L’operazione Carri di Gedeone procede
Commento di Antonio Donno
Israele ha permesso l’ingresso degli aiuti umanitari a Gaza, continuando, però, ad infliggere duri colpi alle postazioni di Hamas. Questa soluzione può essere pericolosa per la gente della Striscia, perché la distribuzione avverrebbe sotto i bombardamenti dell’aviazione israeliana e di fronte all’avanzata via terra dell’esercito israeliano. Ma è una soluzione indispensabile. Essa dovrebbe (dovrebbe) garantire che gli aiuti non vengano sottratti alla gente affamata dai terroristi di Hamas. Finora, infatti, è successo proprio questo. I terroristi hanno sottratto quasi totalmente i sostegni alimentari inviati dalla Croce Rossa, grazie al fondamentale contributo di molti Paesi, rimpinzandosi adeguatamente per essere in grado di resistere all’offensiva di Israele. Un rimpinzamento, peraltro, che va avanti da molto tempo, rendendo la popolazione di Gaza sempre più malnutrita e soggetta alle più varie malattie. Ma le condizioni disumane della gente della Striscia è artatamente attribuita all’assedio israeliano, mentre è ben noto che i criminali di Hamas hanno ampie scorte di cibo che tengono per sé. Questa falsità, purtroppo, è condivisa da molti gruppi dirigenti di Paesi che accusano Israele di voler attuare un “genocidio” a Gaza. Oggi, ormai, il termine “genocidio” è applicato indifferentemente ad ogni situazione in cui i civili sono coinvolti nelle guerre, perché il termine produce una reazione di sdegno e di condanna. È un uso falso e ipocrita. [A questo proposito, si legga la definizione di “genocidio” elaborata dall’avvocato polacco Raphael Lemkin e universalmente accettata].
Molti Paesi – compresi gli stessi Stati Uniti, che avevano inizialmente sostenuto la ripulitura della Striscia di Gaza dalla presenza di Hamas e che ora optano per il trasferimento della popolazione in altro territorio –, insieme alla solita Onu di Guterrez, sollecitano Israele a sospendere l’assedio della Striscia. In realtà, l’esercito israeliano ha già eliminato Hamas da diverse zone di Gaza e procede alla totale conquista della Striscia e alla soppressione completa di Hamas. Era un progetto – questo di Netanyahu – elaborato da tempo, ma che ora è implementato nella sua fase finale da Israele. Si va, dunque, senza esitazione alla liberazione di Gaza dalla presenza di Hamas, al fine di completare l’opera di eliminazione totale dei gruppi terroristici che hanno assediato Israele da molto tempo. A nord, Hezbollah ha subito una soppressione capillare da parte di Israele; a sud, si procede senza indugio alla sconfitta completa di Hamas.
Tuttavia, non si deve pensare che questi gruppi terroristici siano defunti definitivamente. Il terrorismo è diffuso capillarmente nel Medio Oriente e non è difficile ritenere che i gruppi terroristici possano reclutare nuove forze dal vasto e instabile territorio mediorientale, soprattutto dopo il crollo del regime di Assad in Siria e la presa del potere da parte di un nuovo regime jihadista. Comunque, Israele è un Paese destinato costantemente a difendersi: nel passato dai Paesi arabi, con i quali ha concluso da tempo trattati di pace (Egitto e Giordania), da altri Paesi arabi con gli “Accordi di Abramo”, mentre con l’Arabia Saudita è in corso un importante avvicinamento politico ed economico.
Come si è detto, il pericolo per Israele viene dai gruppi terroristici, per quanto seriamente colpiti da Gerusalemme. Il crollo del regime di Assad in Siria, se da una parte è stato un fatto positivo, perché il potere di Assad si fondava sul crimine, dall’altra ha dato vita ad un nuovo regime, con a capo Almad al-Shara’, già leader di due formazioni jihadiste, che per ora tende a rafforzare il suo potere interno, ma si teme che successivamente si impegni a costruire formazioni terroristiche nel vasto quadro mediorientale. Israele è impegnato a difendere i drusi presenti in Siria, perché parte di una minoranza che vive in Israele e che ha sempre dimostrato lealtà verso lo Stato ebraico. Il governo israeliano teme che il nuovo potere jihadista, che si è sistemato a Damasco, si appoggi sulla Turchia di Erdogan, che avanza il progetto di allargare il suo controllo su un’area vitale del Medio Oriente. Da questo punto di vista, il crollo di Assad, il nuovo regime jihadista a Damasco e la presenza della Turchia nella nuova situazione siriana costituiscono fattori che Israele tiene in massima considerazione perché alterano pericolosamente il quadro mediorientale.
Antonio Donno