Chi mantiene gli impegni e chi no
L'Ambasciatore Ehud Gol su terrorismo, Hamas, Abu Mazen, Gaza....
Testata: La Repubblica
Data: 27/06/2005
Pagina: 22
Autore: Ehud Gol
Titolo: Si al dialogo, ma Abu Mazen faccia di più contro il terrorismo
Ehud Gol, ambasciatore d'Israele a Roma, ha inviato al direttore di REPUBBLICA un commento che esce nell'edizione di oggi 27.06.2005 che pubblichiamo:
Caro Direttore, la scorsa settimana, a Gerusalemme, Ariel Sharon e il Presidente dell´Anp Mahmud Abbas si sono incontrati nella residenza privata del Primo Ministro israeliano. A parte il loro incontro al vertice di Sharm el-Sheikh di quattro mesi fa, alla presenza di altri leader internazionali, si può affermare che questo è stato il primo incontro bilaterale tra i leader delle due parti in conflitto, dopo i lunghi anni di intifada in cui il terrorismo palestinese ha impedito qualsiasi forma di dialogo ad alto livello.
I palestinesi, come d´abitudine, hanno adottato il metodo di amplificare ed enfatizzare le aspettative prima dell´incontro, allo scopo di poterne sottolineare, dopo il suo svolgimento, i punti negativi e di creare un senso di delusione, pretendendo una contropartita. Certamente questo incontro non ha soddisfatto tutte le aspettative, ma grazie ad esso si è creata un´intesa di base sulla necessità di coordinamento, dal punto di vista della sicurezza, tra noi e i nostri interlocutori, per l´attuazione del coraggioso processo intrapreso dal Primo Ministro Sharon, per il disimpegno d´Israele dalla Striscia di Gaza e per lo sgombero di quattro insediamenti nel nord della Samaria. Anche la dirigenza dell´Anp è arrivata a comprendere che qualsiasi progresso del processo di pace nell´ambito della Road Map dipende in larga misura dalla buona riuscita del piano di disimpegno, di pari passo con l´inizio di una riforma degli organi di sicurezza e delle istituzioni politiche per la futura amministrazione della Striscia di Gaza. In quest´incontro si è raggiunto un accordo sul destino delle 1200 case che saranno evacuate dai loro residenti ebrei, e noi speriamo che l´Anp riesca a far insediare nell´area sgomberata la popolazione palestinese in condizioni abitative adeguate.
Ma il nodo centrale, che ci troviamo di fronte ancora irrisolto, è il problema del terrorismo e dell´incapacità, o mancanza di volontà, da parte dell´Anp, di fronteggiare le varie organizzazioni terroristiche e di smantellarne le infrastrutture. L´ultima settimana ha infatti dimostrato che questi gruppi continuano a sfruttare il periodo di relativa calma per riorganizzarsi e riarmarsi, al fine di tornare a compiere attentati mortali, nei quali sono stati uccisi un militare e un civile israeliani. Soltanto per miracolo si è evitato, nei giorni scorsi, un sanguinoso attentato suicida, che avrebbe dovuto compiere una giovane palestinese di Gaza, mandata con dieci chilogrammi di esplosivo sul suo corpo a farsi esplodere in un ospedale israeliano dove riceveva delle cure mediche costanti. Non voglio neanche immaginare che cosa sarebbe successo al già fragile processo di pace se la ragazza fosse riuscita a portare a termine il diabolico intento dei suoi mandanti.
Arafat è scomparso, ma i fatti e le azioni sul campo rimangono immutati, e organizzazioni assassine come Hamas e la Jihad Islamica continuano a pianificare azioni terroristiche, che vengono impedite solo ed esclusivamente grazie alla fermezza e all´attività preventiva israeliana.
A tal proposito è doveroso sottolineare l´impatto negativo delle dichiarazioni del Ministro degli Esteri dell´Anp, Nasser al-Kidwah, secondo cui l´Autorità Palestinese non ha intenzione di disarmare questi gruppi. Per noi è chiaro che tali organizzazioni terroristiche continuano a costituire una reale e seria minaccia, non soltanto per Israele e il processo di pace ma anche e soprattutto per il governo di Abu Mazen.
A ciò si aggiunge la preoccupazione particolare che desta l´atteggiamento di alcuni esponenti europei, che ritengono opportuno instaurare un dialogo con esponenti Hamas. Ma finché questi uomini sono membri di Hamas, non si deve dimenticare che essi appartengono a un´associazione terroristica che ha come bandiera l´idea di distruggere lo Stato d´Israele e di far sorgere al suo posto una teocrazia islamica, su tutto il territorio dal fiume Giordano al mar Mediterraneo. Hamas è responsabile dell´uccisione di centinaia di civili israeliani, donne, anziani e bambini, e continua a educare le giovani generazioni all´odio per Israele, per l´Occidente e i suoi valori. Un´organizzazione terroristica è e rimane tale, e non vi è posto per distinzioni tra braccio politico e braccio armato, i cui obbiettivi sono comunque identici.
Nonostante le difficoltà e i molti rischi legati a tutto ciò, Israele inizierà il processo di disimpegno programmato per la metà di agosto prossimo. Gli interessi di entrambe le parti, tanto i nostri quanto quelli dei palestinesi, saranno tutelati soltanto se il ritiro si svolgerà senza la minaccia di attacchi terroristici e senza tentativi di colpire i militari o i civili israeliani. All´indomani del disimpegno avremo compiuto un ulteriore passo avanti, in direzione della soluzione del conflitto israelo-palestinese.
Invitiamo i lettori di Informazione Corretta ad inviare la propria opinione alla direzione de La Repubblica. Cliccando sul link sottostante si aprirà una e-mail già pronta per essere compilata e spedita.
rubrica.lettere@repubblica.it