Quando l'islam è al potere
persecuzioni contro gli omosessuali negli Emirati Arabi
Testata: La Stampa
Data: 01/12/2005
Pagina: 1
Autore: Carla Reschia
Titolo: mailto:lettere@lastampa.it
LA STAMPA di giovedì 1 dicembre 2005 pubblica a pagina 10 un articolo di Carla Reschia su un caso di persecuzione antiomosessuale negli Emirati Arabi Uniti.
Utile per capire che cos'è una società completamente dominata dalla religione islamica. E anche per capire come la storia abbia determinato profonde differenze tra i vari monoteismi. E' proprio vero che sul piano del rispetto dei diritti umani sono tutte uguali, come abitualmente leggiamo, "le tre religioni monoteiste" ?

Ecco l'articolo:

Su www.gaymiddleeast.com la vicenda è seguita ora per ora. Tra le foto di un giovane omosessuale frustato a sangue in Iran e la notizia dell’irruzione della polizia saudita a un concorso di bellezza clandestino per gay, il destino dei 26 arrestati ad Abu Dhabi tiene con il fiato sospeso la comunità virtuale.
La loro colpa è aver organizzato in un cottage di Ghantout, una località vicino alla capitale dell’emirato, una «festa di matrimonio» dove tutti gli invitati erano uomini, anche se la metà di loro indossava tradizionali vesti femminili e, sotto il velo, era graziosamente agghindata e truccata. Abu Dhabi è ancora assai lontana dal dibattito sui Pacs: le autorità sono furibonde e la punizione esemplare dello scandalo potrebbe aggiungere alle misure prescritte dalla sharia, il codice legislativo coranico - ovvero carcere fino a cinque anni e una fustigazione purificatrice - anche ritrovati più innovativi come la massiccia somministrazione di una terapia a base di ormoni maschili.
Il festino, infatti, è diventato una vergogna nazionale e un caso diplomatico internazionale. Nel minuscolo e ricco emirato del Golfo l'omosessualità è reato, come nella maggior parte dei Paesi musulmani. A volte capita che si chiuda un occhio, soprattutto se si tratta di personaggi vicini al governo e al potere, ma stavolta a complicare le cose c’è la ricca documentazione fotografica dell’evento, diffusa da un poliziotto che ha partecipato al blitz.
Un agguato che era stato preparato con cura da mesi, con l’aiuto di infiltrati, spie e doppiogiochisti e che ha permesso agli uomini del Cid, il Criminal investigation directorate, di fare un’irruzione in grande stile nel pieno della festa.
Ma, smentendo la precipitosa dichiarazione ufficiale - «È la prima volta che capita una cosa del genere» - i partecipanti hanno confessato, non si sa quanto spontaneamente, di avere già organizzato intrattenimenti simili, in hotel e ville compiacenti dell’emirato. Tanto è bastato per far scattare, a carico delle «signorine» della compagnia, accuse di adulterio e prostituzione. E ancora, l’opinione pubblica è stata spiacevolmente colpita dall’internazionalità del meeting che sembra fare della capitale del deserto il centro di un turismo poco gradito agli imam: insieme ai locali sono stati sorpresi gai cittadini arrivati per l’occasione da altri Paesi arabi, immigrati asiatici e persino un deejay indiano.
«Questo genere di comportamento è immorale nel nostro Paese e dobbiamo correre ai ripari, saranno somministrati ormoni, probabilmente testosterone», ha dichiarato, a caldo, il capo della polizia, minacciando punizioni adeguate anche per l'agente che ha fatto circolare le foto. Ma l’ipotesi del trattamento chimico ha mobilitato il residuo garantismo statunitense e nella vicenda è intervenuto il portavoce del Dipartimento di stato Usa, Sean McCormack, per chiedere formalmente alle autorità dell'emirato di «bloccare immediatamente qualsiasi terapia ormonale possa essere stata predisposta e di rispettare gli standard delle leggi internazionali».
Verbosa, ma tardiva la smentita del ministero dell'Interno di Abu Dhabi, che sembra piuttosto delegare e posporre la resa dei conti al momento in cui i riflettori si saranno spenti sul caso. Gli arrestati, assicura, «non sono stati sottoposti a trattamenti ormonali nè sono loro state somministrare altre medicine. Si tratta di notizie del tutto imprecise. Certe dichiarazioni sono premature e solo i tribunali hanno il diritto costituzionale di emettere sentenze».
A noi sembra, e dobbiamo farlo notare, che "il residuo garantismo statunitense" di cui scrive la Reschia sia, quanto meno, molto superiore a quello dell'Europa che sulle violazioni dei diritti umani nel mondo islamico come su altre vicende (ad esempio la mancanza di libertà religiosa in Cina) a differenza di Washington non pronuncia udibili condanne .

Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare il proprio parere alla direzione della Stampa . Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.

lettere@lastampa.it