Hamas uccide chi soccorre i civili
Analisi di Luca Sablone
Testata: Il Riformista
Data: 13/06/2025
Pagina: 2
Autore: Luca Sablone
Titolo: Hamas uccide i palestinesi che soccorrono i civili. Niente aiuti se non passano dalla mafia terrorista

Riprendiamo dal RIFORMISTA di oggi, 13/06/2025, il commento di Luca Sablone: "Hamas uccide i palestinesi che soccorrono i civili. Niente aiuti se non passano dalla mafia terrorista".

Hamas attacca e uccide i volontari di GHF che portano gli aiuti umanitari a Gaza. Sono notizie ignorate da chi continua a voler accusare Israele di affamare i palestinesi. Quello di Hamas è un vero e proprio racket del cibo, usato per tenere la popolazione di Gaza nella fame e nel terrore.

Non è stato un errore. Non un agguato casuale. Non un incidente di percorso.
Ma una decisione consapevole, annunciata e perpetrata da Hamas con ferocia: uccidere i palestinesi che hanno osato aiutare altri palestinesi ad affrontare la crisi umanitaria di Gaza senza il permesso dei terroristi.
Questo è accaduto la sera dell’11 giugno.
È stato l’atto più esplicito e brutale che si potesse immaginare, ma finanche limpido nella sua dinamica e nel suo significato: i miliziani di Hamas hanno colpito la distribuzione autonoma degli aiuti alla popolazione civile perché è diventata un ostacolo intollerabile al loro potere di propaganda, di autofinanziamento e di controllo mafioso nell’area.
Erano le 22 di mercoledì 11, quando un autobus della Gaza Humanitarian Foundation, con a bordo 20 operatori palestinesi locali, è stato attaccato mentre si dirigeva verso un centro di distribuzione vicino alla zona occidentale di Khan Yunis.
Cinque le vittime accertate dell’agguato, diversi i feriti, mentre alcuni membri dello staff risultano dispersi (potrebbero essere stati rapiti).
La GHF parla apertamente di un attentato deliberato e pianificato, arrivato dopo giorni di minacce.
«Erano persone in missione.
Padri, fratelli, figli e amici, che hanno rischiato la vita per aiutare gli altri.
Il mondo deve vedere le cose per quello che sono: un attacco all’umanità intera», si legge nel comunicato ufficiale della Fondazione.
Non un’azione militare, ma una vera e propria esecuzione rivendicata da Hamas senza esitazioni.
In realtà anche sul canale Gaza Now si parla di 13 «collaboratori dell’occupazione sionista» giustiziati, tra cui presunti mercenari legati a Yasser Abu Shabab (organizzazione estranea alla distribuzione diretta).
Alcuni sarebbero stati uccisi davanti la casa del «leader martire» Yahya Sinwar.
E non finisce qui.
War Zone (canale Telegram pro-Pal) ha rilanciato con toni ancora più espliciti: «La caccia ai collaborazionisti è aperta.
Non ci sarà pietà per i traditori al servizio di Israele».
Il messaggio è chiarissimo: distribuire aiuti senza autorizzazione significa tradimento, e il tradimento si paga con la morte.
Con questo massacro, Hamas ha voluto inviare un segnale inequivocabile all’intera popolazione della Striscia: chi prova ad aiutare i propri fratelli al di fuori del controllo della milizia sarà considerato un nemico.
E verrà giustiziato come tale.
Così Hamas tratta i civili palestinesi che non obbediscono ai suoi ordini.
Ora bisogna solo aspettare per vedere se e come questa notizia verrà riportata dalle più importanti redazioni e dalle agenzie di stampa.
È comunque necessario ricordare - repetita iuvant - che il blocco degli aiuti umanitari da parte dello Stato ebraico è partito dopo le sistematiche razzie dei terroristi che, armi alla mano, salivano su ogni camion entrato nella Striscia di Gaza e ne rubavano il carico.
Filmati a testimonianza sono stati trasmessi da molte emittenti internazionali e sono ancora reperibili in Rete.
Hamas ha depredato milioni di dollari di aiuti internazionali e ha usato la carità del mondo per finanziare la guerra.
Ha trattenuto il materiale che poteva avere uso bellico e rivenduto il resto al mercato nero, con prezzi che solo in pochi potevano pagare.
Per gli altri, fame e avanzi.
Solo la disperata situazione della popolazione civile - ridotta allo stremo da questi continui furti e dalle loro conseguenze - ha convinto Israele e Stati Uniti a riprendere gli aiuti, appaltando il servizio alla Gaza Humanitarian Foundation che, consegnando direttamente alle famiglie, impedisce ai miliziani di impossessarsi di ciò che il mondo sta donando alla popolazione civile.
L’attentato della notte scorsa è un avvertimento macchiato di sangue a coloro che ancora collaborano con la Fondazione americana.
Inutile girarci intorno: il danno più importante ai terroristi è la distribuzione diretta perché, non potendo razziare, non possono autofinanziarsi.
Secondo informative che arrivano dai Servizi segreti occidentali, il blocco e la ripresa controllata degli aiuti impediscono ad Hamas di attuare la sua politica di furti e rapine e, di conseguenza, non riesce - o riesce solo in parte - ad acquistare armi da contrabbandare dal Sinai o dall’Egitto e a pagare gli stipendi.
Questo è il motivo delle minacce ai volontari che aiutano la GHF nella distribuzione, minacce sfociate nel massacro di persone che volevano lavorare per sfamare le loro famiglie, sicuramente provate dai tanti mesi di guerra.
Dichiarare poi che tra le vittime ci fossero mercenari che collaboravano con Yasser Abu Shabab o appartenenti all’Isis, è solo un altro modo per coprire il vero scopo e infangare la memoria delle vittime.

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