Iran e Siria dietro il terrore in Iraq
le accuse del governo iracheno
Testata: La Stampa
Data: 06/07/2004
Pagina: 9
Autore: Maurizio Molinari
Titolo: Il clan di Saddam burattinaio della guerriglia
Un'analisi che spiega come dietro all'offensiva terroristica degli ultimi mesi in Iraq oltre ad Al Qaida vi sia la longa manus di Siria ed Iran, che agirebbero tramite alcuni cugini di Saddam. Sono accuse mosse, oltre che dagli Stati Uniti, dal neopremier iracheno Allawi, il quale ha anche espresso la sua contrarietà alla presenza di truppe dei Paesi confinanti per la gestione della sicurezza. L'asse del male indicato da Bush continuerebbe quindi a dare il proprio supporto al terrorismo.
Ne scrive Maurizio Molinari sulla Stampa di oggi.
Ecco il pezzo:

A far arrivare armi, denaro e rifornimenti a circa cinquemila miliziani della guerriglia del Baath sarebbero tre cugini di Saddam Hussein - Fatiq, Izzadin e Ezz al-Dain al-Majid - operando dall'estero e in particolare da Damasco, grazie alla copertura del governo siriano.
Il sospetto nasce da elementi di intelligence raccolti dai servizi americani e dal governo iracheno - di cui ha scritto il «New York Times» - secondo i quali la figura centrale nel network della guerriglia sarebbe Fatiq Suleiman al-Majid, ex ufficiale dell'Organizzazione per la sicurezza speciale (Oss) fuggito dopo la caduta di Baghdad in Siria, da dove organizza le retrovie finanziarie della lotta armata. Sorvegliando i movimenti dei depositi di denaro lasciati da Saddam Hussein in giro per il mondo, gli 007 americani hanno ricostruito le mosse di Fatiq, che fa prima arrivare i fondi a Damasco, poi li affida a corrieri destinati a contattare le cellule della guerriglia composte di fedelissimi ed ex miliziani del Baath. I fondi servono a comprare armi, pagare gli stipendi dei guerriglieri, acquistare rifornimenti e garantirsi l'accesso ad una rete di «case sicure».
Fatiq, che ha superato i trent'anni, oltre a essere il cugino di Saddam è anche il cognato di Qusay - uno dei due figli del Raìss uccisi dagli americani - e il nipote di Ali Hassan al-Majid, il generale divenuto noto come «Ali il Chimico» per aver ucciso con i gas migliaia di curdi negli Anni Ottanta. Izzadin al-Majid, ex maggiore della Guardia Repubblicana, è stato invece identificato come uno dei «principali ufficiali pagatori» della guerriglia dal governo iracheno. Samir Shaker Mahmoudi al-Sumeidi, ex ministro dell'Interno del Consiglio governativo sciolto a inizio giugno, ha fatto il nome di Izzadin nel corso di una recente visita a Washington, spiegando che raccoglie fondi da Leeds, in Gran Bretagna, dove chiese ed ottenne asilo nel 2000. Le protezioni legali garantite dal governo britannico si sarebbero rivelate un’efficace copertura per Izzadin che viaggerebbe spesso fra Europa, Giordania ed Iraq mantenendo rapporti con molte cellule. Izzadin ha negato al «New York Times» ogni coinvolgimento nella lotta armata contro le forze della coalizione ma Al Sumeidi è convinto del contrario e indentifica il terzo cugino in Ezz al-Dain al-Majid, un individuo che sarebbe a proprio agio con la rete di traffici del mercato nero iracheno.
Ad avvalorare l'ipotesi che i parenti di Saddam Hussein continuino ad alimentare la guerriglia è stata una recente deposizione al Congresso di Paul Wolfowitz, vicecapo del Pentagono, nella quale ha affermato che si tratta di «una parte significativa del nemico ancora operativa». Sarebbe proprio questo network famigliare - la famiglia di Saddam e gli Al Majid sono uniti da più rapporti di parentela - ad aver consentito a Quday ed Uday Hussein di rifugiarsi per un certo periodo in Siria dopo la caduta di Baghdad e a far arrivare consistenti aiuti a Izzat Ibrahim, l'ex vicepresidente iracheno finora riuscito a sfuggire alla cattura e considerato dagli americani uno dei più importanti registi degli attacchi alle forze della coalizione. Se la pista degli Al Majid si rivelasse esatta il Pentagono dovrebbe rivedere la teoria che identifica il «terrorista più pericoloso» in Abu Musab al-Zarqawi, il 31enne giordano considerato il coordinatore delle operazioni di Al Qaeda in Iraq.
Le affermazioni di Al Sumeidi lasciano supporre che il governo ad interim di Iyad Allawi stia raccogliendo elementi per dimostrare con prove concrete il coinvolgimento di Siria e, forse, Iran nel sostegno alle attività della guerriglia. Sia Allawi sia il ministro degli Esteri Zebari negli ultimi due giorni sono tornati a sottolineare la «responsabilità di Paesi confinanti» negli attacchi terroristici che hanno causato centinaia di morti fra militari e civili. Proprio i sospetti di Baghdad nei confronti di Damasco a Teheran hanno portato Allawi a dichiararsi contrario alla «presenza di truppe dei Paesi confinanti» nei contingenti della forza multinazionale guidata dagli Stati Uniti e autorizzata dalla risoluzione dell'Onu 1546.
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