Arafat: parole criminali
Ma i nostri media non le riportano
Testata:
Data: 19/05/2003
Pagina: 1
Autore: Federico Steinhaus
Titolo: Arafat: parole criminali
Il 15 maggio è stato giorno di commemorazioni e di ricordi: per chi di
gioia, per chi di lutto.
Israele, dopo aver ricordato con sempre rinnovato dolore i propri morti
nella Shoah e nelle guerre contro gli arabi, ha gioito per il
cinquantacinquessimo anniversario della creazione dello stato da parte delle
Nazioni Unite (novembre 1947) e la sua proclamazione ufficiale (maggio
1948). Ma questo stesso giorno è percepito dai palestinesi in maniera
diametralmente opposta, e segna nei loro ricordi la perdita di una terra, di
una casa, delle radici.
Il problema non è dato da questa percezione, legittima, bensì dalla
rimozione totale delle cause di questo sradicamento: il rifiuto dei paesi
arabi di accettare che su metà della Palestina storica nascesse uno stato
palestinese a fianco di uno ebraico, la guerra di sterminio proclamata
contro Israele e la forte sollecitazione rivolta ai palestinesi ad
abbandonare le loro case per facilitare l' avanzata degli eserciti arabi e
poi tornare da vincitori e predatori.

Nel cinquantacinquesimo anniversario di quello che i palestinesi chiamano
Nakba, Arafat, parlando alla televisione palestinese, ha affermato che "la
Palestina è la nostra patria,alla quale ogni singolo profugo palestinese ha
iul diritto di tornare".
"In questo giorno di lutto, lo stato d' Israele è stato fondato dalla forza
delle armi e dalla cospirazione coloniale, sulle rovine della nostra patria,
la Palestina, ed il nostro popolo è stato sradicato e disperso nelle sue
terre originarie ed in esilio, fra i massacri".
"Nel 1947 le potenze coloniali che controllavano le Nazioni Unite hanno
imposto la spartizione della nostra patria, la Palestina, in due stati...Il
popolo palestinese non accetterà le umiliazioni, il colonialismo israeliano
e l' aggressione israeliana...Nei 55 anni passati molti martiri sono caduti
per la salvezza della loro patria, per la loro libertà e per il ritorno dei
profughi...ogni palestinese sa che gli sarà restiuita la sua identità solo
con il suo ritorno in patria".
Arafat ha poi condannato "il soggiogamento della terra e dei luoghi sacri da
parte dell' occupazione israeliana...Non vi sarà alcuna pace senza un ritiro
completo di Israele da tutte le nostre terre palestinesi ed arabe fino alla
linea del 4 giugno 1967...nessuna pace prevarrà e nessuna sicurezza esisterà
sotto l' occupazione e la colonizzazione" ed ha concluso con un appello "al
nostro popolo ed alla nostra nazione araba" per serrare le fila nel rispetto
della "disciplina nazionale", dell' ordine pubblico e della solidarietà
sociale.

Questo è il tipo di "pace" che Arafat proclama e propone: basata sul rifiuto
totale e violento perfino di quanto le varie risoluzioni storiche delle
Nazioni Unite propongono come compromesso fra le diverse esigenze.
I risultati pratici di questo discorso non si sono fatti attendere, nei
giorni successivi, e di nuovo si contano i morti nelle strade d'
Israele.Abu Mazen , secondo quanto ha dichiarato oggi il suo ministro dell'
Interno Dahlan, non è in grado di esercitare alcun controllo sulle masse, in
rapporto a quanto invece fanno Hamas e la Jihad Islamica.Ed Arafat ha anche
diramato ai media palestinesi un ordine preciso, con il quale vuole impedire
che essi diano risalto a qualsiasi dichiarazione provenga dal nuovo primo
ministro.
I media italiani, anche senza che vi sia stato un ordine di Arafat, hanno
comunque evitato accuratamente sia di riportare il suo discorso così poco
pacifico, sia di mettere in relazione quelle parole con le nuove fiammate di
violenza terroristica.