Scarsa fiducia dei palestinesi nella pace
ma è forse colpa di Israele?
Testata:
Data: 11/07/2003
Pagina: 11
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Ramallah non crede alla pace di Abu Mazen
La tesi del nostro giornalista è semplice: i palestinesi non hanno alcuna fiducia sul buon esito del processo di pace che faticosamente si sta trascinando avanti. Più nello specifico non nutrono fiducia alcuna sulle reali buone intenzioni ed effettive potenzialità del primo ministro Abu Mazen e del ministro per la sicurezza Mohamed Dahlan.
Perchè?
In realtà la risposta è già chiara guardando la foto che correda l’articolo: un soldato israeliano che blocca, in maniera apparentemente violenta, un gruppo di pacifisti a Nablus.

La colpa è di Israele se i palestinesi non hanno fiducia nella pace.
Sono gli israeliani, e la loro politica ambigua, a minare dalle fondamenta il buon esito della Road Map.

L’ala radicale di Al Fatah continua ad incalzare il premier che, sostengono i falchi, avrebbe fallito gli obiettivi enunciati nel suo programma di governo: il ritiro israeliano dalle città autonome della Cisgiordania e la scarcerazione dei prigionieri politici.

Se Israele dunque non si piega ad una resa incondizionata indebolisce la figura di Abu Mazen, di conseguenza offre legittime motivazioni ai palestinesi di non fidarsi del primo ministro.
Se in Palestina c’è tensione interna non è a causa di oggettivi motivi interni di ambizioni individualistiche, brama per il potere personale di uomini corrotti e mancanza di democrazia.... no, certo: è colpa di Israele.

Il consenso della piazza, a Ramallah come a Nablus, Jenin, Tulkarem, roccaforti cisgiordane dell’Intifada, è il prodotto della rabbia e della frustrazione accumulate dalla popolazione nei 33 mesi di guerra totale.Rabbia e disincanto, dolore e frustrazione
A parlare per la gente di Ramallah sono i muri del centro della città, ricoperti dalle foto degli shahid
L’Intifada armata è viva e vegeta nonostante la Road Map? La piazza palestinese continua a sostenere il terrorismo celebrandone i "martiri" che si fanno esplodere tra i civili israeliani?
Eppure è a causa di Israele se non c’è la pace.

Dopo aver assegnato le responsabilità della difficile situazione attuale (ricapitoliamo: palestinesi zero responsabilità, israeliani cento responsabilità), De Giovannangeli si strugge in un quadro amaro dell’attuale situazione palestinese.
Nemmeno una parola sull’attuale situazione di Israele, costretta ancora e come mai a difendere i suoi figli.

La gente che incontriamo ai check point fa fatica a credere al dialogo.




Anche le vittime israeliane degli ultimi due attentati terroristici (consumati dopo la proclamazione dell’hudna)


Ed è francamente difficile pensare positivo, scommettere sulla pace, quando quando si è costretti a fare la fila per ore


Francamente è difficile scommettere sulla pace quando le bombe contro i civili continuano ad esplodere e quando sui muri delle città palestinesi vengono appese in chiave celebrativa le foto dei terroristi suicidi.


Quando arrivano i soldati e riempiono di botte un padre di famiglia, i bambini lo vedono.



Quando i propri parenti o i propri amichetti salgono su un autobus per poi non tornare mai più a casa, i bambini israeliani lo vedono.



La tregua può dare un po’ di respiro, allentare la soffocante morsa militare ma non può, da sola, riparare la vita di migliaia di bambini e delle loro famiglie segnati da una condizione materiale e psicologica devastante.


Ammesso che la tregua venga rispettata (e non è assolutamente così, purtroppo), questo non servirà a riparare le sofferenze delle madri i cui giovani figli soldati sono stati massacrati, le persone che si sono viste portare via i propri cari, dilaniati in qualche esplosione, la rabbia di chi aveva una vita serena davanti e ora si trova costretto su qualche carrozzella perchè menomato a causa di un’esplosione: la condizione materiale e psicologica devastante degli israeliani è assai lontana dall’essere guarita.
Quando i loro figli escono a giocare, giocano sotto i fucili dei militari




Premesso che molti di questi bambini giocano a tirare pesanti sassi ai soldati, ricordiamo al giornalista che molti israeliani mandano i propri figli su autobus diversi... se ci sarà un attentato, "almeno" qualcuno resterà in vita; oppure ricordiamo i figli dei famigerati coloni che devono stare attenti a dove giocano perchè qualcuno da lontano potrebbe sempre puntargli un bel razzo addosso.

Non tener conto delle reale dinamiche della politica interna palestinese (che non si snoda sui certi binari della democrazia ma su quelli della dittatura militare) e dare indistintamente colpa per tutto ad Israele è da ignoranti. Semplicemente da ignoranti.
Tener conto delle sofferenze di una sola parte senza chiedersi come sta l’altra è da irresponsabili.
Nessuno mette in dubbio le sofferenze palestinesi ma almeno due domande dovrebbero suscitare le pene di quel popolo : chi è la causa reale di queste sofferenze? E infine: come sta l’altra parte, la parte degli ebrei, sta meglio? Sta peggio?
Nè meglio, nè peggio ma uguale.

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