto. Per prima cosa il nuovo governo, con il pieno appoggio dello stato maggiore dell’esercito, deve far chiudere tutte le strutture dell’UNRWA sia a Gaza che in Giudea e Samaria che sono il vero incubatore di odio e terrorismo da oltre 70 anni, oltretutto lautamente finanziate da USA e UE. Questo deve essere il primo è più importante passo politico e di sicurezza da compiere se non si vuol tornare alla situazione precedente. Oltre a ciò, Israele deve iniziare ad espellere tutti i funzionari ONU collegati all’UNRWA e a tutte le organizzazioni pseudo umanitarie che sono, invece, un potente strumento di odio antiebraico, di propaganda e di criminalizzazione perpetua di Israele ad iniziare dai “Special Rapporteur per i territori palestinesi”, dei quali basta leggere i curricula per comprendere il perché sono stati nominati a tali incarichi. Solo così Israele potrà cercare di eliminare una pluridecennale educazione all’odio impartita nelle scuole palestinesi di ogni ordine e grado e tra i suoi funzionari. Altro passo fondamentale deve essere quello di subordinare, l’ingresso di tutti i lavoratori palestinesi in Israele e il pagamento che Israele effettua all’Autorità Palestinese delle tasse che raccoglie in sua vece, al cambiamento educativo palestinese e all’immediata cessazione del pagamento di stipendi agli assassini di ebrei e alla loro glorificazione. Se questa immorale e abbietta pratica non dovesse cessare, le nuove autorità di Israele dovranno, una volta per tutte, dichiarare finita la favola “dei due Stati per due popoli”. Questo perché, se le cose continuano allo stesso modo di oggi, Hamas controllerà la Giudea e Samaria (i sondaggi danno ad Hamas l’80% dei consensi) e quello che è accaduto il 7 ottobre sarà stato solo un primo episodio di quello che si potrebbe realizzare in maniera ancora più devastante nel cuore di Israele. Il nuovo esecutivo dovrà cessare totalmente la fornitura di acqua e di energia elettrica a Gaza che ancora oggi, dopo l’eccidio compiuto dai palestinesi e le decine di migliaia di razzi sparati dalla Striscia verso le città israeliane nel corso degli anni, Israele fornisce senza che ci sia la minima plausibile motivazione. Del resto se si vuole creare uno Stato indipendente non si capisce perché un altro Stato debba provvedere alle sue esigenze idriche ed elettriche. Un altro aspetto di fondamentale importanza, che deve coinvolgere in maniera coordinata e condivisa il futuro governo con i vertici dell’esercito, è la vitale questione delle armi e soprattutto delle munizioni. Israele deve rendersi il più possibile autonomo nella sua industria bellica senza dover più dipendere dagli USA per poter combattere una guerra e così subire costanti e inesorabili ricatti da parte loro. Oggi, la dipendenza dell’esercito israeliano dalle munizioni americane è così elevata che se gli Stati Uniti decidessero di interrompere le forniture, Israele non sarebbe in grado di difendersi in maniera adeguata. Figuriamoci se dovesse confrontarsi con Hezbollah o altri paesi. Tale punto è talmente importante e decisivo per la sopravvivenza dello Stato ebraico, che dovrà essere messo tra i primi e urgenti punti dell’agenda politica da realizzare. Tutto questo non potrà essere fatto in poco tempo ma se non si inizia, politicamente, a pensarlo ed ad attuarlo un pò alla volta, Israele non potrà vincere le future guerre (militari e politiche) e l’esistenza stessa dello Stato ebraico sarà messa seriamente a rischio.
David Elber