Riprendiamo l'articolo di Giulio Meotti, dalla sua newsletter, dal titolo: "Nell’Occidente sull’orlo del baratro c’è una strana brama di morte e sottomissione".
Giulio Meotti
“Sull’orlo del baratro, una civiltà rimescola ogni cosa, organizza un recycling dei valori”, scriveva il grande romanziere ungherese Sándor Márai ne L’ultimo dono, i diari dell’esilio americano.
“Perché sei andato in Israele?”, ha chiesto il giudice algerino a Boualem Sansal, come se si trattasse di un crimine. “Sono uno scrittore ed era una fiera del libro”, ha ribattuto Sansal. Il riferimento è alla sua scandalosa partecipazione nel 2012 al Festival della letteratura di Gerusalemme, quando il romanziere divenne “l’amico dei sionisti”, il “traditore”, perdendo un premio importante degli ambasciatori arabi e guadagnandosi un posto nella lista nera di Hamas. “Perché non scrivi di qualcos’altro?”, ha continuato il giudice, facendo sembrare l’udienza una barzelletta. “Non ha il diritto di giudicare i miei libri”, la replica dell’autore di 2084 e Vivere (Neri Pozza).
Sansal, il grande romanziere tradotto in oltre venti lingue, senza la grazia della dittatura algerina a 76 anni è destinato a morire in prigione, dopo che oggi è stato nuovamente condannato a cinque anni.
Nessuna democrazia europea è accorsa in suo aiuto.
Intanto questa è la prigione di Sansal. La racconta Le Point.
“Nove metri quadrati è la dimensione della cella di Sansal nel famigerato carcere di Koléa. Un letto, un bagno turco, un lucernario che lascia intravedere uno scorcio di cielo e una lampadina sempre accesa. In quel carcere algerino, i prigionieri non hanno nomi. Sono solo numeri di matricola. Costruito da un’azienda cinese a forma di pentagono, Koléa sorge in mezzo al deserto algerino. Per evitare qualsiasi rischio di suicidio, cinture e lacci delle scarpe sono vietati. Ogni detenuto riceve due coperte per tutto l’anno, una tazza, un cucchiaio e una gavetta, tutte di plastica. Un prigioniero recalcitrante può essere portato in una cella per essere picchiato con un bastone, ma le sue grida non penetrano le pareti insonorizzate. Tutti hanno diritto a quello che viene chiamato ‘El Qola’, un sedativo che aiuta a combattere depressione e tendenze suicide. E questo carcere è un acceleratore spietato dell’invecchiamento. La chiamano ‘sindrome di Maria Antonietta’, la regina di Francia i cui capelli, secondo la leggenda, diventarono bianchi durante la notte nella Conciergerie prima di salire sul patibolo”.
E il mondo europeo della cultura e della sinistra, come al tempo del Gulag, tace sulla sorte dello scrittore finito in un carcere di massima sicurezza solo perché è un uomo libero. L’unica notizia di rilievo in questi mesi è stato il Premio Cino Del Duca assegnato a Sansa in galera.
Intanto un vignettista veniva arrestato in Turchia.
È accusato di aver disegnato Maometto. Di essere, come Sansal, un “islamofobo”. Al grido di “Allahu Akbar”, i manifestanti hanno vandalizzato i caffè del Leman Kültür, che associano al quotidiano Leman su cui sono state pubblicate le vignette e uno degli ultimi baluardi della laicità in una Turchia dove la diffusione dell'Islam politico è inarrestabile. Il caporedattore della rivista, Tuncay Agkun, attualmente all'estero, è oggetto di un mandato di arresto.
Le stesse scene le abbiamo viste a Parigi nel 2015: “Abbiamo ucciso Charlie Hebdo, abbiamo vendicato Maometto”.
Dov’è la coscienza “buona” dell’Occidente?
A Glastonbury, Inghilterra, che sembra più Teheran.
Da Glastonbury, la BBC trasmetteva il Festival della musica più famoso del Regno Unito (un tempo patria di hippy e antinuclearisti e oggi di Greta e dei filo jihadisti), dove si è gridato slogan per la morte degli ebrei. Il rabbino capo del Regno Unito Ephraim Mirvis ha parlato di “un momento di vergogna nazionale”.
La folla in un delirio stile Norimberga, come un branco pavloviano, ha fatto eco alla colonna sonora della fine dell’Occidente.
Ha ragione Rod Dreher: “Nessuno ha votato per essere rimpiazzato”.
Rivolgendosi ai politici conservatori britannici, il gruppo ha continuato: “Ho sentito che volete indietro il vostro Paese, oh, state zitti”. Proprio queste affermazioni rivelano la mentalità che tipicamente accompagna il sentimento anti-israeliano di sinistra: queste sono le stesse forze che vogliono trasformare l'Europa in un habitat islamico e sradicare l'identità nazionale dei popoli europei.
Stiamo diventando come il Sud Africa, dove i neri urlano ai comizi: “Sparate per uccidere, uccidete il boero, prrr phaa, prrr phaa”. Il boero è l’uomo bianco.
“Non sono ebrea, sono cristiana, il che significa che in questo momento non ho la preoccupazione immediata che i miei figli vengano molestati o che il mio luogo di culto venga profanato (nella maggior parte dell'Occidente, come accade)” scrive Ayaan Hirsi Ali sul festival. “Ma non ho dubbi che se questa ideologia si diffonde, verranno a prenderci. Non si conclude con Israele. Israele è solo il pretesto. Il premio è più ampio”.
Uno dei gruppi musicali presenti al festival di Glastonbury sono i Kneecap, che hanno urlato: “L'unico Conservatore buono è un Conservatore morto. Uccidi il tuo parlamentare locale”.
Ehm, è successo anche questo.
15 ottobre 2021, Chiesa metodista di Belfairs, Inghilterra. Una delle sedi abituali del parlamentare Tory David Amess per incontrare l'elettorato. Era fuori dalla chiesa a chiacchierare con gli elettori e salutare i passanti. Un cartello all'ingresso proclamava: “Tutti sono i benvenuti qui”. Quando Amess è entrato, gli elettori erano già dentro ad aspettarlo. C’era anche il terrorista inglese di origine somala adesso in custodia della polizia. Si è avvicinato ad Amess e lo ha pugnalato 17 volte, uccidendolo. David Amess era uno dei parlamentari più longevi dei Tory, eletto per la prima volta sotto Margaret Thatcher nel 1983 (era il suo “uomo nell’Essex”), cattolico devoto, padre di cinque figli, euroscettico, pro-life, membro dei Conservative Friends for Israel.
Ieri intanto, in America, moriva una delle donne ebree a cui un energumeno islamista gridando “Free Palestine” ha tirato le bombe molotov.
Michel Onfray ha detto una cosa che fa riflettere: “Israele sopravviverà, l’Europa muore”.
E ha ragione, Onfray, a vedere quello che è appena successo a Glastonbury, dove decine di migliaia di giovani – i giovani più cool e alla moda, amanti della pace, dell'amore, della natura e della fratellanza umana – hanno gridato a favore dell'assassinio degli ebrei sotto una foresta di bandiere che trasmettono un messaggio simile alla svastica nazista.
E allora ho ripensato a Ruth Peretz, una ragazza israeliana di sedici anni, disabile, che amava la musica e che partecipava a un altro festival della musica, il Nova. Il 7 ottobre, i 6.000 terroristi e civili arrivati da Gaza l’hanno uccisa, assieme al padre.
E visto che le grandi questioni del nostro tempo sono “binarie” ora bisogna scegliere da quale parte stare: se con l’anziano scrittore “islamofobo” vittima di un crimine di stato o con i pallidi scrittori bianco benpensanti, se con Israele o con la folla “umanitaria” aizzata dall’orrido rapper nero coi rasta, se con i giornalisti liberi o con i dittatori islamici che li arrestano e uccidono, se con i parlamentari che difendono l’Occidente o coi gruppi musicali che ne cantano la morte.
La storia non ha mai mostrato alcuna pietà verso le civiltà che odiano se stesse. Quindi alziamo la testa.
È sempre binario quando sei sull’orlo del baratro: civiltà o barbarie.
La newsletter di Giulio Meotti è uno spazio vivo curato ogni giorno da un giornalista che, in solitaria, prova a raccontarci cosa sia diventato e dove stia andando il nostro Occidente. Uno spazio unico dove tenere in allenamento lo spirito critico e garantire diritto di cittadinanza a informazioni “vietate” ai lettori italiani (per codardia e paura editoriale).
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