Un intellettuale che sa stare al mondo
e ricevere consensi da destra e manca. Senza saltare il centro
Testata: Avvenire
Data: 19/03/2004
Pagina: 3
Autore: Franco Cardini
Titolo: L'attacco conseguenza della politica Usa di egemonia regionale
Riportiamo l'intervento di Farnco Cardini da Avvenire di oggi. E' utile conoscere quello che scrive Cardini.Le sue posizioni, anti americane, anti-Israele, filo arabe, noglobal e entioccidentali, sono un filo unico che unisce estrema sinistra,sinistra,centro,destra e estrema destra. Il tutto condito in salsa cattolica.
Ecco l'articolo:

Credo che tutto quello che sta succedendo fosse doverosamente previsto e prevedibile. Sapevamo che gli Stati Uniti avevano premeditato la campagna militare contro l’Iraq almeno sin dall’estate del 2002, quando addirittura sui quotidiani e settimanali statunitensi si parlava tranquillamente di piani di attacco, e si davano persino le mappe. L’invasione americana era stata premeditata sulla base di false prove, che in gran parte furono smascherate subito.
Sapevamo, ed era facilmente prevedibile, che l’attacco all’Iraq avrebbe ottenuto la quadratura del cerchio attaccando un regime che nessuno rimpiange (a parte qualche nostalgico, e per motivi tribali, non certo per Saddam). Il male assoluto esiste solo nelle fantasie di alcuni fondamentalisti: prima degli americani c’era del buono con la legislazione sociale, con la nazionalizzazione del petrolio, mentre adesso il petrolio è stato "liberalizzato" e gli stranieri possono avere proprietà, con un risultato facilmente intuibile. Si sapeva che la quadratura del cerchio sarebbe stata saldare la resistenza saddamista, o quel che ne sarebbe rimasto dopo la fase calda della guerra, che continua nonostante le smentite di Bush. Si sapeva che questo attacco avrebbe ampliato la base di consenso del terrorismo e addirittura ha fatto avvicinare il mondo arabo laico-nazionalista all’integralismo musulmano, che è l’autentico brodo di coltura nel quale fiorisce il terrorismo.
Si sapeva quindi che la guerra avrebbe provocato sia in Iraq sia in tutto il mondo arabo e musulmano un’ondata di simpatia per il fondamentalismo e per il mondo del terrorismo. Si sapeva perfettamente che il terrorismo non si combatte con i bombardamenti a tappeto, non si combatte con l’uranio impoverito che gli americani hanno usato fin dal 1991. Il terrorismo si combatte con l’intelligence e cercando di risolvere quelle cause che possono portare acqua al mulino terrorista, cause che sono di tipo sociale e nazionale, che creano frustrazione nei popoli. Anche se l’islam, con un milione e duecentomila musulmani, è nella situazione di chi sta meglio tra i quattro quinti dei "non privilegiati" dell’umanità.
All’Amministrazione Bush serviva tutto questo, avendo già da tempo programmato di fare quello che ha fatto: mettere le mani sul petrolio iracheno. I venti miliardi per avviare la ricostruzione stanziati dal popolo americano attraverso il suo governo sono ampiamente garantiti dal prossimo trentennio di estrazione di greggio iracheno.
E si sapeva che i consiglieri neo-conservatori del presidente Bush, al di là del petrolio, avevano idee geopolitiche di egemonizzazione di tutta l’area. Un’impennata della guerriglia e del terrorismo sarebbe servita all’Amministrazione Bush come alibi per dimostrare che, dopo essere entrati in Iraq contro il parere dell’Onu, in Iraq debbono restare, coinvolgendo il maggior numero di Stati. Un quadro desolante nel quale siamo immersi.
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