Il muro della discordia
Il muro della discordia
Testata:
Data: 18/06/2002
Pagina: 10
Autore: De Giovannangeli
Titolo: Due interviste
A pagina 10 de l’Unità del 18 giugno due interviste di De Giovannangeli, l’una a David Hachan, portavoce del ministro della Difesa israeliano, l’altra a Saeb Erekat, ministro e capo dei negoziatori dell’ANP ripropongono il tema che in questi ultimi giorni invade le pagine di molti quotidiani: la costruzione di una barriera difensiva contro gli attacchi terroristici.

I titoli sono già molto significativi.

"Non stiamo costruendo un nuovo Muro di Berlino" dice David Hacham.

E’ davvero grave notare come ancora una volta gli israeliani debbano difendersi, difendersi, difendersi ogniqualvolta intraprendano azioni che cercano di fronteggiare l’ondata di violenza che devasta il loro paese.

Nessuno può aver dimenticato l’intervento militare nel campo profughi di Jenin che da tentativo di distruggere le infrastrutture del terrorismo e snidare pericolosi assassini, si è trasformato sui giornali in "massacro", in "violazione dei diritti umani", onde poi non trovare alcuna prova del presunto massacro!

Insomma gli israeliani possono morire ma guai a difendersi!!

L’altro titolo: "Non ci lasceremo rinchiudere in prigioni a cielo aperto" dice Saeb Erekat.

Ecco ancora una volta gli aggressori trasformati in vittime.

Esaminiamo i punti salienti delle due interviste.

Rivolgendosi a David Hacham per ben due volte ripete come un ritornello la parola "Muro" :

"I dirigenti dell’ANP accusano Israele di voler realizzare, attraverso il Muro, un regime di apartheid"

D.H. "I dirigenti dell’ANP farebbero meglio a spiegare il perché non abbiano fatto nulla per fermare i gruppi terroristici. Dovrebbero spiegare le connivenze accertate tra Arafat e uno dei gruppi terroristi che ha rivendicato le stragi più sanguinose perpetrate in Israele…"

Risposta esaustiva e molto chiara ma De Giovannangeli non è soddisfatto e dice:

"Resta il Muro della discordia"
"D.H. " Non si tratta di un Muro ma di un reticolato, rafforzato da sensori elettronici, che servirà a segnalare le infiltrazioni terroristiche in territorio israeliano. E’ lo stesso sistema adottato a Gaza e che ha permesso, in quell’area, una efficace difesa dagli attacchi terroristici.

Risposta semplice comprensibile anche ad un bambino ma, forse, il portavoce israeliano ha parlato in arabo perchè De Giovannangeli non ha capito la risposta ed infatti ribadisce:

"Insisto: i palestinesi vedono in questa barriera un atto di aggressione e accusano Israele di razzismo"

D.H. " L’aggressione è quella subita ogni giorno da Israele con l’ondata di attacchi terroristici. Attacchi che Arafat continua a sostenere. Quella barriera è pensata solo per uno scopo: frenare la violenza, impedire nuove stragi di innocenti. Uno Stato democratico ha il dovere, e non solo il diritto, di usare tutti i mezzi a sua disposizione per difendere i propri cittadini."…

Sul tema del "Muro" il giornalista rivolge al ministro palestinese due sole domande e come vedremo di ben altro tenore.

"Israele ha avviato i lavori di realizzazione della barriera difensiva"
"Non si tratta di una barriera difensiva ma di un atto di brutale aggressione contro i territori palestinesi. L’obiettivo di Sharon è di usare strumentalmente la lotta al terrorismo per perseguire un disegno espansionista e colonizzatore. Questa è una nuova forma di apartheid, di razzismo, peggiore di quella conosciuta in Sud Africa.

Toni duri e aggressivi che tuttavia non suscitano alcuna reazione da parte del giornalista se non una timida puntualizzazione.

"Israele ribatte che questa barriera serve per fermare i terroristi"
"E’ un’illusione. Ciò provocherà altra violenza. Come era un’illusione pensare che l’offensiva militare di aprile potesse sconfiggere il terrorismo e spezzare la spirale di violenza. Una soluzione può, deve essere cercata al tavolo negoziale. Ciò che Ariel Sharon rifiuta di fare"

Infine ultima perla del giornalista.

"Le autorità israeliane sostengono di essere disposte a riprendere il negoziato ma non con Arafat".

Non è esatto.

Ciò che sostengono le autorità israeliane è che la ripresa dei negoziati deve passare prima per la cessazione del terrorismo, devono finire le stragi, gli israeliani debbono poter uscire per le strade senza saltare per aria. Arafat ha dimostrato invece di essere un capo terrorista che non ha mai, mai voluto compiere un solo atto concreto per fermare la spirale di violenza da lui stesso scatenata.

Di occasioni ne ha avute ma le ha sempre rifiutate.

Le due interviste condotte in maniera differente, a seconda dell’interlocutore, mettono in luce ancora una volta il tentativo di orientare il giudizio dei lettori.

Vedere il "Muro" come una barriera difensiva contro assassini pericolosi oppure come "atto di brutale aggressione" è molto facile: basta fare le domande giuste!!



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