Valditara: giovani immaturi, serve una rivoluzione culturale
Intervista di Lorenzo Mottola
Testata: Libero
Data: 30/06/2025
Pagina: 1/13
Autore: Lorenzo Mottola
Titolo: «Giovani immaturi, serve una rivoluzione culturale»

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 30/06/2025, a pag. 1/13 con il titolo "Giovani immaturi, serve una rivoluzione culturale", l'intervista di Lorenzo Mottola a Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione.

lorenzo mottola | Libero Quotidiano
Lorenzo Mottola

Giuseppe Valditara, ministro dell'Istruzione

Una rivoluzione culturale che cancelli dalle istituzioni scolastiche – e quindi dalla società - il lascito del ’68. È questa la campagna di Giuseppe Valditara, ministro dell’istruzione leghista spesso contestato da sinistra per le sue campagne, dal bando sugli smartphone in classe al ritorno al latino e al corsivo fino alla battaglia per vietare agli adolescenti i social network.

Ministro partiamo da uno degli incubi dei genitori: la sua settimana si è chiusa con la presentazione del rapporto sul bullismo. Le cose vanno meglio?
«Parto da un dato: da settembre 2024 in attuazione delle nuove Linee guida sull’educazione civica circa il 90% delle scuole italiane ha avviato percorsi di educazione al rispetto e per la valorizzazione di condotte interpersonali sane e corrette, con particolare riguardo al rispetto delle donne. E in quasi il 70% dei casi i docenti hanno notato un miglioramento dei comportamenti degli studenti. Dati che smentiscono quanti da sinistra hanno criticato questo governo».
Immagino che il riferimento sia a chi chiede l’intervento dello Stato contro i femminicidi, partendo ovviamente dall’educazione nelle classi.
«Certo. Noi lo abbiamo già fatto e vi sono i primi risultati, loro parlano ma non hanno fatto nulla quando hanno governato».
L’Esame di Stato tornerà a chiamarsi maturità.

Perché?
«Perché è importante rimettere al centro il concetto di maturità abolito 25 anni fa dalla sinistra. Secondo rilevazioni demoscopiche il lavoro non è fra le priorità dei giovani, il numero dei Neet è in continua crescita, molti giovani danno l’impressione di avere già tutto, perdono il loro tempo sui social dedicandovi ore e ore, staccandosi dalla realtà. Una società “socialista“, troppo protettiva, genitori che si mettono sullo stesso livello dei figli, che li viziano, li proteggono, genitori “adultescenti“, come li ha definiti il dizionario Zingarelli, una società che non prepara alle sfide, che non stimola al rischio, che non educa ad affrontare le proprie responsabilità e anche gli insuccessi, perché li nega alle radici. In questo contesto non si matura, non si cresce, non ci si responsabilizza, la società fa fatica a “correre“, è una società statica, non proiettata verso il futuro».

La colpa è dunque anche dei genitori?
«È certamente preoccupante che di fronte a figli che distruggono arredi scolastici, cioè beni pubblici, vi siano genitori che contestano le sanzioni scolastiche, oppure che di fronte a un brutto voto si comportano come i sindacalisti dei propri figli. Il problema sono tuttavia innanzitutto i modelli culturali che ci hanno propinato in questi ultimi 50 anni».

Serve una rivoluzione culturale, insomma?
«Sì, perché esiste una cultura diffusa che minimizza concetti come quello di responsabilità individuale, che ha delegittimato l’autorità, che ha esaltato solo i diritti trascurando del tutto i doveri. È un lascito di quel ’68, di quel ’77, della cultura dell’ “erba voglio”. Guai a parlare di doveri, guai a parlare di fatica, di merito e di assunzione di responsabilità. Perché c’è chi ritiene che la colpa sia sempre della società. È quel modo di ragionare che risale alla sociologia marxista e radicale che individuava la responsabilità della devianza nei mali del capitalismo, del mercato e della società borghese, cancellando la responsabilità individuale».
Quindi, colpa dell’ideologia e di chi la sostiene.
«Basta vedere l’ostilità con cui le norme sulla condotta sono state accolte. C’è chi ha parlato di repressione, di fascismo. E questo perché c’è chi confonde i concetti di responsabilità e di autorità con l’autoritarismo.
Mentre invece noi ci siamo mossi per contrastare comportamenti che non possono essere tollerati. Un esempio che mi è stato raccontato: una ragazza si mette ad ascoltare musica con il cellulare in classe. L’insegnante le chiede: «Per favore, spegni». La risposta è stata: «Io non riconosco la tua autorità». L’insegnante si è rivolta alla preside, che le ha risposto: «Faccia quello che può».
È la stessa situazione che abbiamo letto sui giornali di quel ragazzo che ha risposto al docente «ma tu chi sei per dire a me quel che devo fare» e che di fronte alle rimostranze dell’insegnante lo ha preso a pugni».

Anche la lotta contro lo stampatello fa parte di questa battaglia culturale?
«Lo stampatello nel linguaggio social indica chi urla, il corsivo presuppone cura, attenzione, riflessione, è il contrario della sciatteria.
Ma si pensi ancora, per esempio, a quella impostazione pedagogica che ha sottovalutato le regole grammaticali per prediligere lo spontaneismo espressivo».
Ovvero del Sessantotto.
«Lì siamo arrivati al terrore della regola, del divieto, del “no”. Gli stessi psicologi non a caso sottolineano come l’aumento dei femminicidi fra i giovani sia conseguenza anche della incapacità dei giovani di accettare un no. È il frutto di quella filosofia del “vietato vietare”, che si scaglia contro i divieti, considerati espressione di autoritarismo, di fascismo».
Sono cambiati anche i metodi di comunicazione, a partire dai social, altro punto centrale tra le campagne del suo ministero.
«I dati ci dicono che un abuso degli smartphone porta a un aumento dell’aggressività. E i social sono il luogo dell’ego ipertrofico, dell’emulazione e della mancanza di riflessione. Leggere un libro di carta induce a una maggiore riflessione intellettuale, come insegnano gli esperti, stimola maggiori aree cerebrali».

Ha dichiarato che auspica il divieto dei social ai minori di 15 anni. Molto interessante, ma tecnicamente è fattibile?
«In alcuni Paesi lo stanno già facendo, in Australia per esempio, in Francia si avviano in questa direzione».
Insomma rispondere alla “grande sfida dell’intelligenza artificiale” e progettare “stili di vita sani, giusti e sicuri”, come recita l’appello del Papa ai politici della scorsa settimana.
Mi diceva di essere rimasto molto colpito dal suo discorso.
«Ha citato il De Re Publica di Cicerone e il diritto naturale. È un’affermazione importante, che rivaluta il pensiero di Benedetto XVI contro il relativismo. Il Papa, attraverso Cicerone, ha sottolineato l’esistenza di alcune norme che vanno oltre il diritto positivo e che sono comuni a tutti i popoli in tutte le epoche storiche, ha rivendicato la contrapposizione tra bene e male che è stata negata dal relativismo. È una autentica rivoluzione rispetto ad un certo pensiero dominante».
Parliamo del caso del manuale di storia Laterza.
Di fronte alle critiche al passaggio sulla formazione del governo di Giorgia Meloni - definito di ultradestra, sostenuto da una base dichiaratamente fascista e autore di misure liberticide - l’editore ha parlato di «censura e violazione della Costituzione».

Che ne pensa?
«Correttamente il codice di autoregolamentazione scritto dall’Aie, prevede che l’editore debba verificare che i contenuti dei manuali scolastici siano sempre improntati al rispetto della pluralità delle idee e non comportino discriminazioni di opinioni politiche. L’editore deve impegnarsi inoltre a valutare la correttezza e la veridicità delle fonti e dei dati utilizzati dall’autore. Il codice prevede che l’Aie possa irrogare sanzioni nel caso di inosservanza ditali prescrizioni. Questo perché nella scuola democratica non si deve fare indottrinamento, né propaganda politica. Chi non comprende questi elementi fondamentali della scuola “costituzionale” ha in mente modelli totalitari di istruzione, proprio quelli che hanno caratterizzato i regimi comunisti e fascisti del Novecento».

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