Intervista faziosa
Intervista a Bassam Abu Sharif: De Giovannangeli non commenta
Testata:
Data: 23/10/2002
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Osservatori internazionali per fermare le stragi.
A pagina 13 dell’Unità Umberto De Giovannangeli firma un’intervista a Bassam Abu Sharif.
Le parole di Abu Sharif, consigliere di Arafat non devono stupire i lettori di I.C.; la loro durezza e la loro faziosità sono perfettamente in linea con l’odio antisraeliano che permea gli animi di tutti i dirigenti dell’Autorità palestinese.
Quello che invece indigna è che di fronte ad affermazioni così gravi il giornalista non esprima alcun commento, quasi ad avvallare le tesi espresse dal leader palestinese."Abu Sharif: La Comunità internazionale non può assistere passivamente ai quotidiani bagni di sangue che sconvolgono i Territori e Israele. Alla strage di Rafah si è risposto con il massacro di Karkur."
I civili uccisi a Rafah dall’esercito israeliano che rispondeva e lo ripetiamo rispondeva ad un attacco di miliziani palestinesi a colpi di granate contro alcune postazioni dell’esercito sono stati una disgraziatissima fatalità che si è cercato di evitare in ogni modo; il "massacro" di Karkur è stata una orrenda carneficina messa in atto con la spietata determinazione di fare a brandelli quante più vite possibili, così come per tutti gli altri attentati.
La differenza è notevole ma il giornalista non la coglie.
"Israele piange i civili massacrati a Karkur.
Così come i palestinesi hanno pianto i civili uccisi dall’esercito israeliano a Rafah."
Non c’è dubbio: il dolore per le vite spezzate è identico, ma diverso è il modo con il quale quelle vite sono state stroncate e diverse le motivazioni. Da una parte (palestinese) odio verso tutti gli israeliani e preciso desiderio di sterminarli, dall’altra (israeliana) un terribile incidente che si è cercato in tutti i modi di evitare"L’attentato di Karkur è stato rivendicato dalla Jihad islamica.
Un gruppo che ha il suo quartier generale fuori dai Territori, in Siria."
Ma che agisce indisturbato in Israele, tollerato, finanziato, appoggiato dal leader dell’ANP, Yasser Arafat."Da dove ripartire per una pace possibile?
Dal ritiro dell’esercito israeliano sulle posizioni antecedenti all’inizio della nuova Intifada e dalla cessazione delle punizioni collettive inflitte all’intera popolazione di Cisgiordania e Gaza."
E magari dalla cessazione degli attentati terroristici, se non è chiedere troppo!"Dobbiamo tornare a respirare,"
anche gli israeliani devono "tornare a respirare" il che significa essenzialmente uscire per le strade senza la paura di essere fatti a pezzi"dobbiamo avviare la ricostruzione della nostra economia, migliorare le condizioni di vita di decine di migliaia di famiglie costrette oggi a sopravvivere sotto la soglia di povertà. Non è possibile parlare di pace e conquistare consensi quando le nostre città, i nostri villaggi sono ridotti a prigioni a cielo aperto."
Grazie soprattutto alla corruzione e alle ruberie della leadership palestinese che si è arricchita alle spese della popolazione (questo però si è dimenticato di dirlo).
E neppure una parola di commento del giornalista.
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