Hezbollah perde 40mila uomini. Ma ne ha ancora troppi
Analisi di Claudia Osmetti
Testata: Libero
Data: 04/07/2025
Pagina: 13
Autore: Claudia Osmetti
Titolo: Hezbollah perde 40mila uomini. Ne ha ancora troppi

Riprendiamo da LIBERO del 04/07/2025, a pag. 13, con il titolo "Hezbollah perde 40mila uomini. Ne ha ancora troppi" la cronaca di Claudia Osmetti. 

Claudia Osmetti
Claudia Osmetti

Dopo l'operazione del Mossad con i cercapersone che ha decapitato i suoi vertici e dopo i bombardamenti sul Sud del Libano, Hezbollah è praticamente dimezzato, soprattutto perché si sono moltiplicate le diserzioni. Ma quelli che restano sono ancora troppi, sono armati e sono pericolosi. La minaccia dal Libano è tutt'altro che estinta.

Un po’ l’attacco del Mossad ai dispositivi cercapersone nel settembre dell’anno scorso. Un po’ i dodici giorni di guerra tra Gerusalemme e Teheran che, al netto delle ultime rivendicazioni di Khamenei, l’Iran lo hanno indebolito (eccome). Un po’ pure il mini esercito di “disertori” (che c’è anche quello e magari non sarà composto da miliziani renitenti ma è comunque un fatto: e un fatto di 2mila combattenti che, dalla morte dell’ex segretario generale Hassan Nasrallah, lo hanno abbandonato). La cattiva notizia è che il fronte col Libano non è uno scenario archiviato, la buona notizia è che il numero dei “soldati” di Hezbollah, in quasi quattro anni, si è praticamente dimezzato.
Era stato proprio Nasrallah, nell’ottobre del 2021, a vantarsi urbi et orbi di poter contare su una forza militare con all’attivo circa 100mila professionisti addestrati e pronti a imbracciare le armi. Dati ufficiali, oggi, non ce ne sono: ma l’emittente televisiva saudita Al Arabiya ha provato a far di conto e stima che, considerando una fetta di 10mila miliziani “fuori servizio”, il massimo del dispiegamento su cui può contare, adesso, il patito sciita libanese, raggiunge a stento le 60mila persone.
Che sono sempre tante, vediamo di capirci: si tratta di 60mila indottrinati che Israele ha sull’uscio di casa, che sono coordinati (per quanto al momento possa risultare complesso) dagli ayatollah iraniani e sono sufficientemente allenati per rappresentare una minaccia. Ma che sono anche molti meno di quanto si poteva pensare dato che in guerra ne sono caduti circa 4mila (sia tra le fila dei comandanti militari che tra quelle dei comandanti delle unità di combattimento), altri 3mila sono stati feriti e 2mila (come già scritto) hanno deciso volontariamente di andarsene.
La fotografia del Libano è la fotografia del Medioriente arabo: da una parte ci sono la narrazione ufficiale, gli slogan, gli appelli che richiamano alla lotta e che incolpano lo Stato ebraico di ogni cosa, che promettono ritorsioni senza precedenti e mostrano una presenza all’apparenza compatta e granitica (ieri, per esempio, si sono svolti i funerali di Abu Ali Khalil, la guardia del corpo di Nasrallah, ucciso in un raid un paio di settimane fa, con la solita sfilata della folla urlante e dei canti da corteo); dall’altra parte c’è la realtà fatta di sempre meno risorse su cui contare, di problemi negati ma visibilissimi a qualsiasi osservatore minimamente attento e di un futuro che si presenta ancora peggiore del passato appena concluso.
Israele ha inflitto «danni significativi» all’Iran (e, di conseguenza, a Hezbollah) col conflitto di giugno, ma la sua missione nell’area «non è conclusa»: a dirlo, questa volta sì, senza giri di parole dettati dalla propaganda, è David Barnea, ossia il capo del Mossad, e a riportarlo è una nota ufficiale dell’ufficio stampa del premier israeliano Benjamin Netanyahu. Insomma, sulla veridicità non ci sono dubbi. «Ci impegniamo e ci impegneremo a continuare ad agire con decisione per prevenire una futura minaccia iraniana».
Parole chiarissime, che anche in Libano vogliono dire una cosa soltanto: «L’operazione cercapersone», ribadisce non a caso Barnea, «ha innescato tutto ciò che è successo in seguito». E il seguito è che Hezbollah è assai più limitata di quanto non lo fosse un paio di anni fa.

 

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