Chi diffonde odio contro gli ebrei vivi
non chiediamoci mai più da che parte proviene. Lo sappiamo
Testata:
Data: 27/01/2004
Pagina: 1
Autore: Stefania Cherchi
Titolo: La memoria dell'Olocausto e l'oppressione dei palestinesi
Sottoponiamo alla attenzione dei nostri lettori quanto ha pubblicato il quotidiano di Piacenza in occasione della Giornata della Memoria. Ci esentiamo dall'esprimere giudizi sull'autrice. Purtroppo è in buona compagnia, magari fosse l'unica. Quello che ci stupisce è che sia stato ospitato da Libertà.
Invitiamo i nostri lettori ad esprimere la più forte indignazione al quotidiano piacentino.

Primo Levi e sei milioni di morti ci hanno comandato di ricordare, e noi cerchiamo, nella misura delle nostre capacità, di farlo. E così è stato istituita, seppure con molto ritardo, una Giornata della Memoria in cui esplicitare il nostro impegno a che l'Olocausto non debba ripetersi mai più. Una giornata ufficiale, come per la ricorrenza della Liberazione o la festa delle forze armate. E' giusto, ma non è abbastanza.
Quando ero ragazza, nonostante il rispetto e la continuità che sentivo per la vicenda resistenziale, le cerimonie del 25 aprile finirono col sembrarmi vuote e retoriche, e coll'allontanarmi invece di avvicinarmi alla verità di ciò che era successo. Paradossalmente, forse preferivo quando il dovere della memoria non aveva una giornata ufficiale in cui essere svolto, ed era lasciato alla coscienza di chi ancora lo sentiva urgente, attuale. Perchè credo che in quel mandato di ricordare affinché non avvenga mai più c'era anche, implicitamente, l'ordine di ragionare, e di stare in guardia, di proteggere il futuro. Capire quel che succede, ci vorrebbe, e non solo commemorare.
Quando ha scritto Se questo è un uomo, Primo Levi non immaginava certo che, a cinquant'anni dall'Olocausto, lo stato costruito dagli ebrei a perenne protezione degli ebrei stessi si sarebbe fatto scudo della memoria dell'Olocausto per opprimere e violare un altro popolo. Come ha recentemente detto Stefano Levi della Torre, l'idea stessa di "vittima" viene utilizzata per sottrarsi al giudizio: alla vittima tutto è permesso, qualsiasi violenza, qualsiasi atrocità, anche la violazione dell'ordine internazionale diventa un caso di legittima difesa.
E cosa dire del fatto che chiunque osi criticare le scelte del governo dello stato di Israele si vede sbattere in faccia, nonostante la sua storia personale e politica, nonostante la coerenza delle sue parole e delle sue azioni, l'accusa infamante di antisemitismo? Personalmente ho grande ammirazione per il popolo ebraico, ne studio la storia, la cultura, le tradizioni che è riuscito a mantenere vive e quelle che ha saputo costruire, cerco di ascoltare le voci che vengono dal mondo ebraico della diaspora come quelle interne ad Israele: e non sono disposta a lasciare la difesa di Israele alle destre di tutto il mondo che si identificano con il suo premier Sharon. In fondo, è stato lo stesso ex presidente della Knesset, Avraham Burg, a dire che le attuali scelte di Israele hanno ucciso il grande sogno del sionismo: che sia anche lui, sotto sotto, antisemita?
A noi viene rivolta questa accusa, e non a Gianfranco Fini, ricevuto in Israele con tutti gli onori: e non intendo qui discutere della sincerità della sua conversione, che riguarda solo lui e la sua coscienza. Bensì mi sconcerta il fatto che l'omaggio alla memoria dell'Olocausto possa essere così sfacciatamente usata per fini di carriera politica personale, perchè Fini non si accontenta di essere vicepremier, vuole diventare premier e per farlo deve lavarsi la fedina penale di ex (?) fascista.
In Israele, forse non lo sanno tutti quelli che ne parlano con poca cognizione di causa, si sono ricreate ostilità a sfondo razziale all'interno del popolo che più di tutti ha pagato per questa follia degli uomini. Gli israeliani provenienti dagli Usa o dall'Europa guardano dall'alto in basso non solo gli arabi in generale e i palestinesi in particolare, ma anche gli stessi ebrei provenienti dall'ex Unione Sovietica, o dall'Etiopia, o i membri di altri popoli che affluiscono in Israele in cerca di lavoro, come avviene in tutti i paesi industrializzati.
Da molti anni sono convinta che il senso più vero di quell'imperativo della memoria stia non solo nel combattere ogni razzismo, ogni intolleranza, e nel dedicare molto amore e molto studio al popolo ebraico, che merita speciale attenzione e protezione: ma soprattutto nel cercare con ogni forza una soluzione di pace per il Medio Oriente, perchè solo nella salvezza di uno dei due popoli che si contendono quel lembo di terra è contenuta la salvezza dell'altro. Perchè se i palestinesi, cui va la solidarietà di tutti quelli che hanno a cuore la giustizia, rischiano di essere annientati e già vivono in una situazione che non ha nulla di umano, anche gli israeliani, cui va comunque il nostro amore nella comprensione dell'infinito prezzo di sangue che hanno pagato, rischiano di essere annientati con loro, e già perdono giorno per giorno la loro umanità nella pratica dell'oppressione e della violenza. Perchè quando si costruisce un muro, è poi difficile dire chi sta dentro e chi è fuori, chi è il carcerato e chi il carceriere. Ci si ritrova con due libertà amputate, e si continua a vivere immersi nell'odio e nella violenza.
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