Perché Israele non può vincere questa guerra
Analisi di David Elber
Antony Blinken
Sono passati ormai due mesi dall’eccidio, compiuto dall’organizzazione terroristica palestinese di Hamas, ed ora è possibile trarre i primi bilanci della risposta israeliana a questo eccidio. La cosa più evidente è l’inadeguatezza della classe dirigente israeliana di fronte ad un episodio di guerra di tale portata: sia la classe politica che quella militare è stata, ed è tuttora, incapace di provvedere alla sicurezza del paese. Ora vediamo alcuni importanti punti. La prima considerazione da fare è che la maggiore responsabilità, di quanto accaduto il 7 ottobre, è dell’esercito e in modo particolare dell’intelligence militare ad iniziare dal suo capo: il generale Aharon Haliva e dai suoi immediati sottoposti. In pratica l’intero vertice militare ha sottostimato le informazioni di numerosi rapporti che erano giunti da diverse settimane e in modo particolare nei giorni precedenti all’attacco. Alle responsabilità del generale Haliva, vanno poi aggiunte quelle dello Stato Maggiore dell’esercito rappresentato dal generale Halevi (Capo di Stato Maggiore) e dal generale Yaron Finkelman, comandante in capo della Divisione sud. A i loro imperdonabili errori di valutazione, vanno aggiunti quelli commessi dal governo rappresentato dal premier Netanyahu e quello che lo a preceduto (Bennet- Lapid) oltre che dal sempre presente Benny Ganz (in qualità di Capo di Stato Maggiore, ministro della difesa, vice premier ecc.). Ma è stato possibile liquidare tutti questi rapporti di crescente pericolo come “esagerazioni” o “fantasie”? Ciò è stato possibile perché i vertici militari, al pari di quelli politici, vivono in una sorta di “bolla” auto creata che non gli permette di vedere la realtà dei fatti. Tale realtà, invece, ci ha sempre detto che non c’è spazio di mediazione con Hamas al contrario di quanto creduto dalla classe dirigente israeliana. Il fatto che tale dirigenza viva in una bolla auto costruita pone dei seri interrogativi su come possa essere affrontata la guerra in corso. Come si può avere piena fiducia in una classe dirigente che si è dimostrata totalmente incapace di “vedere” la minaccia costituita da Hamas, e che ha, inconsapevolmente, in qualche modo “aiutato” a far crescere negli anni? E questo, in primo luogo, tramite le ingenti sovvenzioni del Qatar e accettate dai politici e dai militari, perché considerate come “il male minore”. In pratica la tesi accettata da tutti è stata: permettiamo l’ingente flusso di soldi verso Gaza, permettiamo l’ingresso di migliaia di lavoratori da Gaza, permettiamo l’ingresso di migliaia di malati bisognosi di cure negli ospedali israeliani e lasciamo che Hamas governi la Striscia così i motivi di attrito si ridurranno e un maggior benessere a Gaza farà si che Hamas si accontenti di governare e un po' alla volta rinuncerà alla sua intenzione di distruggere Israele. A parzialissima discolpa di questa cecità, bisogna sottolineare le massicce pressioni politiche internazionali (soprattutto americane) che si sono concentrate su Israele – a partire dalla prima amministrazione Obama – affinché accondiscendesse a tutte le richieste di allentamento delle più elementari norme di sicurezza, come ad esempio l’eliminazione della buffer zone che era stata creata attorno alla Striscia per motivi di sicurezza e abbandonata per compiacere il presidente Obama. Da questo momento in avanti è stato un continuo susseguirsi di “gesti di normalizzazione” unilaterali che, evidentemente, sono stati registrati dai palestinesi come atti di debolezza di Israele. Ora come può essere possibile che, la medesima classe dirigente (sia politica che militare), che ha portato al disastro del 7 ottobre, sia in grado di poter vincere questa guerra? In molti sostengono che l’eccidio perpetrato dai palestinesi di Hamas abbia in qualche modo aperto gli occhi a tutti sulla reale natura criminale di questa organizzazione e questo porterà alla inevitabile vittoria militare israeliana vista la superiorità dell’esercito dello Stato ebraico. Ma ne siamo così sicuri? Per prima cosa bisogna definire cosa si intende per vittoria in una guerra. La vittoria può essere solo una: la capitolazione totale dell’avversario come è stato per la Germania nazista e il Giappone imperiale. E questa è avvenuta sia militarmente che politicamente. Se vediamo come si stà comportando il governo di Israele e i vertici militari e della sicurezza (Mossad e Shin Bet) ci accorgiamo che ai grandi proclami di vittoria non stanno seguendo le azioni per giungervi. La più macroscopica dissonanza, tra i proclami e le azioni sul campo, è la questione delle trattative con Hamas per gli ostaggi. Per vincere una guerra non si possono fare trattative con una organizzazione criminale. Questo perché il solo sedersi ad un tavolo di trattative con dei criminali efferati li si legittima politicamente. Nessuno durante la Seconda guerra mondiale a mai pensato di intavolare trattative con la Germania o il Giappone anche se questi ultimi avevano centinaia di migliaia di prigionieri di guerra e migliaia di ostaggi civili. La sola opzione che gli fu concessa fu una capitolazione totale per porre fine alla guerra, nessuna tregua umanitaria o sospensione del conflitto. Il solo fatto che Israele abbia acconsentito ad una tregua con scambio di “prigionieri” per ostaggi è una palese sconfitta. Se a questo aggiungiamo le numerose lodi spese in favore del Qatar per la sua “opera di mediazione”, invece, di accusarlo apertamente di essere parte sostanziale delle cause che hanno portato all’eccidio del 7 ottobre e quindi di agire di conseguenza nei suoi confronti, ci fa capire come la dirigenza politico/militare sia ancora “immersa nella bolla cognitiva” che ha preceduto la guerra in corso. Se a questo aggiungiamo che la medesima dirigenza è stata di fatto “commissariata” dal duo Blinken/Biden che partecipa con continuità ai gabinetti di guerra dell’esecutivo e di fatto ha l’ultima parola sui mezzi bellici da utilizzare, sulla la durata del conflitto (sono gli americani che decidono quanto dovrà durare la guerra - alcune settimane come a affermato Blinken - a prescindere ai risultati ottenuti) e sugli obiettivi della guerra stessa oltre che sul dopo guerra. Questo ci fa capire che Israele non potrà vincere questa guerra perché la vittoria di Israele non coincide con gli interessi americani. Qualcuno si può immaginare che gli Stati Uniti avessero ammesso uno dei suoi alleati, dopo l’11 settembre, nel suo gabinetto di guerra per decidere quali strategie di guerra adottare contro il terrorismo per vincerlo? Questo stato di vassallaggio di Israele, ormai manifesto, non permetterà di vincere la guerra e questo renderà Israele molto più debole agli occhi di tutto il mondo islamico. In conclusione questa classe dirigente deve essere sostituita, come lo fu quella del governo Chamberlain che condusse la Gran Bretagna al disastroso approccio di appeasement nei confronti della Germania nazista. Ora lo Stato di Israele ha bisogno di figure forti e adeguate per condurre una guerra per la propria sopravvivenza come lo fu per la Gran Bretagna nel 1940. L’unica speranza di vittoria (e di sopravvivenza) per Israele è trovare politici e militari pienamente consci che con Hamas, come con Hezbollah e l’Iran, non si può trattare ma bisogna vincere a prescindere dalla volontà dell’alleato americano.
David Elber