L0Unità di oggi pubblica una intervista diUmberto De Giovannangeli al ministro palestinese Yasser Abed Rabbo, ministro per gli affari governativi dell'ANP. Insieme ad altre 217 autorità palestinesi ha firmato un appello nel quale si chiede la fine delle "ostilità" tra Arafat e Abu Mazen.
Buona cosa, diciamo noi. Peccato che tutta l'intervista, invece di essere condotta sulle motivazioni che hanno portato alla firma dell'appello, non faccia altro che ripetere che - anche qui- tutta la colpa è degli israeliani. Ecco un esempio di come "non" si fa un'intervista. A meno che De Giovannangeli, per poter dire che tocca anche argomenti "scottanti" per Arafat abbia pensato che la storia si prestava. Peccato che non abbia fatto le domande giuste. Ma non c'è da stupirsi. Altrimenti che De Giovanngeli sarebbe?
Riportiamo l'intervista per verifica."Da una resa dei conti tra Yasser Arafat e Mahmoud Abbas (Abu Mazen, ndr) uscirebbe un solo vincitore: Ariel Sharon". A esprimere questa convinzione è Yasser Abed Rabbo, ministro per gli Affari governativi dell'Anp. Alla vigilia di una seduta infuocata del Consiglio legislativo palestinese, il Parlamento dei Territori, Rabbo è stato tra i promotori di un appello sottoscritto da 217 intellettuali, parlamentari, accademici e artisti palestinesi, nel quale si chiede la fine dello scontro in atto tra il presidente Arafat e il primo ministro Abbas. "Questo appello - sottolinea Rabbo - nasce dalla consapevolezza che occorra riavviare un dialogo costruttivo all'interno delle istituzioni palestinesi allo scopo di impedire che i nostri nemici e forze esterne possano trarre vantaggio dalla disputa (tra Arafat e Abu Mazen, ndr.)". Rabbo replica seccamente alle affermazioni del ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz sulla possibilità, sempre più concreta e ravvicinata, di una esplusione di Arafat dai Territori: "Sono falchi come Mofaz - dice il ministro dell'Anp - ad aver sabotato prima gli accordi di Oslo ed ora l'attuazione della road map (il Tracciato di pace elaborato dal Quartetto Usa-Ue-Russia-Onu, ndr). Queste minacce rafforzano i gruppi estremisti e impediscono una ricomposizione ai vertici palestinesi. Israele ha solo una strada per sostenere una leadership "moderata" palestinese: porre finre all'occupazione dei Territori, agli assassinii politici e alle punizioni collettive, ma dubito fortemente che l'attuale governo israeliano intenda operare in questa direzione".
C'è chi sostiene che le divergenze tra Arafat e Abu Mazen siano ormai insanabili e che lo scontro finale avverrà domani alla riunione del Consiglio legislativo palestinese.
"Se così fosse sarebbe una tragedia per l'intero popolo palestinese. Perchè da una resa dei conti tra Arafat e Abu Mazen ad uscire vincitore sarebbe solo Ariel Sharon. Occorre lavorare per evitare il precipitare di uno scontro che avrebbe ricadute devastanti non solo per i palestinesi ma anche per gli israeliani".
E' ciò che 217 personalità palestinesi chiedono in un appello rivolto ai due contendenti.
"La forza di questo appello è che a sottoscriverlo sono personalità politiche e intellettuali palestinesi dai diversi orientamenti, unite dalla convinzione che una lacerazione insanabile ai vertici dell'Anp farebbe il gioco dei falchi israeliani e di altre forze esterne che intendono trarre vantaggio dalla disputa tra Arafat e Abu Mazen".
E quale sarebbe il primo di questi vantaggi?
"La fine dell'autonomia politica dei palestinesi che sarebbe sancita da una disintegrazione dell'Autorità nazionale. E' da tempo che gli oltranzisti israeliani puntano alla distruzione dell'Anp e alla creazione di fatto di una situazione di anarchia nei Territori. Così facendo, Sharon si illude di poter imporre più facilemnte, e con la forza, la sua idea di "pace", che al massimo contempla la costituzione di uno pseudo Stato palestinese frantumato territorialmente e senza una reale indipendenza. Ma la distruzione dell'Anp è anche un obiettivo di quei regimi arabi che intendono gestire in proprio la questione palestinese per rafforzare i propri disegni di potenza regionale".
Ma una eventuale "tregua armata" tra Arafat e Abu Mazen non finirebbe per sancire l'immobilismo e favorire gli irriducibili dell'Intifada armata?
"Questo rischio esiste e va assolutamente evitato. PErpetrare l'attuale status quo significa procrastinare nel tempo un regime di occupazione che ha devastato l'economia e le condizioni di vista dell'intero popolo palestinese, e sul piano interno assestare un colpo mortale al processo di democratizzazione. L'immobilismo è un "lusso" che non possiamo permetterci. Il dialogo è lo strumento e non il fine di una politica di rinnovamento. Il dialogo da noi auspicato deve servire ad accelerare il processo riformatore in ogni ambito della nostra vita politica e sociale. Per questo nel nostro appello chiediamo ad Arafat e ad Abu MAzen di garantire, con atti concreti, democrazia, trasparenza e indipendenza del sistema giudiziario"l
Il ministro della Difesa israeliano Shaul Mofaz è tornato a ventilare l'esplusione di Arafat dai Territori.
"L'esplusione, se non addirittura l'assassinio, di Arafat e la distruzione dell'Anp sono sempre stati un obiettivo dichiarato dei falchi israeliani, dei quali Mofaz è uno dei massimi esponenti. La cosa incredibile, vergognosa, è che ora tentano di giustificare questa prova di forza come un sostegno ad Abu MAzen. L'esplusione del presidente Arafat scatenerebbe una nuova, devastante, ondata di violenza che sommergerebbe ogni dirigenza palestinese. La parola dialogo non averbbe più diritto di cittadinanza e coloro che se ne facessero assertori verrebbero liquidati come collaborazionisti del nemico. E di questo il premier Abbas è perfettamente consapevole".
Israele accusa Arafat di aver dato il via libera a una nuova ondata di attacchi terroristici.
"Israele ha fatto di tutto, a cominciare dal moltiplicare gli assassinii politici, per far fallire l'accordo sul cessate il fuoco raggiunto dall'Anp con le varie fazioni palestinesi. Quell'accordo doveva essere la premessa per la smilitarizzazione dell'Intifada, ma le chiusure d'Israele hanno fatto fallire questo tentativo ben prima della strage, esecrabile, di Gerusalemme.
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