Se il premier palestinese non è abbastanza antisraeliano il quotidiano comunista ci mette del suo
una livorosa intervista di Michelangelo Cocco ad Abu Mazen
Testata: Il Manifesto
Data: 04/12/2005
Pagina: 2
Autore: Michelangelo Cocco
Titolo: "Niente elezioni senza votolibero a Gerusalemme
IL MANIFESTO di domenica 4 dicembre 2005 pubblica a pagina 2 un'intervista di Michelangelo Cocco ad Abu Mazen.
Alle molte ambiguità ( per esempio definisce Hamas una "organizzazione politica ") del premier palestinese si assommano le domande volte più che altro a sottolineare i motivi di contrasto con Israele e a dipingere quest'ultimo come un abituale violatore degli accordi di pace.
Cocco giunge persino a sostenere che i gruppi terroristici fondamentalisti, responsabili in questi mesi di lanci di razzi qassam e tiri di mortaio contro centri abitati, attentati suicidi riusciti e sventati, tentativi di infiltrazione negli insediamenti e anche di un rapimento conclusosi con un brutale omicidio, avrebbero sostanzialmente rispettato la "tregua" con Israele, colpevole, invece di unilateralismo.

E' evidente dall'intervista di Cocco anche un'implicita critica alla linea politica di Abu Mazen, ritenuta inefficace e troppo "conciliante" (come se al scelta di Arafat di ricorrere alla violenza avesse portato qualche vantaggio al pololo palestinese)
Addirittura il giornalista suggerisce al leader palestinese l'impraticabilità della soluzione "due stati per due popoli".
Meglio, attraverso la violenza e la demografia, distruggere Israele, secondo il quotidiano comunista.

Ecco il testo:

L'annuncio è arrivato a margine della visita dal papa, nel momento in cui poteva avere la massima risonanza internazionale. «Se non potremo organizzare elezioni democratiche a Gerusalemme, sarà difficile farlo nelle altre aree. Israele sarebbe responsabile del blocco del processo democratico in Palestina», ha dichiarato il presidente dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) Abu Mazen, al termine del suo viaggio di due giorni in Italia. «I palestinesi di Gerusalemme devono avere la libertà di votare a Gerusalemme » ha proseguito il successore di Yasser Arafat, che ha accettato di rispondere alle domande del manifesto.

Presidente Abu Mazen cosa vuol dire il suo annuncio: è solo una pressione
su Israele o intende sospendere il voto?
L’accordo di Oslo prevede il diritto dei Palestinesi di Cisgiordania e Gaza - compresa Gerusalemme - di partecipare liberamente alle elezioni legislative. Nelle precedenti votazioni, anche grazie alla pressione internazionale, sono stati vinti i tentativi israeliani di escludere gli abitanti di Gerusalemme. Anche nelle prossime elezioni che si svolgeranno il 25 gennaio non accetteremo
elezioni parziali sul piano geografico, così come rifiuteremo le pressioni esercitate per escludere organizzazioni politiche comeHamas o altre.
Immaginiamo che Hamas ottenga più voti del suo Fatah. È pronto a nominare
come premier un rappresentante degli islamisti? Sono sereno e tranquillo rispetto al futuro, perché conosco il profondo desiderio del mio popolo nella pace e se dovesse vincere Hamas è giusto che governi. Le tendenze fondamentaliste si possono contenere solo attraverso il massimo esercizio della democrazia. Contemporaneamente il governo palestinese rivendica tutti i suoi diritti emanati dalla costituzione, compreso il monopolio nell’uso della forza, la garanzia dell’ordine pubblico e il rispetto degli impegni assunti in sede internazionale e degli accordi bilaterali.

I gruppi armati palestinesi stanno rispettando la tregua proclamata quasi un
anno fa al Cairo. Il governo israeliano prosegue con iniziative unilaterali, come a voler dimostrare che non ha nell’Anp un interlocutore per fare la pace. Come rompere quest’isolamento?
La tregua è stata il risultato di costanti sforzi da parte dell’Anp e della mediazione di alcuni governi amici come quello egiziano. La politica di Sharon
al contrario ci ha reso le cose più dolorose e difficili. Ma escluderei categoricamente che la nostra posizione sia isolata sul piano internazionale. La maggior parte dei governi continua a esprimere solidarietà verso la sofferenza dei palestinesi e riconosce la giustezza delle nostre rivendicazioni politiche e le questioni concrete che abbiamo sollevato, come la fine dell’occupazione israeliana dei Territori palestinesi, della costruzione del muro, della colonizzazione ebraica, della repressione continua. Sostengono anche il nostro diritto di costruire uno stato sovrano sui Territori occupati nella guerra del ‘67, con Gerusalemme est capitale. Non siamo isolati, dobbiamo solo trovare i giusti meccanismi per mettere a frutto quest’unanimità di intenti. Gli incidenti durante le primarie di

Fatah evidenziano una lotta di potere nel partito che lei ha fondato assieme a Yasser Arafat. Cosa sta accadendo?
Le primarie sono un’esperienza politica completamente nuova per la nostra regione e sono state accompagnate da alcune manifestazioni degenerative che hanno caratterizzato gli ultimi anni, a causa dello stallo nel processo di pace, della continuazione dell’occupazione nella nuova intifada. Quindi le
elezioni primarie hanno un valore indicativo: dare maggiore spazio alla nuova generazione e alle donne per rinnovare le nostre istituzioni.

Le carceri israeliane sono sempre più piene di prigionieri palestinesi, alcune colonie ebraiche in Cisgiordania crescono a un ritmo rapidissimo, il muro avanza verso sud. Ma dopo la pronuncia della Corte internazionale di giustizia, l Comunità internazionale sembra assistere in silenzio. Qual è l’iniziativa diplomatica dell'Anp?
Intendo chiedere al governo Israeliano la liberazione di un numero significativo
dei 10.000 prigionieri che giacciono nelle carceri. Più della metà di questi sono trattenuti in detenzione amministrativa, senza processi né capo d’accusa.
Chiederemo di fermare l’allargamento in atto delle colonie e la prosecuzione
del muro, che prima o poi dovr à essere abbattuto. L’esperienza del successo delle trattative sul valico di confine di Rafah, dove c’è stato un pieno coinvolgimento dell’Europa, di Stati uniti e delle Nazioni unite, rappresenta
la strada da seguire.

Con la situazione che si è creata sul terreno crede che la soluzione dei due stati sia ancora la strategia giusta?
Sì, non vedo alternative che permettano ai due popoli di vivere in pace e di
disinnescare il conflitto se non la proposta di due Stati per due popoli. Solo
in condizione di pace i nostri popoli saranno più liberi di trovare soluzioni
più creative. La legalità internazionale e le risoluzioni delle Nazioni unite dovrebbero facilitare il dialogo, indicandoci la strada per una rapida soluzione
del conflitto. Una volta compiuto questo passo ognuno sarà libero di scegliere altre e diverse forme di cooperazione e coesistenza diversamente da come è stato nel passato, quando l’affermazione dei diritti di una parte hanno rappresentato l'assoluta negazione dei diritti dell’altra.

Per metà legislatura il governo Berlusconi s’è accreditato come miglior amico d’Israele, ora sembra più equilibrato. Cosa s’aspetta da un eventuale esecutivo di centro-sinistra a Roma?
Nella mia visita ho incontrato i massimi rappresentanti del governo e dell
’opposizione. Sulla base di questi colloqui posso ritenere che le relazioni bilaterali siano positive rispetto ai nodi specifici e concreti per il rilancio del processo di pace. La questione palestinese è e rimarrà nel prossimo futuro la questione centrale del rispetto del diritto e delle sfide epocali e di giustizia. Nessun governo democratico può esimersi da sentire e fare propria questa battaglia culturale, umana e sociale per l’affermazione del diritto internazionale.
La dichiarata amicizia del govern italiano con il governo Sharon non ci
disturba, ognuno ha la propria sensibilità di fronte agli atti e alla storia ed è libero di essere in sintonia con chi ritiene più affine. Forse proprio in virtù dell’amicizia dispone di qualche strumento in più per consigliarlo di agire nella più giusta direzione. Abbiamo avuto l’onore di conoscere il presidente Prodi nella scorsa legislatura e come presidente della Commissione Ue, apprezzando il suo spirito d'amicizia per i popoli palestinese e israeliano e il suo costante impegno per la pace.
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