Riprendiamo dal sito www.israele.net - diretto da Marco Paganoni - un articolo di Moked, dal titolo "“Parole in conflitto”. È disponibile online un agile volume che fa chiarezza su una serie di termini chiave molto spesso usati, ma troppo spesso abusati e distorti dopo il 7 ottobre".
La copertina del volume, Noemi Di Segni, presidente UCEI, denuncia la distorsione di parole e concetti fondamentali dopo il 7 ottobre 2023, trasformati in strumenti di odio contro Israele e gli ebrei. L’antisemitismo, oggi virulento e trasversale, è la vera emergenza culturale e morale da combattere
Scrive nell’Introduzione Noemi Di Segni, presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane: Questo breve compendio nasce in risposta all’esasperata constatazione di come parole e contesti aventi un significato ben chiaro e preciso prima del 7 ottobre 2023 (o così pensavamo) abbiano acquisito significati sempre più distanti e difformi rispetto a quello storico-originale.
Distorsioni che hanno assunto credibilità attraverso la diffusione di massa e l’adozione corrente da parte di autorevoli istituzioni; modificando una realtà particolarmente straziata e complessa in una virtuale, piatta, univoca e indiscutibile; trasformando al contempo le parole stesse da fonti che ispirano senso di morale e responsabilità, che riflettono dialettica democratica e confronto, a forze generatrici di violenza e di legittimazione di odio.
Armi della comunicazione che si aggiungono quindi alle vere armi sofisticate o rozze delle belve indottrinate che hanno compiuto il massacro del 7 ottobre, finalizzato senza mezzi termini e con ogni possibile evidenza filmata e documentata all’annientamento di Israele e del popolo ebraico nel suo insieme.
Il compendio vuole essere una risposta che, attraverso la scelta di un piccolo gruppo di parole di uso ricorrente in questo logorante contesto, cerchi di rammentarne e rappresentarne il significato lineare, originale dal punto di vita legale o storico.
Non abbiamo scelto un approccio analitico con pretesa di esaustività perché avremmo dovuto concepire un aggiornamento delle voci enciclopediche; abbiamo piuttosto optato per offrire, o restituire, l’immediata e chiara valenza di concetti che, per l’autorevolezza degli estensori, auspichiamo possano essere colti e condivisi, “pronti per l’uso” per essere di ausilio a chi, nonostante il frastuono della propaganda, prova ancora a comunicare in modo corretto, con slancio di verità.
Non mi illudo: probabilmente, chi distoglie lo sguardo non leggerà neanche queste poche paginette o le bollerà come tentativo sionista di dominare le menti.
Sono tuttavia convinta che per moltissime persone sarà un utile riferimento e di stimolo, rivolto in particolare a chi nei propri saggi, interventi e articoli cita, annuncia o denuncia questi termini come fenomeni di allarme e pericolo.
Ecco, dipende dai punti di vista, perché coloro (purtroppo innumerevoli) che denunciano come un pericolo le azioni e la stessa esistenza in vita della realtà ebraica-israeliana-sionista, sono essi stessi la fonte del pericolo reale per noi altri.
Un ringraziamento particolare quindi al team che ha accompagnato passo per passo l’elaborazione di questa raccolta: Claudia Tedeschi, Massimo Lomonaco, Davide Jona Falco, Claudio Vercelli, Lucilla Efrati e Raffaele Genah, che hanno contribuito alla redazione delle voci e concorso alla realizzazione di questa piccola ma importante pubblicazione.
E’ una risposta al dolore di questo anno e mezzo di stillicidio mediatico-comunicativo, di isolamento e di aumento dell’antisemitismo sotto ogni forma ed espressione, in ogni angolo e spazio delle nostre vite, che si aggiungono allo shock e alle profonde ferite delle vittime, degli ostaggi, dei caduti, dei familiari e di noi tutti.
Le parole prescelte sono dunque “in conflitto” perché sono quelle che hanno “subìto” in modo particolare il fenomeno della distorsione, della dissociazione in questo periodo di conflitto israelo-palestinese, umiliando la memoria del popolo ebraico e di ogni presidio di libertà e di conquista democratica del dopoguerra.
E forse proprio per questo si è scelto – come si evince immediatamente dall’indice – di non dedicare alla voce “antisemitismo” una pagina apposita, proprio perché è l’unica parola ad essere pienamente concretizzata nel suo più essenziale significato e massima virulente manifestazione.
Dal 7 ottobre 2023, per le modalità e mentalità con le quali si è pianificato il massacro, a questi giorni di appelli alla dissociazione dagli accordi europei con Israele e la negazione dell’Iran teocratico come minaccia mondiale, tutti i fenomeni che viviamo con dolorosa preoccupazione sono evidenza dell’antisemitismo.
Mi riferisco agli appelli nelle piazze, alle mozioni parlamentari, alle adesioni delle università e del mondo delle professioni e della colta scienza, ai boicottaggi commerciali, culturali e accademici, all’informazione selettiva e alle narrazioni unidirezionali di media e giornali, alla cecità dell’associazionismo che prontamente difende altri discriminati, all’asservimento e alla contemporanea assenza delle organizzazioni internazionali, al sistema educativo che presta aule e docenti, all’abuso del diritto internazionale e del sistema umanitario, alla capacità di rivolgere offese e auspici di morte indirizzati anche ai sopravvissuti ai campi di sterminio che – oramai pochissimi ancora tra di noi – hanno vissuto e testimoniato l’orrore e l’abisso umano.
Sentimenti e pregiudizi millenari, ben radicati – che speravamo di poter associare unicamente al passato della Shoah – riemergono ora, urlati impunemente dopo essere stati evidentemente solo celati per alcuni decenni.
La definizione di antisemitismo è prima di tutto incisa nella memoria indelebile del vissuto ebraico e ogni spiegazione sistematica ne rappresenterà sempre una sola parte.
Oggi, come ieri, la sfida genuina, e forse anche ingenua, è quella di convincere il mondo intero che questo male è un male per tutti. E, aggiungo, che la tutela anche sincera dei diritti del popolo palestinese – come quelli di ogni altro popolo – non si può realizzare attraverso appiattimenti sull’odio anti-israeliano, anti-ebraico, la demonizzazione di Israele, la negazione della convivenza, l’elusione di quanto avviene nel quadro complesso del Medio Oriente e la legittimazione delle organizzazioni terroristiche nelle aree e nelle città sotto diretto controllo palestinese.
Secondo Treccani, fake news sono “un’informazione in parte o del tutto non corrispondente al vero, divulgata intenzionalmente o no attraverso il web, i media o le tecnologie digitali di comunicazione”. La loro forza risiede principalmente nell’essere “apparentemente plausibile”. Nel mischiare realtà deformata e omissioni il loro scopo è di diventare il più possibile ‘verosimile’, offrendo un’informazione che si ammanta di verità ma che vera non è.
Circondati da questo fenomeno ovunque siamo, nel labirinto delle trappole mediatiche abbiamo scelto una way out che rappresenta la dignità della nostra esistenza, pudore per il dolore e resilienza nei secoli: quella della semplice verità.
Come arginare le fake news che già dilagano come fenomeno nell’era dei social media e ormai nella nuova epoca dell’intelligenza artificiale, come riorientare coscienze civili e scelte morali verso il sentimento di benevolenza e fiducia sociale non è un dilemma, ma una missione di cui siamo convinti rispondendo all’imperativo millenario di “sceglierai la vita”.
Forse tra pochi giorni o poche settimane dall’uscita di questa raccolta la guerra anche a Gaza, dopo quella con l’Iran durata interminabili tredici giorni, si fermerà. Con o senza accordi di lungo termine, speriamo con la liberazione di tutti gli ostaggi e uniti da sentimenti di sicurezza.
Sarà senza dubbio per tutti un sollievo e un orizzonte di speranza, o quasi per tutti escludendo convinti terroristi e i loro mandanti.
Altre parole prenderanno la scena e gli spazi mediatici, scansando immagini di distruzione e lutto. Pace, accordi, viaggi, ricostruzione? Parole che non possono essere prese con leggerezza perché il loro pieno significato e rilevanza lo si comprenderà solo se ricorderemo minuto per minuto quanto avvenuto dalle ore 6.29 del 7 ottobre 2023.
L’antisemitismo riemerso nel vecchio continente non fa parte di negoziati dell’oggi per il domani tra due parti, ma un male che solo attraverso una convinta alleanza sociale, di fedi, di popoli che uniscono l’Europa e collegano mondi nuovi ed estremi continenti, con un progetto educativo e culturale si potrà – sogno e spero – arginare.
Accanto e dentro al dolore prosegue la vita nostra e delle future generazioni e dipende da noi e dal modo in cui diamo senso alle parole, quelle che trovate qui e quelle che sono rimaste, per il momento, fuori.
(Da: moked.it, 9.7.25)
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