Saranno vere riforme?
Testata:
Data: 12/09/2002
Pagina: 13
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Ad essere bocciato è Yasser
L’Unità del 12 settembre pubblica un’intervista di De Giovannangeli ad uno degli esponenti di primo piano dell’ala riformatrice del Consiglio legislativo palestinese: Nabil Amr.
L’intervista, che riportiamo integralmente, risulta interessante perché rappresenta una autorevole voce di dissenso che, finalmente, si leva contro un leader considerato ancora oggi dalla comunità internazionale l’unico rappresentante del popolo palestinese nonostante le collusioni con il terrorismo, le ruberie e la corruzione dilagante nel suo entourage.Del resto le dimissioni dei 21 ministri del governo palestinese rappresentano un duro colpo al potere del raiss, una sconfitta non di poco conto che "potrebbe" – lo diciamo con tutte le cautele del caso – potrebbe far sperare in un cambiamento abbastanza imminente dell’attuale leadership.Chi ama la pace se lo augura sinceramente.
"Quale lettura politica va data delle dimissioni del governo palestinese?""Si è trattato di un atto di sfiducia della maggioranza dei parlamentari nei confronti dell’uomo, Yasser Arafat, che ha imposto quel governo pieno zeppo di personaggi incapaci e screditati. Il voto di sfiducia sul governo era certo e i ministri hanno preferito dimettersi per evitarsi una umiliazione.""Prima delle dimissioni, Arafat aveva annunciato la data delle elezioni legislative e presidenziali: il 20 gennaio 2003.""Annunciando la data delle elezioni, Arafat sperava di tacitare il dissenso. Ma ha fatto male i suoi calcoli. Lui parla di riforme, promette rinnovamento, ma in realtà sono tutte astuzie tattiche per guadagnare tempo. Stavolta però l’astuzia non gli basterà, perché la maggioranza della società palestinese è stufa di una leadership che si è arricchita sulla sofferenza della gente.""Ma nel suo discorso di apertura della sessione speciale del Clp, Arafat aveva molto insistito sulle riforme.""Arafat è un maestro nel giocare con le parole ma i palestinesi si attendono atti concreti, vogliono che sia condotta una lotta intransigente contro la corruzione, chiedono una vera separazione dei poteri, pretendono un ricambio di classe dirigente. Cose che Arafat non può accettare senza mettere in discussione il suo potere assoluto.""Israele vincola la ripresa dei negoziati all’uscita di scena di Arafat.""I diktat di Sharon aiutano Arafat a restare al potere, trasformandolo in un simbolo di autonomia. Spetta ai palestinesi ridefinire la loro dirigenza e ciò che è accaduto in questi giorni nel Clp dimostra che Arafat non ha più una delega in bianco. Il suo potere è fortemente indebolito. La maggioranza dei palestinesi vuole un primo ministro, una separazione effettiva tra poteri esecutivo, legislativo, giudiziario. Vuole uno Stato di diritto e non essere governata da un raiss accentratore e autoritario.""Un raiss che aveva nominato a giugno cinque nuovi ministri.""Alcuni dei quali, come Salam Fayyad sono persone degne e preparate, ma ciò non toglie che nell’insieme si è trattato di un’operazione di facciata, nel segno gattopardesco del tutto cambi perché tutto resti come prima, vale a dire il potere assoluto di Yasser Arafat.""Cosa chiedete alla Comunità internazionale in vista delle elezioni del 20 gennaio?""Di attivarsi sul campo per garantire un libero svolgimento della consultazione. Libero dai carri armati israeliani ma anche da pressioni interne che saranno certamente esercitate da chi non vuole abbandonare la scena."
Al termine di questa intervista vorremmo tuttavia sottolineare che, non solo la maggior parte delle domande di De Giovannageli sono all’insegna della "difesa" dell’operato del Raiss (ha proposto delle riforme, ha nominato nuovi ministri, ha annunciato la data delle elezioni legislative ecc. ecc.) ma non è stata posta neppure una domanda sul terrorismo e sui 600 morti israeliani (civili inermi) degli ultimi due anni e, soprattutto, sul modo per fermarlo definitivamente.Non è un po’ scorretto?
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