Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un commento di Davide Romano pubblicato originariamente su Il Riformista con il titolo "Dati manipolati e metodologie fallaci": il rapporto BESA smonta l’accusa di genocidio a Gaza".
Scrive Davide Romano: Sono ormai 30 mesi che Israele viene demonizzata quotidianamente per la guerra a Gaza sulla base dei dati forniti dalla propaganda di Hamas e da personaggi come Francesca Albanese, difesa proprio in questi giorni dal regime degli ayatollah iraniani.
Tanti media hanno seguito questa narrazione antioccidentale nel metodo e nel merito, contribuendo a creare un clima di intolleranza antiebraico. E’ inquietante analizzare come il racconto di quanto succede a Gaza sia la versione moderna della caccia alle streghe: la maldicenza e i “si dice” diventano realtà sui media mainstream, con le conseguenze che vediamo in termini di violenza e terrorismo.
Contro tutto questo non possiamo che tornare al meglio della cultura occidentale: il metodo scientifico. A tal proposito arriva uno studio rigoroso realizzato dal Begin-Sadat Center for Strategic Studies (BESA) che rigetta le accuse a Israele di perpetrare un genocidio a Gaza, grazie a un’analisi di fonti primarie e secondarie.
Il report è stato realizzato da un gruppo multidisciplinare composto dal professor Danny Orbach (storico militare), dal dottor Jonathan Boxman (analista quantitativo), dal dottor Yagil Henkin (esperto in guerra urbana) e dall’avvocato Jonathan Braverman (specialista in diritto internazionale umanitario.
Gli autori criticano il “bias umanitario” delle ONG internazionali e propongono una metodologia basata su tre principi: cautela nella selezione delle fonti, verifica incrociata e consolidamento dei dati.
Una delle scoperte più significative riguarda la presunta carestia intenzionale. Gaza già dipendeva quasi del tutto dagli aiuti esterni e, paradossalmente, i rifornimenti alimentari dopo ottobre 2023 hanno talvolta superato quelli pre-conflitto. Così vengono demolite le accuse di affamare deliberatamente i gazawi.
Hamas, secondo il rapporto, impiega civili come “scudi umani”, costruendo tunnel sotto infrastrutture civili e usando edifici pubblici per scopi militari. Gaza viene descritta come una delle sfide militari più complesse per un esercito occidentale.
Dei 50.021 morti riportati da Gaza, solo 61 casi sono associati ad accuse di uccisioni intenzionali, basate su fonti poco affidabili. Alcune testimonianze mediche su presunte esecuzioni di bambini risultano non verificate o fraintese.
Non sono emerse prove di bombardamenti indiscriminati. Il rapporto evidenzia misure di precauzione adottate dall’IDF, come evacuazioni e munizioni di precisione. Solo l’1,2% delle vittime era nelle zone sicure designate.
Gli autori contestano i dati del Ministero della Salute di Gaza, visto che i combattenti vengono conteggiati come civili. Anche la percentuale di vittime donne e bambini è statisticamente inaccurata.
Gli autori tracciano un parallelo con l’Iraq degli anni ’90, dove le stime di centinaia di migliaia di bambini morti per le sanzioni americane si rivelarono completamente false dopo il crollo del regime di Saddam Hussein.
Il rapporto mette in guardia sull’uso politico del termine “genocidio”: una sua applicazione indiscriminata ne indebolisce il significato legale ed etico. Pur riconoscendo la sofferenza a Gaza, gli autori affermano che le accuse contro Israele si basano su dati manipolati e metodologie fallaci.
Questa ricerca non piacerà ai moderni cacciatori di streghe, ma il metodo scientifico è quanto ci ha fatto passare dalla cultura dei forconi a quella dei Nobel a donne come Marie Curie e Rita Levi Montalcini: conquiste che qualcuno, a sinistra, è disposto a rinnegare in nome dell’ideologia antisionista.
(Da: Il Riformista, 15.7.25)
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