Bombe e armi chimiche, universitario egiziano progettava attentati
Cronaca di Massimo Sanvito
Testata: Libero
Data: 25/05/2025
Pagina: 2
Autore: Massimo Sanvito
Titolo: Bombe e armi chimiche. Universitario egiziano progettava attentati

Riprendiamo da LIBERO di oggi, 25/05/2025, a pag. 2, con il titolo "Bombe e armi chimiche. Universitario egiziano progettava attentati", l'analisi di Massimo Sanvito.

Ecco come uno studente egiziano, residente a Lecco, apparentemente innocuo, preparava attentati. Manuali, propaganda dell'Isis, tutto per costruire esplosivi e rudimentali armi chimiche per uccidere gli infedeli. Il nemico è già fra di noi.

Due manuali in arabo, col logo di una tale “Fondazione Al-Saqari per le Scienze Militari”, pieni zeppi di istruzioni su come trasformare cellulari in bombe, fabbricare esplosivi artigianali e produrre sostanze tossiche. Per uccidere i miscredenti, ovvero i cristiani. E poi telefoni e computer custodi di video propagandistici dell’Isis, di testi su tecniche di combattimento e di guide per nascondere le comunicazioni. E poi ancora fogli scritti a mano, coi pensieri di noti teologi arabi di matrice radicale.
Dalla sua cameretta di Montevecchia, nella Brianza lecchese, al terzo piano di una palazzina nella parte bassa del paese, compulsava su una piattaforma online (era amministratore di un canale estremista) attraverso cui teneva contatti con esponenti dello Stato Islamico. Mohamed Ghonim, vent’anni, egiziano, studente di Farmacia alla Statale di Milano, fanatico musulmano: è finito in manette per detenzione di materiale con finalità di terrorismo dopo un’indagine condotta dalla Digos di Milano e da quella di Lecco, insieme alla Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione (Servizio per il contrasto dell’Estremismo e del Terrorismo esterno) e in sinergia con l’Agenzia di Sicurezza Esterna, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Lecco.
Secondo gli investigatori, il giovane non si limitava a seguire i dettami dell’estremistmo islamico ma aveva un interesse attivo e operativo: la radicalizzazione vera e propria era dietro l’angolo, con conseguenze che sarebbero potute diventare letali.
Il cavillo che ha permesso l’arresto dell’egiziano (il reato numero 270 quinquies comma 3) è stato introdotto solo di recente nel nuovo pacchetto sicurezza voluto dal governo per contrastare chi «possiede o diffonde materiale utile alla preparazione di atti terroristici». Pene da due a sei anni per il solo possesso e da sei mesi a quattro anni per l’ulteriore diffusione online di indicazioni su come compiere atti violenti o sabotaggi.
Ed è per questo che il centrodestra esulta. A partire dal leghista Nicola Molteni, sottosegretario all’Interno che tanto si è battuto per il “decreto sicurezza”, visto invece dalla sinistra come fumo negli occhi. I primi nodi, però, stanno già venendo al pettine. «Fra i provvedimenti compresi nel decreto, ora in attesa della conversione in legge alla Camera, ce ne sono infatti alcuni mirati al contrasto del terrorismo e alla prevenzione del fondamentalismo islamico, come il nuovo reato di detenzione di materiale con finalità di terrorismo. Una norma indispensabile per intervenire tempestivamente a bloccare i radicalismi e il fondamentalismo islamico che si annida nel nostro Paese», ha spiegato, ringraziando Digos e Direzione Centrale della Polizia di Prevenzione «per la brillante operazione, che conferma come la professionalità e la capacità di prevenzione rispetto ai fenomeni del radicalismo e del fondamentalismo rimangono di altissimo livello per la sicurezza dei cittadini».
Fratelli d’Italia, per voce del consigliere regionale lecchese Giacomo Zamperini, batte sul chiodo delle moschee non autorizzate: «È fondamentale rafforzare i controlli nei centri abusivi dove operano predicatori radicalizzati, perché è lì che spesso germogliano le ideologie dell’odio. Chi sceglie di integrarsi, rispettando le nostre leggi e valori, è parte importante della nostra comunità, indipendentemente dalla religione. Ma chi trama per colpire il nostro Paese in nome di un fanatismo religioso va individuato, fermato e reso inoffensivo auspicabilmente facendo scontare poi la pena nel proprio Paese di origine».
L’indagine proseguirà ora sotto il coordinamento della Procura distrettuale antiterrorismo di Milano: gli investigatori stanno analizzando tutto il materiale sequestrato per ricostruire la rete di contatti del giovane egiziano (in carcere a Lecco) e capire se ci siano altre persone coinvolte.

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