L'arrivo di Amir Peretz sconvolge la politica israeliana
elezioni anticipate, come e con chi
Testata:
Data: 19/11/2005
Pagina: 15
Autore: Angelo Pezzana-Aldo Baquis
Titolo: Sharon,Peretz, elezioni anticipate, previsioni
Su LIBERO e LA STAMPA, due analisi della situazione israeliana dopo la candidatura di Amir Peretz alla guida dei laburisti. Angelo Pezzana su LIBERO,"Il Peppone d'Israele spinge Peres a fare un partito con Sharon", e Aldo Baquis sulla STAMPA "La tentazione della scissione, Sharon alle urne senza Likud".

Ecco l'articolo di Angelo Pezzana su LIBERO:

Alle primarie del partito laburista ha battuto Shimon Peres che tutti i sondaggi davano per vincente. Amir Peretz, un cognome quasi uguale al suo, non era sicuro di vincere, e proprio per questo ce l’ha fatta. Dopo una vita passata alla guida del sindacato (Histadrut), è riuscito ad arrivare alla guida del partito e da domani sarà lui a decidere la politica dei laburisti. Per essere un leader è ancora giovane, ha 53 anni, mentre Peres viaggia per gli 80 e passa. .Fuori da Israele non lo conosce nessuno,ma in Israele sì, le sue battaglie contro l’economia liberale, per il mantenimento del controllo dello Stato in ogni segmento possibile della vita del paese hanno riempito le pagine dei giornali e i dibattiti politici. Non è proprio un Bertinotti israeliano, assomiglia di più, anche fisicamente, ad un Peppone-Gino Cervi in salsa mediorientale. E’ un sefardita, nel senso che la sua famiglia arriva dal Marocco, quando gli ebrei furono cacciati da tutti i paesi arabi dopo la proclamazione dello Stato di Israele. Da buon ebreo marocchino si è sempre tenuto lontano dalle élites ashkenazite che hanno fondato lo Stato e lo hanno governato nei primi decenni, una lontananza che è sempre stata vissuta come esclusione sia che la classe dirigente fosse di destra o di sinistra. E’la vittoria del sud d’Israele, povero e poco acculturato, contro il nord, portatore dei valori della cultura europea. Se i leader stanno a Gerusalemme o a Tel Aviv, Peretz abita a Sderot, la cittadina del sud che è stata attaccata dai missili kassam targati Hamas, della quale è stato anche per anni sindaco.

Adesso Amir Peretz ce l’ha fatta, anche se per lui non hanno votato i ministri e i deputati del suo partito, che l’hanno sempre considerato un elemento estraneo alla tradizione ashkenazita del partito.L’ha scelto la base ed è in omaggio a quei voti che Peretz ha subito lanciato la sfida a Sharon, il cui governo condiviso con Shimon Peres ha ormai i giorni contati. Le elezioni anticipate a marzo o aprile del prossimo anno sono date per scontate e verranno formalizzate lunedì prossimo.

Che sia un populista Peretz lo ha riconfermato subito. Contro la maggioranza degli israeliani che hanno giudicato positivamente l’alleanza Sharon-Peres, non ci ha pensato su due volte a mandare all’aria il governo. Di fronte all’interesse nazionale, la ripresa della Road Map, il disimpegno da Gaza e l’inizio effettivo di un auto-governo dell’Autorità palestinese fortemente voluto da Sharon e condiviso da Peres, ha scelto l’interesse di partito, il suo, ridotto a ben poca cosa dopo le innumerevoli sconfitte elettorali. Si è aggrappato all’orgoglio di partito, presentandosi come l’unico in grado di risollevarne le sorti. Per conquistare la sinistra più estrema non ha neppure esitato a rilanciare il defunto processo di pace di Oslo, lasciandosi andare ad affermazioni particolarmente critiche sull’alleanza Sharon-Bush, che finora, ha dichiarato, di risultati non ne ha portati nessuno. Insomma, una specie di salvatore della Patria. Il suo emergere è stato paragonato al terremoto del 1977, quando il Likud vinse le elezioni e mandò per la prima volta all’opposizione il partito laburista che dal 1948 aveva governato ininterrottamente. Si aprono ora tre scenari, con tre raggruppamenti all’orizzonte politico.

A sinistra, un partito laburista fortemente segnato da una visione pacifista e da una politica economica di ritorno al controllo statale guidato da Amir Peretz. A destra, se Sharon lascerà il Likud , un partito guidato da Benyamin Netanyahu dai contorni non ben definiti, caratterizzato dalla riforma economica che Bibi ha iniziato e condotto con successo, ma con un programma politico che prefigura la pace con i palestinesi ma non si capisce bene come. Al centro, qui sta la vera novità, un nuovo partito guidato da Sharon, che continuerà sotto un nuovo nome la politica svolta finora. Ci starà anche Peres ? Il suo si è giudicato indispensabile, perché una buona fetta del partito laburista potrebbe seguirlo dopo l’arrivo di Amir Peretz. Certo, Sharon potrebbe ancora rimanere nel suo Likud se riuscisse a mentenerne il controllo. E' un'ipotesi da non scartare, ma i giochi si chiariranno nelle prossime ore. Sharon non è tipo da temporeggiare. Deve solo capire qual'è la carta giusta.

Come tutte le vere democrazie, la politica israeliana è in forte movimento. Nei prossimi mesi non ci sarà da annoiarsi .
e quello di Aldo Baquis sulla STAMPA:
Mentre Israele si accinge ad andare a elezioni anticipate, il premier Ariel Sharon si interroga se presentarsi all’elettorato con un Likud lacerato - dove un terzo dei deputati detesta la sua politica di disimpegno dai palestinesi lungo le linee della road-map - oppure alla guida di una formazione centrista di volti nuovi.
L’elezione del sindacalista Amir Peretz alla leadership dei laburisti ha impresso in una sola settimana una brusca accelerazione alla politica israeliana. Fissate per il novembre 2006, le elezioni saranno probabilmente anticipate a marzo su richiesta di Peretz. Il governo di unità nazionale Likud-laburisti ha di fatto cessato di esistere e probabilmente non potrà essere riprodotto. La questione sociale, la lotta alla povertà, il recupero dei ceti inferiori sono la nuova agenda dei laburisti, con cui Peretz intende far breccia nei cuori del popolo del Likud.
Circondato solo dai figli Ghilad e Omri, dai nipoti e da pochi collaboratori, l’anziano premier si è chiuso ieri nel suo ranch dei Siconmori nel Neghev per ponderare con calma la situazione. A due mesi dal ritiro da Gaza si trova adesso di fronte alla gravosa incombenza di spaccare il Likud, il partito da lui fondato nel 1973 per mandare a picco la leadership storica del partito laburista. Una scissione adesso potrebbe significare - ironia del destino - il loro ritorno al potere, dopo anni in cui erano rimasti subalterni rispetto al Likud.
Questa settimana Sharon ha avuto modo di vedere da vicino la lista parlamentare del suo partito: 40 deputati di cui un terzo gli vota sistematicamente contro, anche sulle questioni più innocue. Sharon è deciso a portare avanti la politica di disimpegno dai territori, comprende che altri ritiri saranno necessari in Cisgiordania per rafforzare il presidente Abu Mazen. Ma dopo le elezioni, il premier rischia di essere nuovamente immobilizzato dai frondisti (capeggiati da Benyamin Netanyahu) e forse costretto suo malgrado a una coalizione con le liste di destra.
Ieri Sharon è tornato col pensiero alla guerra del Kippur, nel 1973, quando approntò sul canale di Suez ponti galleggianti per i suoi mezzi blindati lanciati verso il Cairo. «Adesso il ponte sono io», ha detto amaramente ai consiglieri. La sua indiscussa popolarietà dovrebbe garantire al Likud 40 seggi su 120. Il giorno dopo il voto questi deputati gli passeranno sulla schiena.
L’uscita dal Likud è una tentazione forte, ma con incognite più gravi ancora. La nuova lista necessiterebbe di un apparato, oggi inesistente. Ci vogliono fondi, ma questo argomento è traumatico nella fattoria dei Sicomori nella settimana in cui Omri Sharon, il figlio del premier, è stato trovato colpevole dal Tribunale di Tel Aviv di aver raccolto fraudolentemente un milione e mezzo di dollari per la campagna del padre nel 1999. Rischia, almeno in teoria, fino a 5 anni di carcere.
Lunedì Sharon tornerà dalla lista parlamentare del Likud per esigere un impegno irrevocabile: se vince le elezioni, tutti i deputati dovranno sosterrebbero la sua linea politica. Sono settimane critiche per la politica israeliana, in cui si stabilirà se i patriarchi Sharon e Peres saranno costretti a cedere il passo a cinquantenni sefarditi, ambiziosi e capaci, come Peretz, Shalom e il rabbino Arye Deri del partito sefardita Shas, che sembra adesso in procinto di tornare alla politica attiva.
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