Prove di cordinamento militare tra Israele e Anp
in vista del ritiro da Gaza
Testata:
Data: 21/01/2005
Pagina: 1
Autore: Anna Barducci
Titolo: I soldati di Gaza
A pagina 1 dell'inserto, il FOGLIO di venerdì 21 gennaio 2005 pubblica un articolo di Anna Barducci sui contatti tra forze di sicurezza palestinese ed esercito israeliano in vista di una collaborazione a Gaza.
Ecco il testo:

Gerusalemme. I colloqui al valico di Eretz tra alti ufficiali dell’esercito israeliano e delle forze dell’ordine palestinesi sono forse un primo passo per il coordinamento militare a Gaza in vista del piano di ritiro unilaterale del premier Ariel Sharon, come dimostra anche la riapertura (prevista per oggi) ai palestinesi del valico di Rafah, tra la Striscia di Gaza e l’Egitto. Israele vuole che i lanci di missili Qassam da parte dei gruppi terroristici palestinesi siano fermati e pretende che le forze di sicurezza dell’Autorità nazionale inizino a prendere seri provvedimenti a riguardo. Durante l’incontro di mercoledì sera, il comandante della divisione militare a Gaza, Aviv Kochavi, ha ricordato al capo della Sicurezza palestinese, Moussa Arafat, che se l’Anp fallirà nei suoi piani, l’esercito israeliano prenderà il controllo delle aree coinvolte nel lancio di razzi. L’insediamento di Gush Katif, la città di Sderot e altre cittadine del Negev continuano a essere sotto il fuoco dei mortai dei gruppi armati palestinesi. Il neoeletto presidente Abu Mazen ha reso noto di aver ordinato il dispiegamento di circa mille uomini delle sue forze dell’ordine
nel nord di Gaza e a Khan Yunes, per questo venerdì. "Durante l’incontro di mercoledì sera i palestinesi ci hanno mostrato piani di sicurezza per fermare i lanci di Qassam – ha detto al Foglio Raanan Gissin, consigliere del premier israeliano Sharon – ma fino a quando non vedremo risultati concreti, queste rimangono soltanto belle parole. Tutti i giorni i nostri cittadini rischiano la vita, tutti i giorni i gruppi armati sono pronti ad attaccarci. Siamo stanchi
di ascoltare discorsi e vedere progetti soltanto sulla carta. Vogliamo una presa di posizione, vogliamo la prova che l’Anp stia davvero tentando di fermare il terrorismo. Se gli attentati terroristici con uomini bomba continueranno, noi ci difenderemo, non staremo a guardare e a farci ammazzare. Se le nostre fonti d’intelligence ci dicono che qualche terrorista ha intenzione
di attaccare qualsiasi obiettivo israeliano, noi prenderemo provvedimenti. Per ora le nostre operazioni militari a Gaza non prevedono nessun incremento e vogliamo dare il tempo all’Anp di prendere seriamente in mano la situazione, come avrebbe già dovuto fare subito dopo le elezioni". Secondo Gerald Steinberg, direttore del centro Begin-Sadat per gli Studi strategici, non è realistico pensare che la situazione nei Territori cambi da un giorno all’altro. "I colloqui a Gaza possono essere visti come l’inizio di una cooperazione soltanto se le forze di sicurezza palestinesi inizieranno ad avere un rapporto onesto e trasparente con il nostro esercito – ha detto al Foglio Steinberg – Questo prevede che le loro forze dell’ordine facciano sapere all’esercito israeliano dove sono e che cosa stanno facendo per evitare qualsiasi tipo d’incidente collaterale. Non possiamo dire se il ridispiegamento di poliziotti palestinesi a Gaza funzionerà o no. Questa, infatti, è la prima volta che l’Anp prende provvedimenti contro i gruppi armati". Steinberg pensa che il problema dipenda essenzialmente dalle scelte che prenderà Hamas. Il rais Abu Mazen vuole raggiungere una tregua con i movimenti terroristici, senza però arrivare alla guerra civile. Cosa farà invece Hamas? Accetterà o sparerà contro i poliziotti? "Se il gruppo terroristico accetta un cessate il fuoco, potrebbero
essere sufficienti soltanto 200 soldati palestinesi, altrimenti il piano di Abu
Mazen è già fallito in partenza". Hamas è sotto pressione: si rende conto che la popolazione palestinese è stanca dell’Intifada armata, che vuole un miglioramento della propria condizione economica e un cambiamento politico. Il gruppo terroristico ha però il timore che, concedendo una tregua, il suo potere di ricatto nella scena politica israelo-palestinese possa diminuire. I veri capi di Hamas a Damasco non sono ancora pronti a cedere. Gli Hezbollah nel sud del Libano e l’Iran tengono sotto pressione l’organizzazione per impedire che l’Anp raggiunga un accordo con Israele. Durante la sessione del gabinetto di sicurezza, dopo l’incontro con gli ufficiali palestinesi, l’ufficio del premier
ha fatto capire che Gerusalemme è pronta a portare avanti operazioni militari contro obiettivi terroristici a Gaza e contro gli Hezbollah nel sud del Libano.
Per ora Israele vuole dare un’ultima chance al presidente palestinese. "Non ci
aspettiamo che Abu Mazen fermi il terrorismo in un giorno – ha detto al Foglio
Mark Regev, portavoce del ministro degli Affari Esteri, Silvan Shalom – ma vogliamo che almeno cominci a farlo. Gli abbiamo chiesto di arrestare il lancio di missili Qassam, un buon inizio nella lotta contro il terrorismo, sapendo che può farlo. Un piccolo passo avanti in questa direzione significherebbe molto per noi". Secondo Regev, Israele spera che Abu Mazen possa portare a termine i suoi piani di riforma e che dimostri di volere la fine degli attacchi: "Non è da escludere un incontro nei prossimi giorni tra Sharon e Abu Mazen. Noi non pretendiamo dal presidente palestinese il 100 per cento del successo, ma almeno il 100 per cento dei suoi sforzi". Il portavoce di Shalom dice che Israele, entro il primo settembre, vorrebbe migliori condizioni di sicurezza per iniziare il ritiro da Gaza. Yochan Tzoref, ex ufficiale dell’esercito israeliano, sostiene che le relazioni tra Israele e l’Anp sembrano aver fatto un passo avanti dall’inizio della scorsa settimana. "Israele non vuole lanciare
adesso un attacco preventivo a Gaza perché sarebbe controproducente per il disimpegno. Israele vuole soprattutto dare ad Abu Mazen il tempo di dimostrare di non essere un altro Arafat".
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