Riprendiamo da LIBERO di oggi 18/05/2025, a pag. 1, con il titolo "I compagni non accettano il diritto di parola", il commento di Daniele Capezzone.
Daniele Capezzone
Meritano un plauso convinto le forze dell’ordine, il Ministero dell’Interno che ha voluto garantire la sicurezza dell’evento, e soprattutto il sindaco di Gallarate Andrea Cassani, che, resistendo ad attacchi e pressioni di ogni tipo, ha assicurato un libero spazio di discussione ai partecipanti alla conferenza sulla remigrazione. Domanderà il lettore: ma davvero siamo arrivati al punto in cui occorre felicitarsi per il solo fatto che un convegno si sia potuto tenere?
Risposta: sì, ormai siamo a questo punto.
Per chi non avesse ancora elaborato il lutto, anche in Italia la libertà di parola è sempre più sistematicamente in pericolo. Se ad esempio siete cittadini italiani di religione ebraica o se siete comunque convinti della legittimità delle ragioni di Israele, la vostra libertà di espressione è già finita: nelle università, nelle conferenze pubbliche, negli eventi culturali tipo il Salone del libro.
Ma, apparentemente a tutt’altra latitudine culturale, vale anche per posizioni chiaramente di destra. Prendi il tema oggetto del convegno di ieri a Gallarate: la richiesta - con le norme vigenti o eventualmente con gli opportuni aggiustamenti legislativi- di espellere gli stranieri irregolari e chi commetta reati.
Perché queste cose non si possono dire? Perché per dirle è stato necessario tenere sconosciuto (e poi anticipare quasi di mezza giornata) l’orario di svolgimento della conferenza? Perché è stato indispensabile un autentico spiegamento di forze di polizia?
Intendiamoci. Forse, su temi differenti o sulla visione complessiva del mondo, chi scrive non è certo di condividere (tutte e fino in fondo) altre idee degli organizzatori o dei relatori, ma non si capisce cosa ci sia di scandaloso nel fatto che alcuni cittadini italiani e stranieri si riuniscano pacificamente per esporre le loro convinzioni e discuterne libe ramente.
Siamo sempre alle solite: è il tribunale etico-politico della sinistra a stabilire chi possa parlare e chino, cosa sia dentro e cosa fuori il perimetro del “pensiero accettato”. La destra dice qualcosa sull’immigrazione? Scatta subito l’anatema: per la sinistra non si tratta di una politica restrittiva (astrattamente legittima tanto quanto una opposta politica espansiva, l’una e l’altra accettabili o criticabili nel merito), ma diventa automaticamente un attacco ai diritti umani. E come tale suscettibile di censura, imba vagliamento, repressione preventiva.
Ecco: è venuto il momento di dire che tutto ciò è pericoloso. Ha il sapore dell’intolleranza e della censura, pur variamente (e malamente) mascherate.
La cosa curiosa è che poi, dalle parti dell’attuale sinistra progressista, vada di gran moda parlare di “diversità”. Ottimo concetto: peccato che però, non appena sotto gli occhi o vicino alle orecchie di questi signori capiti un pensiero - appunto - “diverso” dal loro, l’istinto irrefrenabile sia quello di schiacciarlo.
O in forma soft: cioè imponendo una conformistica adesione a una sola visione delle cose (la loro). O in forma più pesante: con l’impedimento fisico. Ci sarà qualcuno a sinistra desideroso di prendere le distanze da questo andazzo?
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