Mediazione sull'hudna o sulla cucina italiana?
l'analisi di Manuela Parrino si svolge tutta in cucina
Testata:
Data: 02/07/2003
Pagina: 1
Autore: Manuela Parrino
Titolo: Preparato da funzionari italiani e inglesi il cessate il fuoco dei gruppi palestinesi
Abituati come siamo ad una corretta informazione su Israele e Medio Oriente, siamo rimasti stupiti nel leggere l'articolo che qui riportiamo.
Lasciare la parola ad un alto funzionario di Fatah, partito di Arafat -per la precisione un gruppo terroristica palestinese- è un conto, parlare di cucina italiana un altro. Basta un buon piatto di lasagne per descrivere la bontà e la capacità di trattative dei due funzionari italiani coinvolti nella mediazione sul cessate il fuoco del terrorismo palestiense? Come se non ci bastasse il thè inglese..
Dal Riformista ci saremmo aspettati un resoconto di un livello sicuramente più alto di quello che abbiamo sotto gli occhi.
Riportiamo all'attenzione dei nostri lettori l'intero articolo di Manuela Parrino.Ramallah. Caffè egiziano, buone maniere inglesi e cucina italiana. Sembrano essere stati questi gli ingredienti che hanno permesso alle diverse fazioni palestinesi (Fatah, Hamas e Jihad) di raggiungere l'accordo di cessate il fuoco. Seduti al secondo piano di un baretto di Ramallah, un alto funzionario di Fatah, il partito di Arafat, ci svela che gli italiani hanno avuto un ruolo fondamentale per il raggiungimento dell'accordo di cessate il fuoco. All'inizio parla di europei e di egiziani, ma poi si si lascia andare e rivela che due funzionari italiani sono stati fondamentali per le trattative. «Non posso rivelare i loro nomi, ma per mesi due italiani, giorno e notte, sono stati seduti con noi. Posso solo dire che senza di loro e senza Allister Crook, il negoziatore inglese, questo cessate il fuoco forse non ci sarebbe mai stato». E' una rivelazione importante, che svela il duplice volto dell'Italia. Quello del presidente del Consiglio Berlusconi che visita Israele ma si rifuta di incontrare Arafat e si vede quindi rifiutare l'incontro con il primo ministro palestinese Abu Mazen, e quello dei due funzionari italiani che tra Gaza, Ramallah e il nord della Cisgiordania hanno convinto le diverse fazioni palestinesi a sospendere gli attacchi contro gli israeliani. «Gli italiani - continua il funzionario di Fatah parlando delle trattative per il ritiro israeliano dalle città palestinesi - ci hanno anche aiutato molto su Betlemme, e ci hanno promesso anche aiuti materiali». «Di che tipo?» «Per il momento ci hanno assicurato aiuti economici e mezzi per gli uomini della sicurezza. Gli inglesi ci hanno invece promesso equipaggiamenti tecnici. Hanno lavorato con noi per mesi e continueranno ad assisterci».
Le trattative per il cessate il fuoco iniziarono più di otto mesi fa tra mille difficoltà. La prima dichiarazione di cessate il fuoco arrivò solo da parte di Fatah, mentre i segnali che arrivavano dai Territori sembravano tutti negativi e la ruota della violenza non si fermava mai. Nonostante questo i negoziati continuavano, e in realtà continuano ancora oggi. Alcuni gruppi delle Brigate Al-Aqsa di Jenin hanno detto di non riconoscersi nell'accordo raggiunto. «Si convinceranno», ci dice il funzionario di Fatah. «Come?» «Italiani e inglesi stanno continuando ad aiutarci nella mediazione anche con questi gruppi, e sono sicuro che riusciremo ad arrivare a una soluzione positiva». Beve un sorso di caffè e poi aggiunge: «Senza la mediazione degli italiani e degli inglesi questo accordo non sarebbe mai stato raggiunto, e adesso continuamo ad avere bisogno del loro aiuto per indebolire Hamas». «Che cosa significa?» «Con gli aiuti economici e tecnici che italiani ed inglesi ci hanno promesso e con quelli che speriamo di ricevere anche dall'Europa, in questi tre mesi di cessate il fuoco possiamo ricostruire le strutture della sicurezza dell'autorità palestinese». «Ma anche Hamas, questo è il sospetto che hanno molti israeliani, può utilizzare il cessate il fuoco per riorganizzarsi. Senza dimenticare il largo consenso che ha nelle strade grazie alle scuole e alle strutture sociali costruite in questi anni». «Tutto vero, ma gli israeliani hanno colpito con tanta durezza le strutture di Hamas che difficilmente riusciranno a tornare ad essere forti come prima, e per quanto riguarda il secondo punto, Hamas non gode più dell'aiuto economico di molti paesi arabi e questo lentamente li sta distruggendo».
Di colpo, il nostro interlocutore dice di doversene andare. Non prima però di aver raccontato un aneddoto: gli italiani, nelle lunghe notti di trattative, cucinavano pasta e lasagne. «Adesso spero solo che m'invitino presto in Italia», dice uscendo per le strade di Ramallah.
Una seconda conferma del ruolo dell'Italia arriva qualche ore dopo. Siamo nell'ufficio del segretario generale di Fatah, Hussein Al-Sheikh. Gli chiediamo conferma del ruolo degli italiani. La risposta è cauta, molto cauta. «Posso solo dire che gli italiani ci hanno aiutato, e che il loro ruolo è stato unico». «In che modo?» «Con pazienza e passione. Spesso ho pensato che avrebbero mollato, che ci avrebbero abbandonato, e invece ci sono stati accanto con pazienza e un'incredibile capacità di negoziazione. Ci hanno aiutati soprattutto a superare le differenze di punti di vista tra Fatah, Hamas e la Jihad islamica, e hanno parlato con i rispettivi gruppi sia qui che a Damasco che a Beirut. Hanno fatto un grande sforzo e per questo li ringraziamo».
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