La Road Map è sempre rimasta in campo
eppure qualcuno le ha già preparato i funerali
Testata:
Data: 05/05/2004
Pagina: 3
Autore: la redazione
Titolo: La prossima mossa di Sharon: mini-ritiro o patto con Peres
La tesi del quotididiano di Polito è quella che dal momento che il piano di Gaza viene affossato, ritorna in auge la Road Map così decantata dal Quartetto, che riacquisterebbe un peso rilevante nelle trattative grazie "all'attivismo del governo Zapatero". Il presupposto di fondo di questo articolo è analiticamente sbagliato poichè indica il ritiro da Gaza come qualcosa in contrasto con i dettami della Road Map, affossata sul nascere dal mancato stop al terrorismo da parte dell'Anp. Persino Kofi Annan, nella riunione del Quartetto di ieri, ha sostenuto che il piano di ritiro da Gaza è una grossa opportunità per uscire dall'impasse. C'è chi però preferisce Yossi Beilin e il suo inapplicabile piano di Ginevra e il Riformista, con questo suo articolo dà l'impressione di far parte del clan. Di seguito pubblichiamo l'articolo.

"La prossima mossa di Sharon: mini-ritiro o patto con Peres"

Gerusalemme. Indietro tutta. Si torna alla road map.O
almeno, questa è la speranza di alcuni dei protagonisti della crisi mediorientale. Primi fra tutti, i palestinesi, che sperano in un definitivo affossamento della politica dei passi unilaterali di Sharon, dopo la sua
sconfitta nel referendum interno al Likud sul piano di disimpegno da Gaza. Sul ritorno alla road map, a dire il vero, ci sperano anche Onu, Unione
europea e Russia, che ieri si sono riuniti ad alto livello (padrone di casa,
Kofi Annan) per il meeting già programmato da tempo del Quartetto. Una riunione in cui gli Stati Uniti, con il segretario di Stato Colin Powell, saranno stati ad ascoltare piuttosto che a fornire ricette, visto che da Gerusalemme, a questo punto, continuano ad arrivare segnali a dir poco confusi.
La sterzata a destra del Likud, insomma, ha rimesso in gioco attori che pensavano di essere stati ormai emarginati. Come il Quartetto, appunto, che adesso viene strattonato da parecchie parti perché ritorni a contare qualcosa. O come i protagonisti dell’accordo di Ginevra, Yasser Abed Rabbo, e Yossi Beilin, ritratto ieri sorridente dopo l’incontro con il premier palestinese Abu Ala. O anche come Miguel Moratinos, nuovo ministro degli esteri spagnolo e vecchia conoscenza, qui in Medio Oriente, nei vecchi panni di inviato speciale dell’Unione Europea. Che potrebbe riacquistare nel prossimo futuro un profilo
importante, grazie all’attivismo del governo Zapatero. In molti, in sostanza, hanno pensato ieri di riacquistare un possibile, nuovo ruolo. Soprattutto dopo le indiscrezioni circolate per tutto il giorno a Gerusalemme, che descrivono
l’impasse in cui si muove per il momento Israele. Il nuovo piano di disimpegno allo studio in queste ore tra i consiglieri del premier israeliano si configurerebbe come una vera e propria retromarcia. Che trasformerebbe il ritiro da Gaza in una semplice operazione cosmetica. Secondo le voci filtrate ieri, infatti, il mini-piano prevederebbe solo la chiusura di alcuni insediamenti isolati all’interno della Striscia di Gaza, come Morag, Netzarim e Kfar Darom. A cui se ne dovrebbero aggiungere altri due, forse tre isolati in Cisgiordania. In tutto, poco più di un migliaio di persone. Poco, molto poco, se paragonato all’idea di chiudere le oltre venti colonie della Striscia. Niente, dal punto di vista dei numeri, visto che già il trasferimento dei 7500 coloni ebrei di Gaza rappresentava una quota risibile degli oltre 220mila coloni che vivono tra la Cisgiordania e la Striscia. Sharon potrebbe quindi avere,come priorità, la ricerca di nuova stabilità dentro il Likud. Una strategia che cozza, però, con le richieste dello Shinui, il partner più importante nella coalizione di governo. Ieri il suo leader, Tommy Lapid, è andato a parlare a quattr’occhi con il premier a casa di Sharon, nella fattoria dei Sicomori. Per proporgli un’alternativa del tutto opposta all’idea del mini-ritiro: andare avanti con il piano di disimpegno completo da Gaza assieme ai laburisti, in un governo di unità nazionale assieme allo Shinui. È un’idea che potrebbe far gola allo stesso entourage del premier, accusato negli scorsi mesi di aver sondato il terreno con alcuni uomini del Labour per capire le possibilità di un nuovo gabinetto di unità nazionale. Sharon e Peres, a dire il vero, avevano ieri sera in agenda un incontro programmato già da un mese. Ma i laburisti, dopo la sconfitta di Arik al referendum di domenica, non sembrano
voler demordere - almeno per il momento - dalla richiesta di elezioni anticipate.
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