Insieme nel ricordo del passato e insieme nel futuro
giovani israeliani, ebrei e palestinesi, visitano Auschwitz
Testata: Corriere della Sera
Data: 27/01/2004
Pagina: 11
Autore: Francesco Alberti
Titolo: Viaggio nel dolore, insieme ad Auschwitz arabi ed ebrei
Sul Corriere della Sera di oggi, nella sezione dedicata al giorno della memoria, Francesco Alberti racconta il viaggio di una delegazione di giovani israeliani ebrei e palestinesi, ad Auschwitz, organizzato dal Cdec; lo scopo era quello di lavorare per la comprensione dell'altro ed il superamento del pregiudizio.
MILANO — Avvenne all’improvviso, nel breve tratto che divide il Bunker 2 (camera a gas più fosse comuni) da uno dei cinque Krematorium (camera a gas più forni). La studentessa palestinese, volto coperto dal chador, affiancò Magda, ebrea ungherese sopravvissuta alla Shoah, e le sussurrò: «In questo momento ti vedo come se tu fossi mia madre...». E l’anziana, fissandola negli occhi: «Io l’ho sempre saputo, è una vita che sei mia figlia...».
Quel giorno del maggio scorso c’era il sole su Auschwitz- Birkenau, i prati erano in fiore e il bosco di betulle che fa da sfondo alla Casa Rossa — prima camera a gas messa in funzione dai nazisti, 13 mesi a pieno regime ( marzo ’ 42- aprile ’ 43) con una media di 400 morti al giorno — aveva contorni meno spettrali del solito. Strana comitiva si aggirava lungo i viali della morte. Avversari storici camminavano fianco a fianco. C’era la studentessa con il chador e altri duecento musulmani: docenti universitari palestinesi, capi religiosi islamici di Francia e Belgio, arabi d’Israele. Con loro, quasi a toccarsi, decine di ebrei provenienti da ogni angolo d’Europa. E poi cristiani.
« Per tre giorni e tre notti, la delegazione palestinese e quella ebraica accettarono di confrontarsi e di conoscersi attraverso lo specchio dell’Olocausto, della sofferenza... » , racconta ora Marcello Pezzetti, 50 anni, storico del Centro di documentazione ebraica contemporanea di Milano, autorità mondiale per tutto ciò che riguarda Auschwitz e le sue tecniche dell’orrore: fu lui nel 2001 a scoprire che la Casa Rossa, per mezzo secolo abitata da una tranquilla coppia di polacchi, era in realtà l’antenata di tutte le camere a gas ed è stato lui, assieme al prete greco cattolico Emile Shoufani, a tirare le fila di quello specialissimo viaggio. Per i musulmani, dice, quella fu la Giornata della Scoperta: « La scoperta che i l nemico ebreo, da loro visto e vissuto unicamente come aggressore, era stato anche vittima, perseguitato e sterminato. Mi subissavano di domande, soprattutto i giovani arabi sembravano non capacitarsi di una violenza così pianificata » .
Pezzetti faceva da guida, parlava in francese e « ancora ricordo l’emozione di sentire i miei discorsi tradotti contemporaneamente in arabo e in ebraico... » . Di fronte ai Bunker, alle foto e alla Judenrampe — fino al ’ 44 una sorta di capolinea per i treni blindati che trasportavano i deportati e luogo di selezione tra carne da gasare e carne da lavoro — « le certezze di molti giovani palestinesi, allevati nel solco di una cultura revisionista della Shoah, se non addirittura negazionista, venivano messe in discussione » . Gli ebrei, tra i quali c’era anche il sopravvissuto Shlomo Venezia, che lavorava nelle camere a gas, ebbero quel giorno un atteggiamento di totale umiltà.
« Non c’era e non avrebbe potuto esserci alcuno spirito di rivalsa, gli accordi erano chiari: utilizziamo queste ore per confrontarci nella sofferenza, poi ognuno trarrà le proprie conclusioni » spiega Pezzetti, alla cui competenza in materia di lager hanno attinto registi come Steven Spielberg per
Schindler’s List e Roberto Benigni per La vita è bella.
Quei tre giorni furono il frutto di quasi sei mesi di intensa diplomazia. Un filo che solo il prete melchita Shoufani — sangue arabo, fede cattolica, domicilio in Israele — poteva tessere: « Alla fine riuscì a convincere perfino l’imam di Parigi, ma quante difficoltà... Gli arabi, anche la parte più moderata, non nascondevano diffidenza all’idea di un viaggio con gli ebrei. E in mezzo c’erano i cristiani, un po’ mediatori, un po’ osservatori » . Nessun dettaglio fu trascurato: ognuna delle comunità aveva i suoi sponsor, l’Unione Europea fece il resto. E prima di immergersi nell’orrore di Auschwitz, l'eterogenea delegazione ripercorse, nel ghetto di Cracovia e alla sinagoga di Tempel, le tappe della persecuzione ebraica precedente il nazismo. Oggi, sette mesi dopo, Pezzetti dice: « Se solo il 20 per cento di quel gruppo continuerà a lavorare per il dialogo, qualcosa di importante sarà stato seminato » . Poi, quasi temesse di caricare la cosa di troppi significati, butta lì: « A Parigi alcune organizzazioni studentesche ebree e musulmane, così come gli scouts, già collaborano. Hanno iniziato proprio dopo il viaggio... » .
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