Ipocrisia sinistra
Commento di Daniele Capezzone
Testata: Libero
Data: 02/07/2025
Pagina: 1/10
Autore: Daniele Capezzone
Titolo: Ipocrisia progressista: la madrina anti-bullismo, di notte fa la bulla sui social network

Riprendiamo da LIBERO di oggi 02/07/2025, a pag. 1/10, con il titolo "Ipocrisia progressista: la madrina anti-bullismo, di notte fa la bulla sui social network", l'editoriale di Daniele Capezzone. 

Confessioni di un liberale. Daniele Capezzone al Caffè della Versiliana  Giovedì 14 luglio, ore 18:30 - Versiliana Festival
Daniele Capezzone

Alessandra Durante, assessore a Lecco, si dimette dopo che è stata scoperta a bullizzare un cittadino coperta dall'anonimato. E sì che era lei a proporre un nuovo "patto educativo digitale" contro il cyberbullismo.

Figurarsi, a maggior ragione con il caldo che fa, se qui ci mettiamo a lapidare l’assessore Alessandra Durante, di giorno gran madrina di fantomatici “patti educativi digitali” (mica pizza e fichi...) e di sera scatenata odiatrice social (ben nascosta sotto un cappuccio denominato “membro anonimo 582”).
Dalle nostre parti, qua a Libero, può a volte sfuggirci il senso della misura, ma mai quello dell’umorismo. E quindi l’idea dell’assessore della giunta progressista di Lecco che di mattina ammorba tutti con le prediche contro il cyberbullismo e di notte si fa lei stessa super-bulla è talmente divertente da farci quasi rimpiangere il fatto che la sventurata abbia presentato le dimissioni.
Anzi, in omaggio ai riti di autoflagellazione politicamente corretti, la Durante, prim’ancora delle dimissioni (poi congelate dal sindaco), ha recitato le sue pubbliche scuse sui social. E dove, se no? E quindi eccole lì le sue storie su Instagram per battersi il petto, per scandire le giaculatorie di espiazione, per la cerimonia fantozziana della crocifissione in sala mensa. Ecco: questa parte qui, il terzo atto del “dolore dei peccati”, ci pare noiosa tanto quanto il primo atto, quello dei predicozzi e delle preghierine preventive sulla protezione dei giovani e sulla sicurezza sui social. Tutto falso, ci perdoni l’assessore: un appiccicoso omaggio all’ipocrisia, a ciò che “va detto” per essere ammessi nelle conferenze progressiste. Quasi quasi - paradossi delle cadute e delle figure barbine- era preferibile la bruttura del secondo atto, quello della maleducazione sincera (benché anonima), autentica (benché incappucciata), verace (benché travestita).
Scherzi a parte, questa storia ci racconta almeno quattro cose. La prima i lettori di questo giornale la sanno bene: quando i progressisti parlano, tendenzialmente non bisogna credergli. Meglio verificare come agiscano davvero. Meglio esaminare la “pratica” anziché farsi incantare dalla “predica”.
La seconda (ahi) è la tendenza di certi potenti a insultare dall’alto verso il basso. Eh sì, perché l’assessore aveva scagliato i suoi insulti contro un cittadino “colpevole” di aver segnalato alcune piastrelle mal posizionate. Ecco: almeno l’hater tradizionale, l’odiatore semplice, si sfoga dal basso verso l’alto. Qui siamo invece al “lei non sa chi sono io” in versione digitale. E “lei non lo sa” due volte: sia perché il potente si permette il lusso di maltrattare un elettore, sia perché si protegge dietro il velo dell’anonimato. La terza è che siamo in piena “likecrazia”, e cioè in un mondo totalmente dominato dalla dimensione social. Al punto che un assessore - anziché “fare” - si preoccupa di “dire” o “contraddire” sui social chi osi porre una questione o avanzare un’obiezione.
La quarta e ultima morale della favola è la più deprimente: fatevi quattro risate la prossima volta che un dem a caso parlerà di “trasparenza” o- peggio mi sento - di “accountability”, cioè la parola inglese con cui si indica il fatto che chi occupa una posizione di potere debba risponderne ai cittadini. Rispondere? Sì, a male parole e con il volto coperto da una maschera digitale.

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