Davide e Golia
Commento di Michelle Mazel
(Traduzione di Yehudit Weisz)
https://www.dreuz.info/2025/06/david-et-goliath-316673.html
È un momento decisivo nella storia della Bibbia, un simbolo potente: lo scontro tra il gigante Golia – alto quasi tre metri! – che indossa una pesante cotta di maglia metallica e che impugna una lancia di sette chili, e Davide, un giovane pastore della tribù di Giuda, armato di una semplice fionda. Basterà una sola pietra per abbattere il gigante.
Abbiamo appena vissuto un altro momento decisivo nella storia moderna di Israele. La “Guerra dei Dodici Giorni” ha contrapposto l'Iran a Israele che aveva giurato di distruggere. Da una parte, un vasto Paese con una superficie di 1.648.195 km² e una popolazione stimata di 82.801.633 abitanti; dall'altra, un territorio di poco più di 22.000 km² con una popolazione stimata di dieci milioni di abitanti. Questo è un aspetto del confronto che non ha attirato l'attenzione dei commentatori. Eppure, ancora una volta, nonostante l'evidente squilibrio tra i due avversari, il fulmineo attacco a sorpresa di Israele ha permesso a quest'ultimo di imporre il proprio dominio.
Chi ricorda che, contemporaneamente, combatteva su altri sei fronti? Gaza, ovviamente, ma anche il Libano, dove Hezbollah sta cercando di ricostruirsi; la Siria; il terrorismo in Cisgiordania; gli Houthi in Yemen e le milizie sciite in Iraq. Purtroppo non è la prima volta che lo Stato ebraico si trova a dover combattere contro molteplici avversari. Immediatamente dopo la Dichiarazione d'Indipendenza di Israele, gli eserciti di Egitto, Transgiordania, Iraq, Siria, Libano, Arabia Saudita e Yemen del Nord hanno invaso il giovane Stato, che alla fine è riuscito a cacciarli. Nella Guerra dei Sei Giorni, innescata dal blocco dello Stretto di Tiran – un casus belli nel Diritto internazionale – e dall'ordine di Nasser alle forze di mantenimento dell'ordine delle Nazioni Unite di lasciare il Sinai, dove erano di stanza dal 1957, Israele affrontò Egitto, Siria, Giordania, Iraq e persino una limitata partecipazione del Libano. Fu l'occasione per una clamorosa vittoria. La guerra dello Yom Kippur, iniziata in modo catastrofico perché l'elemento sorpresa aveva giocato a sfavore di Israele, vide questo Paese combattere contro Egitto e Siria, i cui eserciti erano rinforzati da grandi contingenti arabi. Contro ogni previsione, le Forze di Difesa Israeliane riuscirono a ribaltare la situazione e ad assicurarsi la vittoria. Una vittoria che aprì la strada a trattati di pace, prima con l'Egitto, poi con la Giordania. Una pace che ha resistito alle turbolenze regionali. E nel 2020, sotto la guida del Presidente degli Stati Uniti Trump, si è estesa agli Emirati Arabi Uniti e al Bahrein.
Oggi, quando lo Stato ebraico ha appena mostrato al mondo di cosa è capace, affrontando da solo l'impero degli ayatollah il cui programma minacciava l'intero Medio Oriente, non possiamo forse cominciare a sperare? Non è forse giunto il momento di accettare compromessi per fare degli Accordi di Abramo ampliati la pietra angolare di un'era di pace e stabilità per il benessere di tutti i popoli della regione?
Michelle Mazel