La trasmissione "L'Infedele" di Gad Lerner,in onda tutti i sabati in prima serata su La7,è una delle novità più interessanti dell'intero panorama televisivo;la puntata del 26 ottobre era incentrata sul dibattito attorno ai fatti moscoviti. L'ospite di maggior riguardo era senza dubbio Enzo Bettiza,esperto di storia comunista e dei Balcani, colonna storica del "Giornale" montanelliano al quale, nell'ultima parte della trasmissione, Lerner ha chiesto un parere sul Fallaci-pensiero. Bettiza ha risposto secondo logica: si tratta di un ragionamento largamente condiviso dall'opinione pubblica europea ed americana - elemento alla base dello straordinario successo dell'ultimo suo capolavoro, "La Rabbia e l'Orgoglio" - ,una posizione che ha saputo intercettare ed esprimere efficacemente: una posizione fortemente "emotiva", originata dall'enormità di quanto avvenuto l'11 settembre 2001, di cui tener conto, ma certo da non accettare acriticamente (proprio in quanto "viziata" da una primigenia impostazione sentimentalistica). A quel punto, è intervenuto un dirigente della comunità islamica milanese che ha preso in mano il microfono per accusare deliberatamente la Fallaci di portare avanti una campagna propagandistica di stampo razzista ed anti-islamico:a suo dire (posizione condivisa dagli altri ospiti di fede islamica presenti in studio) infatti, la Fallaci starebbe gettando le basi culturali per un nuovo,terrificante Olocausto,a danno dell' Islam mondiale. Scontata la risposta di Gian Micalessin, giornalista esperto di Medio Oriente, il quale ricordava i fecondi rapporti di collaborazione tra il Terzo Reich ed il più noto leader islamico dell'epoca (anni '30-'40), il Gran Muftì di Gerusalemme Amin el-Husseini, il quale dai microfoni di Radio Berlino incitava tutti i musulmani alla rivolta per sostenere il "liberatore" Adolf Hitler. Questo episodio è anche indicativo di un clima pericoloso ed illiberale, di crescente intolleranza verso quei giornalisti "colpevoli" unicamente di sfruttare il diritto costituzionalmente garantito - nelle liberaldemocrazie occidentali - alla libertà di espressione: ecco che mentre da una parte (Adel Smith) si invoca per la Fallaci una "punizione esemplare" ed una morte rapida a causa del male da cui è afflitta, dall'altra si pretende, come in Francia, che la magistratura metta all'indice un libro che ha riscosso uno straordinario successo di pubblico (al di là,ovviamente,della eventuale condivisione del messaggio in esso contenuto),perchè giudicato contrario all'ipocrita pseudoideologia buonista oggi imperante (in base alla quale, peraltro, la orribile carneficina terroristica dell'11 settembre l'America se l'è in fondo meritata, perchè "se è tanto odiata, un motivo ci sarà pure...": il medesimo schema impiegato dai nazifascisti per spiegare l'inevitabilità della Shoàh). A questo punto una domanda sorge spontanea: ma chi potrebbero essere i veri epigoni coevi del nazifascismo? Coloro che difendono a spada tratta la libertà di esprimere pareri "scomodi" ma largamente condivisi, oppure quanti vorrebbero soffocarne la diffusione, richiamandosi ipocritamente ai principi-cardine di una democrazia che, con un'azione tanto platealmente illiberale, essi di fatto negano?
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