Democrazie a confronto
Israele e l'intransigente difesa dei diritti, l'ANP e la loro sistematica violazione
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Data: 06/07/2004
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: Democrazie a confronto
A commento della decisione della Corte Suprema d' Israele che ha dichiarato
lesivo dei legittimi diritti ed interessi dei palestinesi un tratto della
barriera difensiva, e dell' immediata decisione del governo Sharon di ottemperare
a quanto prescritto in quella sentenza, si è già detto e s critto molto.
In particolare, si è messa correttamente in rilievo la constatazione - che
non per tutti è ovvia ed evidente - che Israele è uno stato di diritto,
una democrazia rispettosa dei diritti del singolo cittadino, e nel senso
più pieno del termine una nazione libera e giusta.
Mettiamo a confronto una notizia che, un pò per giorno, emerge dalle nebbie
con le quali l' Autorità Palestinese circonda quanto avviene nei territori
che essa domina.
Nella fascia di Gaza si vota per eleggere il nuovo comitato centrale di
Fatah, il movimento-partito di Arafat egemone sia da un punto di vista politico
che amministrativo-finanziario.
Le complesse procedure elettorali sono cominciate il 26 maggio, ed è già
chiaro a questo punto che la fazione che sostiene Arafat ne uscirà indebolita
se non perdente.
Il malcontento della popolazione per il regime autocratico e corrotto di
Arafat pare trovare uno sbocco concreto, finalmente, nel solo momento in
cui l' individuo può esprimere la propria opinione - ma con quale speranza
di essere ascoltato?
Già, perché Arafat, essendo stato informato del possibile successo di Mohammed
Dahlan e delle sue spinte riformatrici, ha ordinato al capo delle Forze
Generali di Sicurezza a Gaza, Abed Razik al Majada, ed al segretario del
Fatah di Gaza, Shmed Hilis, di sospendere le elezioni e di epurare le liste
dei candidati "scomodi".
Queste elezioni, se mai si concluderanno a Gaza e poi in Cisgiordania, sono
le prime da 16 anni; l' attuale comitato centrale di Fatah, che è anche
il perno dell' Autorità Palestinese, è tuttora costituito (con una sola
eccezione) da quanti sono arrivati da Tnisi a seguito degli accordi di Oslo.
Una decisione ufficiale dell' Autorità Palestinese in tema di diritti elettorali
fa degnamente il paio con quanto abbiamo appena illustrato, arricchendo
il già voluminoso dossier delle violazioni dei più elementari regole democratiche che sotto Arafat sono una consolidata consuetudine.
Con questa decisione, sono stati privati del diritto al voto nelle elezioni
locali tutti i residenti dei campi profughi. I campi profughi sono stati
creati dagli arabi dal 1948 in poi per mantenere una pressione politica
su Israele, ed i loro miseri occupanti sono stati quel che una volta si
chiamava carne da cannone, una merce da utilizzare quanto più violentemente
possibile contro Israele senza tenere nel benché minimo conto le loro esigenze
di condurre una vita dignitosa. I profughi palestinesi nel Libano, ad esempio,
non hanno il diritto di costituirsi una attività economica o di possedere
un alloggio al di fuori dei campi profughi stessi, perpetuando in tal modo
il loro sradicamento anche psicologico e sociale.
Il Consiglio Nazionale Supremo per la Protezione del Diritto al Ritorno
- un nome altisonante che cela una squallida miseria morale - che è responsabile
di questa decisione di privare del diritto di voto i residenti dei campi
profughi ha infatti affermato che è suo dovere "proteggere lo status dei
campi profughi, che sono i testimoni del crimine che lo stato occupante
ha commesso 56 anni fa, e cnsidera un pericolo integrare i campi profughi
nell' ambito di unità abitative".