Soldi al pluralismo o alla propaganda dei media palestinesi?
una domanda completamente elusa
Testata: Il Messaggero Veneto
Data: 16/12/2004
Pagina: 4
Autore: Diego Travan
Titolo: Giusto aiutare Radio Palestine
A pagina 4 de IL MESSAGGERO VENETO del 2004-12-15, commenta la recente proposta, fatta in sede istituzionale, dell’assessore Antonaz di finanziare con un contributo di 9000 euro un’emittente radiofonica palestinese.
Il giornalista condivide tale proposta considerandola un’esercizio di pluralismo.
Scrive infatti:

Perchè non aiutare i palestinesi ad avere come gli israeliani accesso ad un informazione precisa, ora dopo ora, su quanto accade nel loro martoriato paese.
Credo comunque che i cittadini del Friuli Venezia Giulia, da sempre conosciuti per la loro generosità e tolleranza, approvino la decisione di devolvere questo minuscolo contributo alla martoriata popolazione palestinese. Una popolazione che ha certamente un gran bisogno di aiuti materiali di ogni sorta, ma alla quale serve anche il sostegno di un’emittente radiofonica libera e indipendente. Perchè nulla più di un’informazione libera e pluralista fa progredire un popolo e una nazione.
Il giornalista suggerisce l’idea che alla popolazione palestinese manchi "un libero accesso" ad un’ informazione corretta (e chi glielo nega?) non menzionando i numerosi mezzi di comunicazione diretta ed indiretta di cui può già usufruire, inoltre egli da’ per scontato che, una volta ottenuta tale emittente radiofonica, i palestinesi ne farebbero automaticamente uno strumento di informazione "libero" e "pluralista". Tuttavia osservando quanto i già esistenti media palestinesi siano tutt’altro che "precisi", dubitiamo che la nuova radio "friulano-palestinese" possa modificare tale tendenza.
Un’informazione pluralista è figlia di una cultura democratica e la sua esistenza è garantita e tutelata da uno stato di diritti certi. Laddove invece non sussistano tali prerogative l’informazione diventa nulla più che uno strumento nefasto di propaganda di regime.
Al di là di quest’ingenuità dell’autore, una perplessità di natura tecnica ci sorge: oltre ad elargire il denaro la giunta regionale si preoccuperà anche di monitorare la pluralità e la qualità dell’informazione diffusa da tale emittente? Oppure si tratterà dell’ennesimo strumento piovuto nelle mani dei vari gruppi estremisti dalla magnanimità europea?
Dopo aver santificato tale decisione, il giornalista arricchisce l’articolo di personali e assai discutibili considerazioni sulla situazione israelo-palestinese.
Non resiste alla tentazione di buttarla in politica tirando fuori a sproposito i fatti di casa nostra




Ho pensato che nel Dna degli esponenti della destra italiana non c’è proprio spazio per il rispetto della par condicio nè in italia nè all’estero. Perchè tanto accanimento contro un modesto contributo concesso a Radio Palesatine?
I signori della destra italiana dovrebbero smettere di considerare i palestinesi puri terroristi e prendere coscienza delle condizioni sociali dalle quali trae origine la violenza dei kamikaze




E nonostante esorti la propria compagine politica a




Smettere di pensare, che gli israeliani siano solamente rudi oppressori ed affamatori di popoli
infarcisce il resto dell’articolo con il solito campionario di luoghi comuni antiisraeliani (indigenza e sofferenza palestinese, pugno di ferro israeliano, etc) che risparmiamo al lettore; segnalando tuttavia una chicca singolare che segue il sempre verde e sempre inquietante alibi economico-sociale della strategia terroristica
I signori della destra italiana dovrebbero smettere di considerare i palestinesi puri terroristi e prendere coscienza delle condizioni sociali dalle quali trae origine la violenza dei kamikaze visitando i ghetti della Gerusalemme araba o i campi profughi di Gaza
Ci riserviamo di chiedere personalmente al giornalista l’esatta ubicazione di tali presunti "ghetti" arabi situati nella città di Gerusalemme poiché (ammesso che esistano, ovviamente) sarebbe sicuramente la nuova metà prediletta di alcuni politici italiani, recentemente rimasti orfani della possibilità di fare visita ad Arafat.

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