Riprendiamo da LIBERO di oggi, 02/07/2025, a pag. 1/2 la cronaca di Fausto Carioti dal titolo “La legge della giungla”.
Fausto Carioti
Un ventisettenne straniero che mette in rete un video nel quale, ridendo, fa battute allusive e minacciose su una bambina di otto anni, è pericoloso? Per la giustizia italiana no, e dunque non merita l’espulsione chiesta dal governo. E su questa risposta corre l’abisso che separa certi magistrati dal sentire comune. Poi, succede che la bambina sia la figlia di Giorgia Meloni e che il magistrato in questione sia Silvia Albano, presidente di Magistratura democratica, la corrente rossa delle toghe, e giudice della sezione Immigrazione del Tribunale di Roma. Lo stesso magistrato che più volte ha polemizzato con la premier e si è rifiutato di convalidare i trattenimenti degli immigrati in Albania, da lei bollati come «deportazioni».
Il nome di Ibii Ngwang può dire nulla, ma la vicenda che lo vede protagonista è nota. È il calciatore camerunense classe 1998 che, assieme a un connazionale, ha registrato un video davanti alla questura di Macerata, pubblicato il giorno di Pasqua sui social network. Con felpa, occhiali da sole e arie da bullo, indicava un’automobile della Polizia e sfidava lo Stato italiano: «Salvini, questa macchina la vendo a cinquanta centesimi». E poi, rivolgendosi alla premier: «Melo’, ho saputo che hai una bella figlia. Io sono negro, bello figo, con mio fratello bello figo. Mangiamo gratis, dormiamo gratis, non paghiamo l’affitto e poi scop...», e qui si interrompe, fingendo di tossire, «le ragazze italiane».
Quel video ha fatto in pochi giorni il giro d’Italia e la società della provincia di Macerata in cui gioca l’uomo, la Cluentina Calcio, ha annunciato la rescissione immediata del suo contratto. Lui e il suo amico che lo riprendeva con il cellulare, un uomo di 24 anni che ha presentato domanda d’asilo, sono stati denunciati per vilipendio. Al che, l’atteggiamento di Ngwang è subito cambiato. Ha divulgato un messaggio di scuse: «Non volevo offendere l’Italia e gli italiani che mi hanno accolto con solidarietà e amicizia, né il ministro Salvini e la presidente Meloni, né la Polizia», si è detto «profondamente rammaricato» eccetera.
Questo non è bastato a impedire che il questore di Macerata proponesse di allontanarlo dal territorio nazionale e che Matteo Piantedosi, il 5 maggio, disponesse il decreto di allontanamento. Il ministro dell’Interno spiegava che le frasi di Ngwang rivelavano un «atteggiamento indegno e spregevole da parte del cittadino camerunense verso i minori e il genere femminile», «un irrispettoso scherno alla società civile italiana che, di fatto, gli consentirebbe di vivere sul territorio nazionale senza doveri né oneri» e «una totale mancanza di rispetto verso l’istituzione della Polizia di Stato». La sua permanenza in Italia è quindi ritenuta incompatibile con la «civile e sicura convivenza». Il questore firmava poi il decreto di revoca della Carta di soggiorno e il decreto di accompagnamento alla frontiera. L’uomo stava per essere cacciato dall’Italia.
È a questo punto che entra in scena la magistratura. Il 7 maggio il giudice Alessandra Filoni, della sezione Immigrazione del Tribunale di Ancona, si è rifiutata di convalidare il decreto di accompagnamento di Ngwang. Il comportamento dell’uomo, spiegava, «non è di per sé sufficiente a configurare una condizione d’incompatibilità con la civile e sicura convivenza, né idoneo a giustificare un’esecuzione immediata e coattiva del provvedimento di allontanamento». A favore del camerunense, citava il fatto che «si è più volte scusato per le dichiarazioni rese, che non intendeva come offensive».
Il questore ha proposto ricorso in Cassazione, che deve ancora essere presentato. Intanto, però, la pratica è finita sul tavolo di Silvia Albano, in seguito al ricorso presentato dagli avvocati di Ngwang contro il decreto di allontanamento disposto da Piantedosi. E l’11 giugno il magistrato capitolino non ha solo sospeso la procedura d’espulsione fino all’udienza, fissata da lei per il 23 dicembre (ci sarà qualcuno in tribunale l’antivigilia di Natale?), ma ha fatto molto di più. Nella stessa decisione ha già scritto quella che, di fatto, è l’assoluzione di Ngwang.
Spiega infatti che esistono «gravi motivi» per accogliere l’istanza di sospensione del provvedimento, giacché «non può evincersi che lo straniero, figlio di cittadino italiano, abbia tenuto comportamenti che costituiscono una minaccia concreta effettiva e sufficientemente grave ai diritti fondamentali della persona o all’incolumità pubblica». Anche lei sottolinea che l’uomo «ha chiesto pubblicamente scusa». E conclude avvertendo che bisogna tenere conto che Ngwang «è residente regolarmente in Italia da quando era minorenne, convive con il padre cittadino italiano, non risulta avere alcun tipo di precedente penale ed è giocatore di calcio professionista, ricevendo una regolare retribuzione». In realtà, come visto, il club per cui gioca lo ha licenziato.
Con queste premesse la sentenza di dicembre, o quando sarà, pare già scritta. Anche perché è verosimile che sia la stessa Albano, che si è espressa sull’istanza cautelare e ha fissato l’udienza, a decidere sul merito del ricorso. Incassata la sconfitta, al Viminale non resterà che adire la Corte di Cassazione. La stessa il cui ufficio studi produce quel Massimario che da qualche tempo si impegna a smontare i decreti del governo di centrodestra e assomiglia ormai alla rivista MicroMega degli anni ruggenti.
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