Il mantello di Rut di Paolo Rodari 22/08/2025
Recensione di Giorgia Greco
Autore: Giorgia Greco

Il mantello di Rut                   Paolo Rodari

Feltrinelli                                 euro 16

“Il bisogno di scriverti è una fiamma che non sono capace di spegnere. Non mi resta che lasciarla ardere” 

Con queste struggenti parole Remo Sarandrea, un sacerdote ormai novantenne, si rivolge a Aida dopo sessant’anni dai fatti accaduti nel 1943, mentre Roma era occupata dai tedeschi, per raccontarle la sua storia e l’incontro avvenuto con lei, allora bambina ebrea perseguitata, e con la madre Rachele: un incontro destinato a cambiare per sempre la vita di Remo.

Giornalista e scrittore, per nove anni inviato e vaticanista de “La Repubblica”, Paolo Rodari firma un romanzo intimo, pervaso da dolce malinconia che indaga temi profondi come la religione, la libertà, l’amore soffermandosi su uno dei capitoli più neri della storia del cristianesimo, quello dell’antigiudaismo cristiano.

Ispirato ad avvenimenti realmente accaduti durante l’occupazione tedesca di Roma, il libro racconta come venti bambine ebree riuscirono a salvarsi dalla deportazione con l’aiuto di un prete e di alcune suore. Quando i rastrellamenti si facevano intensi, le bambine ebree alloggiate insieme ad altre orfane presso il Collegio dei catecumeni, teatro fino all’Unità d’Italia di conversioni forzate dall’ebraismo al cristianesimo, venivano condotte in una “stanza segreta” ricavata sotto la cupola della chiesa della Madonna dei Monti e lì restavano per lunghe ore tremando al pensiero di essere catturate dai nazisti. Aida, che è una di queste bimbe, incarna grazie alla sensibilità dell’autore, la sofferenza per il distacco dai genitori, la paura del futuro e una profonda nostalgia dell’ ambiente familiare.

Attraverso una narrazione epistolare, la voce di Remo ci porta nel 1926 quando appena dodicenne viene condotto dalla madre, rimasta vedova con altri figli, al Seminario Pontifico vicino alla Basilica di San Giovanni in Laterano affinchè la Chiesa possa occuparsi della sua educazione e mantenimento. In quei primi anni Remo conosce l’ipocrisia e la durezza delle autorità ecclesiastiche che acuiscono il dolore per la separazione dalla madre. Remo, abituato a soffocare i sentimenti, a trincerarsi in un doloroso silenzio, non è sicuro una volta diventato adulto del futuro da sacerdote che gli si prospetta: un forte anelito di libertà alberga nel suo animo ma incapace di ribellarsi abbracciando un’altra vita, seguirà la strada che altri hanno tracciato per lui.

La capacità introspettiva insieme alle profonde riflessioni di filosofia e teologia che pervadono queste pagine ci restituiscono l’immagine di un uomo e di un sacerdote che non ha mai smesso di interrogarsi sul valore della vita e sulle scelte che il destino ha in serbo per lui. L’incontro con Rachele rimasta vedova da poco e la piccola Aida - proprio quando credeva di aver superato i dubbi sulla fede in Dio e sulla propria vocazione - porta nel cuore di Remo uno spiraglio di luce ma anche la consapevolezza che il sentimento che sente nascere dentro di sé, condiviso anche da Rachele, potrebbe portarlo a lasciare l’abito talare e a formare con lei una nuova famiglia.

Senza svelare troppo del destino di Aida e Rachele, ci soffermiamo sulla capacità dell’autore di ritrarre con competenza il mondo cattolico e quello ebraico che emerge anche dalla descrizione delle strade, dei vicoli, dei forni, della vita all’interno delle famiglie restituendo la dimensione di una città, Roma, in cui negli anni dell’occupazione tedesca accanto a persone che difendono e proteggono gli ebrei ce ne sono altre che, per denaro o desiderio di potere, non esitano a denunciarli, condannandoli alla deportazione nei campi di sterminio. In una stessa città convivono dunque contraddizioni insanabili in cui la decisione fra il Bene e il Male è quella che fa la differenza fra la vita e la morte.

Lo scenario storico è ben ricostruito da Rodari in pagine di forte impatto emotivo in cui ricostruisce le persecuzioni subite quotidianamente dagli ebrei romani per mano di fascisti e nazisti (“I tedeschi giravano per le strade, sempre più aggressivi … la città tratteneva il fiato senza avere piena coscienza del cataclisma che si avvicinava inesorabile”) con il drammatico racconto del rastrellamento del ghetto di Roma il 16 ottobre 1943 e quello dell’attentato di Via Rasella del 23 marzo 1944 quando, ventitrè ore dopo, i tedeschi compirono la loro vendetta trucidando in una cava di tufo tra le catacombe di Domitilla e di San Callisto più di trecento civili, tra i quali molti ebrei.

“Il mantello di Rut” che nella Bibbia evoca fedeltà e protezione è una storia che parla al cuore con semplicità, scritto con un linguaggio scorrevole, eppure appassionante e che racconta di legami che non si spezzano, nonostante i rivolgimenti della Storia, di ferite che lacerano l’anima e si possono lenire solo con il perdono e con le parole.

Si legge questo romanzo con la consapevolezza che se non si fa memoria di quanto accaduto si rischia di commettere perpetuamente gli stessi errori ... perché l’antisemitismo può sempre risorgere e fare nuove vittime.

Il massacro di Hamas del 7 ottobre 2023 lo ha dimostrato a tutto il mondo, senza alcuna possibilità di fraintendimento.


Giorgia Greco