I numeri dell'Intifada
Testata:
Data: 26/09/2002
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Sta nascendo un' Intifada non violenta
L’articolo è un resoconto delle manifestazioni che si sono svolte a Ramallah a sostegno del presidente Arafat e che hanno visto coinvolti centinaia di palestinesi che sfilavano per le strade della città armati di pentole e coperchi, usati come tamburi e piatti.
Prima di analizzare alcuni punti dell’articolo vorremmo soffermare l’attenzione del lettore sulla fotografia pubblicata sotto al titolo: un ragazzino di circa 10 anni con la bandana in testa, un braccio teso e la mano chiusa a pugno, mentre l’altro braccio si prepara a lanciare…..a lanciare cosa? Una pietra.

Intifada NON VIOLENTA.

Scrive De Giovannangeli:

"L’altra sera una nuova manifestazione ha attraversato il centro della città. Centinaia di persone, con in testa al corteo numerosi "internazionali", cittadini di Paesi occidentali che lavorano o studiano nei Territori e che appoggiano le rivendicazioni palestinesi."
Quelli non mancano mai, soprattutto se si devono difendere i diritti dei palestinesi.
Si è mai visto un gruppo di questi solerti "internazionali" a manifestare il proprio dolore dopo una strage su un autobus, o in una pizzeria, o ad aiutare gli infermieri israeliani a raccattare i brandelli di carne umana dispersi nella strada?

"Con i loro corpi fanno resistenza passiva"
Mai fra il kamikaze e la vittima israeliana
"della non violenza uno strumento di protesta, usano i loro corpi non per seminare morte"
ci hanno già pensato i loro fratelli palestinesi
"ma per testimoniare la volontà di non essere complici di un’oppressione.

Afferma il professor Nusseibeh: Le bombe e le armi fanno invece il gioco dei falchi israeliani, offrono il pretesto per inasprire la repressione."

Quanta compassione e pietà per le vittime, bambini, donne, anziani sterminati dai kamikaze!

Il vero problema del professore non sono le povere vite stroncate da una ferocia inaudita, la questione cruciale è che le bombe danneggiano la causa palestinese.

"Mustafa Barghuti, esponente di primo piano della società civile palestinese"
Capo terrorista, sobillatore del proprio popolo alla violenza, messo in carcere da Israele con 37 capi d’accusa
"Fautore di una Intifada popolare al posto di quella armata"
Fino a pochi giorni fa incitava a continuare la lotta armata per la liberazione della Palestina.
"È decisamente soddisfatto per l’evoluzione della rivolta.

Mi auguro – dice – che questo fenomeno si estenda ad altre città, la gente deve capire che con una lotta pacifica può opporsi più efficacemente all’occupazione israeliana."

E allora perché fino ad oggi ha incitato i giovani ad indossare i corpetti esplosivi per fare a brandelli gli israeliani, se è tanto efficace la lotta"pacifica"?
"Barghuti in qualità di direttore dei Comitati di soccorso medico la più grande organizzazione non governativa palestinese impegnata nella sanità, fa un bilancio delle perdite subite dai palestinesi a due anni dall’inizio della rivolta: 1897 sono stati i palestinesi uccisi dagli israeliani, 40.000 i feriti. Il totale dei morti rappresenta l’1,3% della popolazione di Cisgiordania e Gaza. L’85% degli uccisi erano civili. Almeno 2.500 dei feriti, tra cui 500 bambini saranno disabili per il resto della vita."
Riportare le cifre soltanto del fronte palestinese è molto scorretto ed è sintomo di un giornalismo fazioso e di parte.
Come al solito da questi numeri pare di trovarsi di fronte a un Davide palestinese e ad un Golia israeliano, guerrafondaio. Ma non è così.
Sappiamo infatti che fra quei 1800 palestinesi uccisi più del 50% si tratta di combattenti morti in azioni terroristiche oppure morti mentre cercavano di portare a termine un nuovo attentato.

Non c’è da meravigliarsi se l’85% degli uccisi sono civili: vogliamo dimenticare come la società palestinese indottrina i giovani incitandoli al martirio? La stessa religione alimenta una cultura di odio e intolleranza che glorifica la scelta di chi si fa saltare in aria e i giovani si sentono perciò motivati ad affrontare l’esercito israeliano cercando la loro stessa morte.

E di chi è la responsabilità di tutto questo? Dei leader "pacifisti" come Marwan Barghuti!

Ancora. Quante volte nel quartier generale dei capi terroristi, possibili obiettivi dell’esercito israeliano, sono stati trovati bambini, donne e neonati? E’ troppo facile e comodo una volta che vengono uccisi darne la colpa ai "cattivi" israeliani!!

Fra gli israeliani invece la percentuale dei civili uccisi è ancora più angosciosa perché si tratta del 100%.

In quasi due anni circa 650 civili inermi sono stati fatti a brandelli, per molti di loro è stato necessario l’esame del DNA per riconoscerli. Per raccogliere ogni minimo brandello di carne umana disperso occorrevano decine di ore e gli addetti a quel compito giorno dopo giorno rimanevano sempre più sconvolti dinanzi a tale scempio.

I feriti di quegli attentati sono ben più di 40.000, alcuni con invalidità permanenti che non consentiranno loro di svolgere mai più le loro occupazioni, altri vivranno – come potranno – con un chiodo conficcato in testa o nel torace, il viso deturpato, il corpo bruciato, alcuni senza gambe o braccia, altri perennemente su una sedia a rotelle perché uno dei micidiali bulloni che compongono le cariche esplosive si è conficcato nella spina dorsale.

Da ultimo c’è chi rimarrà invalido nella mente pur non avendo subito alcun danno fisico. Chi è sopravissuto porterà in sé per sempre il ricordo di quegli attimi atroci in cui ha visto morire chi gli stava accanto, con la consapevolezza che forse la prossima volta non sarà altrettanto fortunato.

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