David Irving merita l'arresto ?
due tesi a confronto
Testata: Libero
Data: 20/11/2005
Pagina: 15
Autore: Angelo Pezzana - Fausto Carioti
Titolo: E'giusto arrestare chi nega l'Olocausto ? - La democrazia non si difende coi metodi usati anche dal nazismo
L'arresto in Austria di David Irving ha suscitato una quasi unanimità di condanna per il suo fermo. Scriviamo "quasi" solo per il fatto che l'unico articolo che plaude all'arresto è quello di Angelo Pezzana uscito oggi su LIBERO, pubblicato accanto a quello di Fausto Carioti che invece esprime parere opposto. Li proponiamo entrambi, così i lettori di Informazione Corretta potranno confrontarli e inviare a LIBERO la loro opinione.

Ecco il pezzo di Pezzana:

Arrestato in Austria lo storico inglese David Irving. L’altro giorno la notizia ha occupato pagine intere dei giornali, poi è scomparsa, dopo ventiquattr’ore interesse zero. A me invece interessa ancora, anche se l’affronto con il senso di profondo disgusto che le tesi di Irving mi hanno sempre procurato. "Le camere a gas non sono mai esistite, il cianuro serviva per la disinfestazione dai pidocchi, gli ebrei uccisi sono stati centomila e non sei milioni, Hitler era all’oscuro di tutto", sono queste le tesi di Irving, patrimonio di ogni antisemita e negazionista della Shoah. Quello che mi ha colpito leggendo i commenti che hanno fatto da corollario alla cronaca, è stata l’unanimità nel condannare l’arresto. Non mi mettono in carcere le idee., ad un libro si risponde con un libro, contro di lui idee non manette, non uno, dico non uno che abbia avanzato la benché minima ipotesi sulla giustezza del fermo, conforme peraltro con la legge che in Austria e in Germania condanna chi propaga antisemitismo e nega la Shoah. Sul piano formale non avrei alcun dubbio a sottoscrivere anch’io. La libertà di pensiero, e quindi di parola, sono i pilastri sui quali si fonda una società libera e democratica. Ma c’è un ma. David Irving è stato presentato come uno storico. Ma non è vero, non è uno storico ma un propagandista. Non basta scrivere dei libri per meritarsi la qualifica. Infatti un tribunale londinese lo ha condannato nel 2000 dopo aver analizzato meticolosamente tutti i suoi testi, stabilendo che erano "frutto di disonestà intellettuale", dopo che Irving aveva querelato la storica americana Deborah Lipstadt che lo aveva definito "antisemita,negazionista,dice menzogne, falsifica". Lipstadt vinse contro Irving, che perse definitivamente la qualifica di storico, semmai l’aveva avuta. Eppure non è bastato. Tra i tanti "colleghi" intervistati, Franco Cardini sulla Stampa ha dichiarato che Irving è "un ricercatore serio con aspetti sconcertanti, il suo libro su Hitler non è male". . E’ vero che la storia non si fa con i se, ma quando Adolf Hitler pubblicò il suo "Mein Kampf" alla fine degli anni ’20, nel quale esponeva con meticolosa precisione il suo programma politico, e la volontà di realizzarlo se fosse andato al potere, se l’avessero tenuto in gattabuia invece di rilasciarlo, forse nel 1933 non si sarebbe impadronito (legalmente !) del potere e la storia europea avrebbe avuto un destino diverso. Irving non sarà un nuovo Hitler, ma di deboli menti pronte ad abbeverarsi alle sue falsificazioni storiche è pieno il mondo. Non occorre qui richiamarsi al diffondersi nuovamente di pericolosi segnali di antisemitismo, da quello di estrema destra, alimentato appunto dai vari "storici" negazionisti (oltre a Irving, i vari Faurisson,Garaudy e la galassia minore, anche italiana, non meno terrificante che si esprime sui siti internet) all’odio nato dall’antisionismo islamico. L’ebreo non viene più perseguitato solo in quanto tale, ma in quanto appartenente al popolo che ha ricostruito lo Stato d’Israele. Se non è zuppa è pan bagnato, come vien da pensare quando si leggono sottili disquisizioni sulle differenza fra antigiudaismo e antisemitismo, come se in qualche modo fosse lecito trovare fra le due interpretazioni una qualche giustificazione.

Fuori Irving dalla prigione, invoca quell’Italia garantista e liberale nella quale pure io mi identifico. Non questa volta,però. Non è vero che un libro è sempre e soltanto un libro. Al Mein Kampf, sotto qualunque altro autore o titolo si ripresenti, non gli si deve concedere alcuna liceità. Non è vero che in democrazia tutto è permesso, bisogna impedire a chi vuole sovvertirne i valori di realizzare il suo obiettivo. La lotta al terrorismo insegna, non ci si può limitare a difendersi, occorre attaccare in anticipo chi si propone di distruggerci. Antisemiti e negazionisti sono i nemici, purtroppo non gli unici, della società democratica. Impediamogli di nuocere.
E quello di Carioti:
T ra i pochi vantaggi che offre oggi l'essere sionista e filosemita ed avere partecipato con orgoglio ( a puro titolo di esempio) alla manifestazione pro- Israele del 3 novembre, c'è il potersi prendere la libertà di dire che ragionamenti come quello qui espresso da Angelo Pezzana ( di solito uno dei miei commentatori preferiti, per quello che vale) puzzano tanto di fascismo inconsapevole. È una libertà che intendo prendermi tutta. Perché l'arresto di David Irving, autore di libri storici contenenti tesi negazioniste infondate e indecenti, è ridicolo e grave allo stesso tempo. Ridicolo per la sprovvedutezza di chi l'ha deciso, grave per le conseguenze che può avere su tutti noi - tranne ovviamente che su Irving, il quale con l'arresto si è garantito la tiratura dei suoi prossimi libri. Quello che gli austriaci hanno mostrato al mondo è che le parole di uno come Irving, per quanto screditate mille volte, fanno ancora paura, e che la società austriaca, a sessant'anni dalla fine del nazismo, si crede priva degli anticorpi necessari a sconfiggere simili malattie. Il segnale di debolezza dinanzi ai possibili rigurgiti neonazisti non avrebbe potuto essere più chiaro. Riuscendo, in più, a rendere Irving un martire del libero pensiero e costringendo tante persone, come chi scrive, a mettersi la molletta al naso per difenderlo. Non è una partita privata tra i negazionisti e gli ebrei. Chi vuole in carcere Irving invoca l'apertura di un abisso nel quale può entrare di tutto. Se prigione deve essere per chi nega l'Olocausto, non si vede perché debba essere fatta eccezione per chi nega il genocidio degli armeni. E di chi, a destra come a sinistra, è convinto che gli attentati dell' 11 settembre siano stati un complotto ordito dagli ebrei e dalla Cia, che facciamo? In prigione pure loro? E i milioni di trinariciuti che ancora negano l'essenza criminale del comunismo? Non sono anche costoro « nemici della società democratica » ? Il tribunale delle tesi storiche che viene invocato per Irving è un giudizio delle idee, in tutto e per tutto simile a quelli già visti in ogni dittatura. Fragile come un foglio di carta velina, poi, la spiegazione di Pezzana per cui Irving non è uno storico, ma un propagandista, quindi può essere messo in carcere. Si tratta del primo caso di un libertario che invoca il tesserino di un ordine come attestato di credibilità. Leggendo i libri di certi storici, anche italiani, l'unica certezza che se ne ricava, piuttosto, è che l'appartenenza alla baronìa non risparmia né dalla volontà di stravolgere la storia per fini propagandistici, né dallo scrivere solenni cavolate. Ha ragione, Pezzana, quando dice che « occorre attaccare in anticipo chi si propone di distruggerci » . Ma è lo stesso principio che spinse Erode ad ordinare l'eccidio dei neonati. Va quindi regolato in maniera severissima, perché è qui che corre il confine con la giungla. Irving, a differenza del presidente iraniano Mahmoud Ahmadinejad e degli sgherri di Al Qaeda, non può distruggere nessuno. Non sta creando un arsenale nucleare, non va in giro imbottito d'esplosivo. La sua sola arma sono i libri. Saranno pure un'arma efficace nei confronti di quelle « menti deboli » di cui, come scrive Pezzana, « è pieno il mondo » . Ma contengono tesi già confutate dai migliori storici e da una mole sterminata di documenti. È ridicolizzando, dati alla mano, queste tesi che si vince la battaglia con quelli come Irving. Triste paradosso se per combattere un filo- nazista si ricorre ai suoi stessi metodi: lui finisce in carcere, ma la partita l'ha vinta lui. E noi nemmeno ce ne siamo accorti.
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