Un episodio deformato in chiave anti-israeliana
da u.d.g.
Testata:
Data: 21/01/2005
Pagina: 1
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Abu Mazen schiera 700 agenti contro i razzi anti-Israele
Sull’UNITA' di venerdì 21 gennaio 2005 Umberto de Giovannangeli parla degli ultimi sviluppi della politica di Abu Mazen nei confronti di Israele e Hamas. Dopo aver evidenziato alcuni passi del neo presidente Anp usando toni più che lusinghieri, ma non per questo necessariamente scorretti, Udg fornisce una cronaca di pura propaganda sulla morte di due adolescenti palestinesi. L’episodio un incidente dovuto alla violenza che regna nei territori viene deformato in una sorta di romanzo dickensiano in chiave antiisraeliana: l’impressione che il lettore trae, dal modo in cui Udg espone la vicenda, è che i soldati "ebrei ultra ortodossi" siano soliti sparare ai bimbi palestinesi. In secondo piano passa la dinamica: scontro tra palestinesi che lanciano pietre e soldati, il fatto che il giovane avesse in pugno una mitraglietta giocattolo ,la cui natura è da lontano peraltro difficile da individuare, e così via. Una scelta probabilmente voluta questa di udg, il cui scopo lo si individua nel tentativo di riportare in auge l’immagine della sofferenza palestinese causata dalle angherie israeliane. Di seguito l’articolo.
Settecento agenti dislocati nelle area a rischio della Striscia di Gaza, da dove partono i lanci di razzi contro insediamenti e città israeliane. Il «piano anti-Qassam» messo a punto dall'Anp di Abu Mazen comincia a prendere corpo. L'invio degli agenti è stato discusso nell'incontro che il capo della sicurezza a Gaza, Mussa Arafat, ha avuto l'altra notte al valico di Erez col comandante delle forze israeliane nella Striscia, generale Aviv Kochavi. I palestinesi, che avevano chiesto l'incontro, vogliono tra l'altro coordinare le loro mosse sul terreno con Israele per evitare che le forze di polizia che saranno inviate nelle aree «calde» vengano erroneamente colpite dalle truppe israeliane. Lo spiegamento delle forze di polizia nelle aree interessate dovrebbe completarsi entro due giorni, prevede il capo del servizio di sicurezza generale dell'Anp a Gaza, Abdel Razak Majaida. Il primo nucleo dei 700 agenti ha già preso posizione ieri, dopo che era giunta l'autorizzazione da parte del ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz.
Lo stesso Mofaz ha anche autorizzato il proseguimento dei contatti sul terreno fra ufficiali israeliani e palestinesi per facilitare il compito della polizia palestinese e prevenire incidenti tra questi e le truppe israeliane. Nei prossimi giorni è pure prevista la riapertura del valico di Rafah, tra la Striscia e l'Egitto, per permettere a migliaia di palestinesi il ritorno alle loro case a Gaza. Ma il vero punto di svolta, concordano gli analisti palestinesi, potrebbe essere sancito dal raggiungimento di una intesa tra Abu Mazen e Hamas sul cessate il fuoco. «Penso che siamo vicini ad un accordo: non posso ancora indicare una data, ma dovremmo arrivare rapidamente a dei risultati», dichiara il ministro degli Esteri palestinese Nabil Shaath. Il presidente dell'Anp, precisa Shaath, rimarrà a Gaza City «fino a quando non sarà raggiunto un accordo». Abu Mazen, e con lui Al-Fatah, il principale partito palestinese, negoziano con Hamas e la Jihad islamica non solo una tregua, ma un intero pacchetto di nuove regole che devono governare i rapporti politici fra le varie fazioni palestinesi nel dopo-Arafat. Il pacchetto comprende - secondo il quotidiano palestinese Al Ayyam - la conferma che elezioni politiche, chieste con insistenza da Hamas, si svolgeranno questa estate, regole per la gestione del potere a Gaza dopo l'annunciato ritiro israeliano, impegni sulle riforme interne dell'Anp. La tregua in discussione con i movimenti islamici prevede un impegno parallelo di Israele a cessare le incursioni e le eliminazioni mirate nei Territori.
Ma i tentativi di dialogo non fermano una sporca guerra che ha come vittime innocenti i ragazzi, siano essi israeliani o palestinesi. Salah Ikhab Abu Mohsen, 14 anni, era felice per il regalo ricevuto in occasione dell'Eid al Adha, la festa musulmana del Sacrificio: una mitraglietta giocattolo. Salah era in mezzo a un gruppetto di ragazzi palestinesi del villaggio di Tubas, vicino Jenin (Cisgiordania), quando - poco dopo mezzogiorno - è arrivato un reparto dell'esercito, informato, secondo la radio militare israeliana, della «concentrazione sospetta» di palestinesi. L'unità faceva parte della Nahal Haredi Force, formata esclusivamente da soldati ebrei ultra-ortodossi. Come spesso accade in Cisgiordania e a Gaza, alcuni ragazzi hanno cominciato a lanciare sassi contro i soldati. Uno di questi ha imbracciato il fucile e ha sparato, colpendo mortalmente il ragazzo al petto. «Era armato», si sarebbe giustificato il soldato. «Armato» di una pistola di plastica che è rimasta per terra, lì dove Salah è caduto. In serata un portavoce di Tsahal ha annunciato che sull'incidente è stata aperta una inchiesta. Poco dopo, a Rafah, nel sud della Striscia, è morto, anche lui in circostanze apparentemente assurde, un secondo ragazzo palestinese. Salah Abu El Eich passeggiava con la famiglia all'ingresso del campo profughi di Rafah. Nel primo giorno di Eid al Adha si esce, si vanno a trovare parenti e amici. Mentre stava camminando il ragazzo, 13 anni, è stato colpito mortalmente alla nuca da un proiettile sparato, secondo fonti palestinesi locali, da un soldato israeliano. Anche su questo episodio l'esercito israeliano ha riferito di aver disposto accertamenti.
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