Riprendiamo da LIBERO di oggi, 30/06/2025, pag. 4, con il titolo "Al GayPride slogan pro-Pal. Ma nella Gaza di Hamas gli omosessuali vengono torturati a morte", la cronaca di Carlo Nicolato.
Carlo Nicolato
C’è un rapporto dell’UnWatch datato 2022, quindi risalente a prima del 7 ottobre, che certifica con un’accurata documentazione ciò che è noto più a meno a tutti, cioè che Gaza e più in generale tutti i territori sotto il controllo dell’Autorità Nazionale Palestinese e di Hamas sono tra i peggiori posti per un omosessuale dove vivere. L’organizzazione indipendente con sede a Ginevra parla di «gravi persecuzioni e ostracismo», di «torture strazianti» di tentativi spesso riusciti di costringerli a denunciare altri, di matrimoni forzati, minacce di morte e suicidi.
Eppure, come si è ampiamente dimostrato in questi giorni, non esiste gay pride dove non venga sventaolata la bandiera palestinese o anche inneggiata la solita litania antisemita «dal fiume al mare». In questo fine settimana di bandiere arcobaleno è stato perfino tracciato una sorta di triangolo “resistenziale” tra Bologna, Budapest e Gaza in nome, così è stato definito, di uno «spirito insurrezionale e intersezionale».
Forse difettiamo di sufficiente conoscenza in fatto di militanza LGBTQ+ ma l’intersezione di quel mondo con quello di Gaza ci sembra solo una drammatica conferma dell’oscurantismo omofobico imposto da Hamas. Alcuni video di migliaia di ore recuperati dalle forze di difesa israeliane, le Idf contro cui i partecipanti al festival di Glastonbury di sabato scorso hanno invocato la morte, documentano le terribili torture alle quali vengono sottoposti i civili omosessuali, gli adulteri e quelli che vengono accusati di tradimento. Prigionieri incatenati al pavimento o al soffitto, con un sacco sopra la testa e che si contorcono in agonia e vengono picchiati con bastoni sulla pianta dei piedi. Altri a cui viene sciolta la plastica sulla pelle o ai quali vengono collegati cavi elettrici sul corpo. Altri documenti provano l’esecuzione da parte di Hamas di 94 membri interni tra il 2012 e il 2019, accusati di violazione della moralità, imputazione generica nella quale rientra il più delle volte la «condotta omosessuale» e la sodomia. Nota è la vicenda di Mahmoud Ishtiwi, ex comandante del battaglione Zeitoun di Hamas, frustato per 1200 ore e finito con quattro colpi di pistola al petto con l’accusa di essere omosessuale, di avere una relazione con il vicino di casa e forse di essere anche una spia di Israele.
Se ancora non si fosse capito a Gaza l’omosessualità in tutte le sue forme è illegale e anche se in teoria non rientra nei 77 crimini puniti con la pena capitale dalla legge locale, la tortura ed eventualmente la morte sono punizioni correnti. Molto spesso non sono nemmeno le autorità ad occuparsene, ma la famiglia stessa che per evitare l’onta pubblica sbriga la faccenda nel migliore dei casi costringendo l'interessato a un matrimonio riparativo, nei peggiori facendolo sparire.
I più sono costretti a riparare all’estero, almeno 2mila (dati ufficiali) sono i gay di Gaza rifugiati in Israele. Uno studio del 2019, commissionato dalla BBC News Arabic e condotto dall’Arab Barometer research network, ha rilevato che in Cisgiordania solo il 5% della popolazione accetta le relazioni tra persone dello stesso sesso.
A Gaza non è nemmeno stato possibile effettuare il sondaggio perché Hamas non lo ha permesso. «Tutti hanno paura di tutti. Alcuni sono stati puniti, altri sono stati uccisi. Altri si sono suicidati», ha riferito testimone di Gaza, anche lui omosessuale, all’Un Watch. «Mi hanno arrestato, mi hanno appeso al soffitto, mi hanno picchiato e mi hanno interrogato per cinque giorni», ha detto un altro palestinese gay che ora vive in esilio in Turchia. In Iran è ufficialmente perfino peggio, nel Paese degli ayatollah la pena prevista per la “sodomia” è la morte e le esecuzioni non sono affatto rare. L’ultima di cui l’Occidente è venuto a conoscenza risale al settembre del 2022 e riguarda due ragazze attiviste della comunità LGBTQ+, ma ogni anno centinaia di persone vengono mandate al patibolo in tutto il Paese e le accuse che le riguardano spesso non vengono nemmeno ufficializzate. Numeri esatti non esistono, ma si calcola che dalla rivoluzione islamica del 1979 l’Iran possa aver giustiziato dai 4mila ai 6mila omosessuali. «La nostra società ha principi morali. Questo significa che la legge viene rispettata e obbedita» disse nel 2019 l’allora ministro degli Esteri iraniano Mohammed Javad Zarif.
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