Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Igor Man meglio di Agatha Cristie scopre la lobby che condiziona George W. Bush
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Data: 05/03/2003
Pagina: 1
Autore: Angelo Pezzana
Titolo: Il lupo perde il pelo ma non il vizio
Il lupo perde il pelo ma non il vizio.
Il vecchio detto popolare ci aiuta a capire come Igor Man da diversi mesi intinga meno la penna nell'inchiostro antipatico nei confronti di Israele.
Racconteremo prossimamente il perchè di questo suo nuovo atteggiamento, che non significa mutamento di opinione ma bensì tattica processuale. In attesa di questo racconto annunciato notiamo come Igor Man, senza pelo ma con il medesimo vizio, si sia scoperto nell'articolo che segue e che pubblichiamo integralmente uscito su La Stampa in prima pagina mercoledì 5 marzo 2003.
Sotto il titolo "La spada e il digiuno" Igor Man infarcisce la sua torta pacifista con i soliti ingredienti. Un po' di antiamericanismo con la presa in giro di Bush e un richiamo a Isaia per commentare il viaggio del cardinale Laghi in missione vaticana presso la Casa Bianca per convincere Bush a fare il buon cristiano e lasciar perdere i venti di guerra.
Citando Isaia "é scritto che affinchè l'uomo si salvi le spade dovranno tramutarsi in vomeri" Igor Man scrive: "E' scontato che il cardinale Laghi si sia ben guardato dal ricordare codesti versetti a quegli attenti lettori dell'Antico Testamento che sono i collaboratori più stretti di Bush".
Suvvia, Igor Man, abbia il coraggio di scrivere "ebrei", perchè chiamarli "attenti lettori dell'Antico Testamento" ? Anche un bambino capirebbe chi sono gli "attenti lettori dell'Antico Testamento".
Suvvia, Igor Man, li chiami tranquillamente "ebrei, e poi mi spieghi come fa a sapere che sono proprio loro i collaboratopri più stretti di Bush?
Li ha contati? Li conosce? Li ha riconosciuti dal conognome? Le sembra che appartengano a una lobby misteriosa che magari complotta per dominare il mondo?Guardi, Igor Man, che questa storia l'hanno già raccontata nei Protocolli dei Savi di Sion. Ma almeno in quel libercolo non andavano per giri di frase. Nell'inventarsi inverosimili complotti scrivevano la parola "ebreo". Che lei si è tenuto nella penna.

L’INCONTRO fra il Cardinale Pio Laghi, messo speciale del Papa, sovrano d’un immenso regno internazionalteocratico senza confini né armi, e George W. Bush, presidente del poderoso Nuovo Impero Democratico: ovvero, il sogno e la realtà. L’eccezionalità del fatto non risiede nel fatto stesso, bensì nel suo ribaltamento. A sognare, infatti, è il Wasp che più volte nel giorno consulta la Bibbia, lui il pragmatico texano detto dabliù dagli intimi.

Rovesciare Saddam il dittatore infame; insediare a Baghdad un regime legale e credibile che sia d’esempio in tutto il Vicino Levante; democratizzare il Medio Oriente; eliminare il terrorismo; sconfiggere la recessione. Ecco il sogno del Presidente Bush. Affascinante, lodevole sogno. Al quale si oppone la realtà. E cioè: per tentare di realizzare codesto idilliaco sogno-scenario gli Stati Uniti d’America han deciso di ricorrere a un terribile strumento di morte: la guerra. A scatola chiusa: perché quando la guerra scoppia non basta seguire le istruzioni stampate nel «bugiardino». Una volta sparato il primo colpo, non valgono più.

Ecco, in sintesi estrema il senso del digiuno di oggi, mercoledì delle ceneri: il Papa romano, lui l’uomo caldo venuto dal freddo, ricorda alle sue innumerevoli divisioni di volontari arruolatisi nell’esercito della Pace così, per fede o per istinto di sopravvivenza, chissà, egli, il vicario di Gesù in Terra, rammenta agli uomini di buona (e/o cattiva) volontà il primato della Pace. E’ scritto che affinché l’uomo si salvi, le spade dovranno tramutarsi in vomeri (Isaia, 2-4).

E’ scontato che il Cardinale Laghi si sia ben guardato dal ricordare codesti versetti a quegli attenti lettori dell’Antico Testamento che sono i collaboratori più stretti di Bush. Così com’è scontato il nulla di fatto dopo l’incontro tra due vecchi amici, Pio e Dabliù.

Non era scontata, però, tanta adesione universale al digiuno che apre la Quaresima. Verrà la guerra, ahimè, e moriranno in tanti, buoni e cattivi, ma l’ostinazione di Wojtyla non va confusa con la mera illusione: il digiuno fa del Papa una sintesi fra Abramo e Giacobbe, e la sua voce antica è quella dei Profeti che vedono, oggi, quello che accadrà domani, perché sanno quel ch’è veramente stato, ieri. Tuttavia.

Tuttavia è relativamente facile per chi ha il conforto della fede «operare per pacificare», ripudiando esibizionismi demagogicamente infantili. Ma chi non crede nella forza della preghiera? Ai non credenti, cui il Papa tende le mani che già furono forti, mani d’operaio, ai laici laicisti che pure digiuneranno «perché dagli atti formali scaturiscono i simboli», converrà, in quest’ora grave, soffermarsi sulla preghiera laica di Voltaire. «Dio di tutti gli esseri: tu non ci hai dato un cuore per odiarci l’un l’altro, né delle mani per sgozzarci (...) Possano gli uomini ricordarsi che sono fratelli».