L'ambiguo appello del presidente della Camera al dialogo con l'islam moderato
e all'unità nazionale sul (pessimo) modello francese
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Data: 07/09/2004
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Autore: Giorgio Israel
Titolo: L'ambiguo appello del presidente della Camera al dialogo con l'islam moderato
Su "La Repubblica" di Domenica 5 Settembre è comparsa un’intervista al Presidente della Camera Pierferdinando Casini di cui vogliamo sottolineare tre idee:
1) Per vincere la guerra contro il terrorismo «c’è una sola strada: mantenere i nervi saldi, tenere aperto il dialogo con i Paesi arabi moderati, tentare la via della coesistenza pacifica, non vedere l’Islam come un nemico».
2) «Bisogna riconoscere che, in questo frangente, la Francia si conferma un grande paese, dando prova di dignità e di profonda unità nazionale».
3) Il «tasso di confusione» nel centro-sinistra è «elevatissimo». Le «parole di grande buon senso» di Fassino e Rutelli hanno creato forti tensioni. Il Presidente Casini si chiede perché le istanze del riformismo facciano tanta fatica ad affermarsi «ogni volta ostacolate da una sinistra antagonista che non governa in nessun Paese d’Europa».
Qualche commento, punto per punto.
1) Difficile non essere d’accordo su affermazioni ragionevoli del genere, come ha anche osservato Angelo Panebianco sul "Corriere della Sera di Lunedì 6 Settembre. Ma valgono le domande di Panebianco. Cosa s’intende per Paesi arabi moderati? La Siria ne fa parte? E l’Iran? E la Libia? Arafat è un moderato, oppure è un capo terrorista? E Hamas che cosa è? Non sono domande da poco. L’Islam moderato è una categoria che occorre definire con molta attenzione. Un esempio: come deve essere definito l’intellettuale islamico ginevrino Tariq Ramadan? Il "Corriere della Sera" ha dato prova di una singolare confusione mentale: il giorno dopo aver pubblicato un articolo di Magdi Allam che lo indicava come una delle menti dell’estremismo, lo ha intervistato presentandolo come un campione del dialogo – anche se non ha potuto nascondere che un suo invito all’Università statunitense dell’Indiana è stato bloccato per i suoi rapporti con il mondo islamico integrista. Un gruppo francese di ricerca sull’informazione ha mostrato che Ramadan parla un linguaggio moderato in francese ed uno estremista in arabo – proprio come Arafat… Ma, pur restando al francese, Ramadan si è segnalato per un indecente attacco contro una serie di intellettuali francesi definiti come ebrei comunitaristi, fra cui Jean-Pierre Taguieff, che ebreo non è ma ha la colpa di aver denunciato la "nuova giudeofobia". Insomma, se non identifichiamo con chiarezza chi sta conducendo, con tutti i mezzi e mascheramenti la "guerra di civiltà" rischiamo di fare appelli vuoti e senza costrutto.
2) Da questo punto di vista, l’accenno alla Francia accresce la confusione e lascia sempre più perplessi circa ciò che ha in mente il Presidente Casini. In verità, a noi – e non soltanto a noi – pare che il governo francese, in questa occasione, si sia coperto di vergogna. Ha accettato la solidarietà di Hamas dopo che questo gruppo – Islam moderato? no, ci si permetta, banda di assassini – aveva trucidato diciotto israeliani. E ha parimenti incassato senza fiatare la solidarietà di gruppi come Hezbollah. Il ministro degli esteri francese Barnier ha stretto la mano di un famigerato imam egiziano mentre questi emetteva una fatwa che invitava a trucidare quanti più americani possibile. Si è visto così in trasparenza con chi è alleato il governo francese, e di chi sostiene la causa. Eppure non è bastato, perché ora la Francia è sottoposta al ricatto di dover dare 5 milioni di dollari – che saranno usati per trucidare altri israeliani, ebrei e americani –, di accettare la "tregua" proposta da Bin Laden all’Europa, e di impegnarsi a tenersi fuori dall’Iraq. Tutto ciò sarebbe la dimostrazione di cosa è un grande paese, sarebbe una prova di dignità e di solidarietà nazionale? Ma via! Ma perché dobbiamo sempre essere così autolesionisti, e non dire che stavolta questa prova l’ha data il nostro paese? Casini parla di una «sinistra antagonista che non governa in nessun Paese d’Europa». Ci si permetta una rettifica: in Francia governa una maggioranza che ha posizioni da far invidia alla sinistra antagonista e l’estremismo di "Le Monde" farebbe invidia a Il Manifesto.
3) A proposito di sinistra, come non essere d’accordo con l’osservazione che il caos regna da quelle parti. (Il discorso andrebbe utilmente esteso a buona parte dell’Europa: che dire delle indecenti dichiarazioni di Solana, che, parlando degli eventi in Ossezia, non ha trovato di meglio che attaccare Israele?…) Ma piuttosto che di caos parleremmo di una supremazia totale delle posizioni dell’estrema sinistra, garantite dal candidato-premier Prodi che è arrivato al punto di attaccare Russia e USA, dicendo che degli USA siamo amici ma, se poi fanno la guerra in Iraq non possiamo essere d’accordo: «possiamo» chi? Prodi in via personale, nulla da eccepire, Prodi come Europa non significa presumere troppo? Sotto questo profilo non definiremmo le posizioni di Rutelli e Fassino soltanto come di «grande buon senso», perché la maggiore responsabilità che essi portano è proprio di essere incapaci di condurre una battaglia politica riformista e a viso aperto contro le irresponsabili posizioni dell’antiamericanismo filo-resistenza irakena che dominano alcuni partiti della coalizione e che sono diffusi anche nei loro e di accettare un candidato-premier che per tenersi buoni i più aggressivi parla il loro linguaggio.
Nulla contro la "solidarietà nazionale". Figuriamoci. Ma, se la solidarietà nazionale ha come modello la Francia di oggi, se significa un "compromesso" (sia pure non storico) con le ambiguità e i tatticismi di Rutelli, Fassino, Amato e quant’altri – se è così, allora viene in mente una solidarietà nazionale di altri tempi: quella che univa democristiani terzomondisti, Partito Comunista e socialismo craxiano filoarabo sotto la mano benedicente di Giulio Andreotti. Da questa solidarietà nazionale Dio ci scampi e liberi. E allora se il Presidente del Senato Marcello Pera dice che l’Occidente è vittima del suo relativismo e della sua rinuncia ad affermare e difendere i suoi valori, non è che sia soltanto «in parte così», come dice il Presidente Casini. È proprio così. Al cento per cento.