Riprendiamo da LIBERO di oggi, 27/05/2025, a pag. 19, con il titolo "Hamas litiga con Witkoff, l’inviato di Trump a Gaza", la cronaca di Amedeo Ardenza.
Non c’è accordo fra il governo israeliano e Hamas sulla proposta per una tregua mediata dall’inviato speciale degli Stati Uniti, Steve Witkoff. Le fonti palestinesi si contraddicono: secondo alcune il gruppo terrorista avrebbe detto di sì mentre altre negano il consenso di Hamas.
Nulla di fatto, in ogni modo, dopo che il governo di Benjamin Netanyahu ha respinto la proposta per un cessate il fuoco di 70 giorni durante i quali sarebbero stati liberati dieci ostaggi (cinque vivi e cinque morti) nell’ennesimo scambio ineguale con centinaia di detenuti palestinesi che sarebbero stai scarcerati. Secondo il Times of Israel anche il Forum dei famigliari degli ostaggi, da sempre favorevole ad accordi per il rilascio dei sequestrati, avrebbe espresso il proprio no ritenendo insufficiente il ritorno di solo cinque dei loro cari.
Diverse le motivazioni del gabinetto di sicurezza impegnato in una nuova offensiva per prendere il controllo della quasi totalità della Striscia di Gaza ed eliminare Hamas. Il fallimento dell’ultimo piano Witkoff non mancherà di irritare il presidente americano Donald Trump per il quale la guerra è un’occasione mancata di fare business e più in generale una forma di disordine nocivo agli interessi degli Stati Uniti. Altri Paesi si uniscono nel frattempo al coro di chi critica Israele. Fra questi spiccava ieri la Germania di Friedrich Merz. «Onestamente, non capisco più cosa stia facendo l’esercito israeliano nella Striscia di Gaza, con quale obiettivo», ha dichiarato il neocancelliere all’emittente tedesca Wdr osservando che i recenti attacchi a Gaza stanno avendo un impatto umanitario sui civili tale da non poter più essere giustificato come lotta al terrorismo. Merz ha annunciato di avere in programma una chiamata con il primo ministro israeliano, Benjamin (Bibi) Netanyahu, questa settimana per dirgli di «non esagerare: il governo israeliano non deve fare nulla che i suoi migliori amici non siano più disposti ad accettare».
Nonostante il no al piano Witkoff, ieri lo stesso Netanyahu ha annunciato possiibli novità riguardo agli ostaggi. In un video in cui ha celebrato il 58esimo anniversario della riunificazione di Gerusalemme (ossia la vittoria di Israele nella Guerra dei Sei Giorni nel 1967), Bibi ha lanciato un interrogativo alla comunità internazionale: «Che incentivo ha Hamas a deporre le armi se i governi del mondo sono dalla sua parte?
» Quanto agli ostaggi, ha concluso, «lavoriamo per loro, spero di avere notizie domani o il giorno dopo». Contro la volontà del primo ministro e del rabbinato, ieri il ministro della Sicurezza, l’oltranzista Itamar Ben-Gvir, ha organizzato l’ennesima visita della Spianata delle Moschee fra uno sventolio di bandiere nazionali.
A Gaza, intanto, Hamas ha messo in chiaro chi comanda giustiziando quattro uomini accusati di aver tentato di accedere a uno dei primi convogli umanitari entrati nella Striscia dallo scorso marzo per aiutare la popolazione civile. Convogli che il gruppo terrorista ha anche definiti “missioni di intelligence” del nemico per raccogliere informazioni su Hamas.
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