Cristallo rosso: la discriminazione è contro Israele
ma non lo si scrive
Testata:
Data: 06/12/2005
Pagina: 2
Autore: la redazione - Carlo Baroni
Titolo: Emblema quadrato, cambia la Croce Rossa - Più potente di ogni passaporto
A pag. 2 di Leggo di martedì 6 dicembre 2005 la redazione riporta un trafiletto dal titolo "Emblema quadrato, cambia la Croce Rossa".


GINEVRA - Arriva un altro simbolo in aggiunta a quello della Croce Rossa e della Mezzaluna Rossa. La Svizzera ha indetto una conferenza per approvare il "cristallo rosso", privo di connotazioni religiose, per le società nazionali di soccorso. Il quadrato potrà servire anche nelle zone dove l'uso degli altri simboli non garantisse la protezione del personale umanitario.
In poche righe si raggiunge il massimo del politically correct: non nominare Israele e la persecuzione razzista degli arabi nei suoi confronti. Il cristallo rosso non va a sostituire tutti i simboli, ma solo la Stella Ebraica Rossa (MDA) e l'unico personale umanitario a rischio sarebbe quello israeliano (e forse anche quello cristiano) in territori arabi, non certo il contrario. Non era necessario allungare l'articolo; bastava spiegare come realmente stanno le cose con lo stesso numero di parole impiegato per nasconderle.
Al tema del cambio di simbolo deciso dalla Croce Rossa è dedicato anche l'editoriale di Carlo Baroni "Più potente di ogni passaporto", pubblicato in primapagina da AVVENIRE.

Nessun cenno alla Stella di Davide Rossa e all'incredibile vicenda di discriminazione contro Israele e l'ebraismo da parte del mondo arabo islamico che ha portato all'attuale soluzione di compromesso.
A leggere l'editoriale di Baroni sembra che tutto si risolva in un caso di miopia burocratica ai danni dei simboli cristiani.
Decisamente il modo un modo sbagliato di affrontare la questione.

Ecco il testo:
Non hanno trovato forse neanche il coraggio di dire la verità. Di spiegare davvero perché non vogliono più la croce che da quasi centocinquant'anni campeggia su mezzi e divise, diventando un salvacondotto più efficace di qualunque potente passaporto. La motivazione ufficiale sa un tantino d'ipocrisia: il nuovo simbolo, dicono «permetterà al movimento di avvicinarsi al traguardo dell'universalità e rafforzerà la protezione delle vittime della guerra nel contesto politico attuale». Il nuovo simbolo è un cristallo, quello «vecchio» è la croce rossa.
In questi giorni, a Ginevra, i rappresentanti di 192 Paesi stanno decidendo di cancellarla. Una scelta strategica, vorrebbero far credere, quando invece appare un ossequio al politicamente corretto. Finirà in un angolino dentro il grande cristallo rosso insieme alla mezzaluna per fare posto alla stella di David. È la par condicio delle tre religioni monoteiste, come lamentarsi? No, nessuno si lamenta, figurarsi. Come se la sofferenza fosse un condominio che si può dividere in millesimi. Un po' di cristianesimo, un pizzico di islam e il resto agli ebrei, tutto dentro un disegno romboidale.
Il simbolo, spiegano a Ginevra, deve essere neutrale come la bandiera svizzera coi colori invertiti, che divenne l'emblema della Croce Rossa alla metà dell'Ottocento, in onore del fondatore, l'elvetico Henry Dunant. Ma se lamentarsi sarebbe un eccesso, l'ipocrisia non è un dovere sociale. Fosse anche il volenteroso sforzo di nascondersi dietro un dito. Chi fino ad oggi guardava il simbolo dell'organizzazione umanitaria non pensava al governo di Berna. Quella croce induceva ad altro e di più.
E chi sta prendendo la decisione di cancellarla lo sa benissimo. Sbaglieremmo forse noi italiani a vedere in questa vicenda un'automatica trasposizione di tante polemiche nostrane, che in varie stagioni si sono succedute sul diritto all'esposizione pubblica del crocifisso. D'accordo, non facciamolo questo errore. Non ci si venga a raccontare però che un ferito, un uomo che sta male, resta turbato se a prestargli i primi soccorsi sono le divise di sempre, da sempre viste in ogni calamità di qualsiasi parte del mondo. Quanto ci vorrà ora perché tutti gli abitanti della terra imparino il valore dei nuovi simboli? E quale credenziale presenteranno gli operatori più espressiva della croce rossa? Rinunciare oggi, dopo un secolo e mezzo, alla croce in nome del rispetto delle altre religioni più che un traguardo condiviso sa tanto di armistizio al ribasso. Un passo indietro per tutti. Spegnere un simbolo senza che ne nasca un altro. Anche la scelta del cristallo fa intuire che cosa (non) c'è dietro. Il cristallo ha tante facce e la sua trasparenza è ingannevole. Il cristallo non sa di niente, non trasmette calore, né emozioni. Non è neutrale, al massimo è neutro. Sta lì senza prendere posizione, attento a non urtare nessuno. La croce dà "fastidio"? Per la verità, da molto prima di finire sulla fiancata di un'ambulanza. Cancellarla però non dà sollievo ad alcuno, e forse priva molti, molti di più di quanti siano i cristiani, di un segno forte capace di dare senso alla sofferenza. Un segno già universale, che nella sua universalità parla al cuore di ciascuno. È in se stesso un messaggio di fraternità senza barriere, senza lottizzazioni pelose, senza ghettizzazioni incombenti. Se nell'epoca della globalizzazione impoveriamo i segni già universali, che speranza abbiamo di umanizzare il tanto che ancora resta disumano?
Ma i signori che stanno a Ginevra hanno provato a ragionare mettendosi nei panni veri dei bisognosi e degl i afflitti?

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