Riprendiamo dal FOGLIO di oggi, 17/06/2025, a pag. 1/I, con il titolo "Israele colpisce la televisione di stato. L’Iran vuole negoziare", l'analisi di Micol Flammini.
“Il medio oriente sta cambiando faccia – dice Ksenia Svetlova, ex deputata israeliana e analista di Chatham House – e in questa faccia non c’è posto per i connotati russi”. La prima sconfitta di Mosca in medio oriente è stata la Siria, quando lo scorso anno, in cinque giorni, Abu Muhammad al Julani, oggi Ahmed al Sharaa, con i suoi uomini del gruppo militare Hayat Tahrir al Sham, ha iniziato un’offensiva dalla provincia di Idlib per cacciare il regime assadista. Il regime è crollato, si è liquefatto e i suoi alleati, Iran e Russia, non hanno potuto salvarlo e neppure ci hanno provato. Mosca si è limitata a dare rifugio al dittatore Bashar el Assad e alla sua famiglia, poi si è soltanto preoccupata di negoziare con il nuovo potere il mantenimento delle sue basi in Siria. “Il Cremlino neppure ha tentato di tenere in piedi Assad, non ha voluto distrarsi dalla sua guerra in Ucraina. In medio oriente si è notato”, dice Svetlova. In Siria l’Iran non è intervenuto perché Israele aveva depennato leader dopo leader, arsenale dopo arsenale, tutto il potere militare di Hezbollah, il gruppo sciita libanese a cui Teheran aveva affidato la protezione del regime assadista. Hezbollah ancora esiste, ma la guerra contro Israele ha nullificato le sue capacità di azione, aprendo ad al Sharaa una possibilità ulteriore per la sua offensiva.
I rapporti fra Russia e Iran sono molto stretti, sanciti da un trattato firmato dai presidenti dei due paesi per la mutua assistenza militare e il sostegno economico di Mosca nei confronti di Teheran. “La Repubblica islamica è un alleato critico per Mosca sul campo di battaglia in Ucraina, difficile trovarne uno tanto manifesto. Ha mandato droni, i russi ormai li producono in casa, ma hanno imparato come farlo dagli iraniani”, dice Svetlova. Non soltanto la Russia sta mostrando che in medio oriente non ha capacità di azione, che non può fare altro che guardare, ma sta lanciando un segnale ai suoi alleati. Oltre all’Iran, anche la Corea del nord ha un accordo con Mosca, una partnership strategica, con meno punti stringenti rispetto a quella firmata con Teheran, ma comunque indice di un’alleanza. Pyongyang ha mandato i suoi uomini a combattere nella regione russa di Kursk per respingere l’avanzata degli ucraini. I soldati nordcoreani nelle prime settimane sono stati usati come carne da macello e il loro invio rispondeva a un calcolo specifico da parte del dittatore Kim Jong Un: voleva che imparassero come si combatte una guerra. Le alleanze tra Mosca, Iran e Corea del nord sono una questione di calcolo, ma gli amici del Cremlino dal medio al lontano oriente stanno imparando una lezione: “La Russia non è in grado di dare assistenza e non è interessata. Guarda e non interviene. Pensa piuttosto a come trarre vantaggio, come poter influenzare”. Mosca ha dato a Teheran gli S-300, un sistema di contraerea a lungo raggio che però Israele è riuscito a neutralizzare nell’attacco dell’ottobre scorso. Nonostante le richieste di Teheran, il Cremlino non ha mandato i caccia Sukhoi Su-35. “Tutti i piani di cooperazione tra Mosca e Iran andranno a rotoli. La collaborazione tra i due paesi è sempre stata caratterizzata da una profonda diffidenza, l’avvicinamento c’è stato con la guerra in Ucraina, la mancanza di fiducia di fondo però rimane. Sono segnali che in medio oriente restano e a tutti è arrivato un messaggio: la Russia non ha intenzione di assistere l’Iran, non darà armi. La lezione vale per ogni alleato”.
A Trump l’intervento di Putin piace, Israele lo trova insensato. “Israele vuole mantenere relazioni decenti con la Russia, ma i rapporti sono cambiati molto dal 7 ottobre. Nonostante tutto, Netanyahu parla con Putin, ma non lo fa pensando di rivolgersi a un alleato. Non c’è fiducia, è realpolitik, tutti hanno chiaro con chi sta la Russia”, dice Svetlova. Il medio oriente sta funzionando come uno specchio del modo di Mosca di comportarsi con gli alleati. Qualsiasi tentativo di Trump di usare il conflitto con l’Iran per mostrare un valore di Putin come mediatore viene smentito dai fatti.
Sa dove si nasconde la Guida suprema Ali Khamenei, secondo Netanyahu la sua uccisione potrebbe mettere fine alla guerra.
Gli iraniani rispondono colpendo anche nelle aree civili, lontane da obiettivi militari, con una scarica di due ondate al giorno dettate più dalla rabbia che dalla strategia. Teheran è sorvegliata dagli aerei israeliani in cielo e dagli occhi del Mossad a terra, il regime ha iniziato una rappresaglia famelica contro possibili collaboratori e agenti ma non sa difendersi né come uscire dalla guerra senza perdere la faccia e il controllo. Secondo diversi resoconti usciti sulla stampa israeliana e americana, l’Iran si è rivolto a mediatori arabi, soprattutto qatarini e omaniti, per contattare gli Stati Uniti e Israele. Per l’Iran è urgente tornare a parlare e mettere fine alla guerra che ha decapitato la leadership militare del regime. Attraverso gli intermediari, l’Iran ha detto agli Stati Uniti che è pronto a tornare al tavolo dei negoziati se gli Stati Uniti non si uniscono al conflitto, a Israele ha riferito che la fine delle ostilità è nell’interesse di entrambi i paesi. L’obiettivo di Israele è disintegrare il programma nucleare iraniano, un piano difficile senza le bombe bunker buster che soltanto gli americani possono fornirgli. Per l’Iran mantenere in piedi
il programma è una garanzia di sopravvivenza del regime. Il presidente americano Donald Trump ha confermato che Teheran vuole negoziare.
Ieri Israele ha colpito la sede della televisione di stato, Seda Sima, Irib in inglese, entrambe le sigle stanno per Organizzazione della Radiotelevisione della Repubblica islamica dell’Iran. Tsahal aveva mandato ai residenti della zona l’avvertimento di spostarsi. La televisione nata per diffondere la propaganda ha continuato a trasmettere durante la guerra per mostrare la versione dei fatti del regime: “l’entità sionista” ci attacca, ma siamo noi che la stiamo distruggendo. Il regime non può spegnere la propaganda, neppure se si trova in una capitale in cui jet israeliani vanno e vengono. Israele ha colpito mentre la televisione trasmetteva: la giornalista stava recitando un comunicato del Consiglio per la sicurezza nazionale iraniano contro Israele. Non ha finito di parlare, è scappata, la trasmissione si è interrotta.
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