I danni della propaganda
farsi saltare in aria diventa un diritto
Testata:
Data: 04/07/2003
Pagina: 1
Autore: Ester Picciotto
Titolo: I danni della propaganda
Sul Corriere della Sera di giovedì 3 luglio 2003, viene riportata un'intervista fatta al padre di un terrorista suicida, più precisamente dell'ultimo terrorista suicida venuto da Betlemme, città ormai restituita dagli israeliani.
L'intervista è agghiacciante ed è riportata senza un solo commento.
L'uomo si dichiara innanzitutto orgoglioso del figlio che, a suo dire, era un "bravo ragazzo, frequentatore della moschea" e che soprattutto "odiava molto gli ebrei". Quest'ultimo punto è annoverato tra i "meriti" del giovane terrorista suicida. Inoltre il padre dichiara di essere felice del gesto del figlio, che tanto male ha fatto agli israeliani e ribadisce che, in caso di pace (per carità!) sarebbe il primo a farsi saltare in aria nelle vie di Gerusalemme.
Quest'uomo sintetizza nella sua persona una certa "banalità del male" di arendtiana memoria. Si tratta di una persona semplice, non particolarmente istruita, non particolarmente cattiva, ma che non ci vede nulla di male a "eliminare" quelli che considera i suoi nemici. E' una vittima della propaganda e suo figlio è stato una vittima di un'educazione scolastica mirata a far nascere il desiderio in un giovane, di sacrificare la propria vita pur di nuocere a israeliani ed ebrei.
A questo punto, sorgono alcune domande: quante persone del genere ci sono in Palestina? Come faranno le autorità a cambiare la mentalità della gente? Quanto tempo ci vorrà, affinché cresca una generazione che non consideri la presenza dello Stato di Israele una disgrazia?