I morti che non contano
Testata:
Data: 31/08/2002
Pagina: 14
Autore: Umberto De Giovannangeli
Titolo: Rajah, 18 anni, uccisa per collaborazionismo
La prima parte dell’articolo è una cronaca cruda ma obiettiva di questo nuovo feroce assassinio: è infatti la seconda donna che viene uccisa in pochi giorni per sospetto collaborazionismo da militanti delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa."Aveva solo 18 anni Rajah Ibrahim. Uccisa a Tulkarem con un colpo di pistola alla testa. Ammazzata come un cane da chi ha deciso di ergersi a giustiziere, da militanti delle Brigate dei Martiri di Al-Aqsa, il gruppo di fuoco legato ad Al Fatah, impegnati nell’eliminazione sommaria di palestinesi sospettati di collaborazionismo con le forze di occupazione israeliana. Rajah era stata rapita l’altro ieri dalla propria abitazione assieme a suo fratello. Gridava, pregava di non essere uccisa racconta Zahira una ragazza vicina di casa di Rajah. Ieri il cadavere di Rajah è stato trovato con un colpo di pistola conficcato nella testa. Alla popolazione di Tulkarem, impaurita, inorridita per questo assassinio a freddo, i militanti delle Brigate dei martiri di Al-Aqsa hanno spiegato che un anno fa la Ibrahim aveva fornito ad Israele informazioni utili ad uccidere il loro comandante di zona, Raed Karmi.
L’uccisione di una donna accusata di collaborazionismo è considerata piuttosto atipica anche se nell’ultima settimana sono già due le donne assassinate – mentre sono ormai molte decine, dall’inizio delle seconda Intifada, i palestinesi maschi uccisi da loro connazionali perché sospettati di aver tradito il loro popolo in lotta. A volte, e negli ultimi tempi sempre più spesso, i loro corpi sono stati mutilati, trascinati in strada o appesi in luoghi pubblici."
A questo punto ci eravamo quasi illusi di leggere un articolo corretto, diverso dalle solite cronache faziose e filopalestinesi.
E invece, improvvisa quanto inattesa, arriva la sterzata.
"Storie raccapriccianti, emblematiche di un imbarbarimento delle coscienze che non conosce limiti."
Emblematiche di come funziona la "giustizia" palestinese."Storie che emergono dall’inferno dei Territori, dove assieme all’odio regna la miseria."
I Territori o sono "occupati" o sono un inferno ma mai una volta che si spieghi con obiettività chi e perché ha trasformato i territori in quell’"inferno"."Una miseria accresciuta dalle severe misure di sicurezza adottate da Israele negli ultimi mesi per sradicare le infrastrutture terroristiche palestinesi: misure che hanno provocato un vero disastro."
Una miseria accresciuta e resa costante dalla corruzione della dirigenza palestinese, a cominciare dallo stesso Arafat, che anziché distribuire i contributi economici che la Comunità internazionale metteva a disposizione della popolazione palestinese per costruire infrastrutture, fognature, ospedali, scuole, si intascava il denaro che finiva nei conti bancari in Svizzera."Dall’inizio dell’Intifada l’economia palestinese – secondo Larsen l’emissario dell’ONU nella regione –ha perduto introiti per un valore complessivo di 3,3 miliardi di dollari. Una volta stabilito il livello di povertà in consumi quotidiani pro capite che non eccedano i due dollari, lo staff delle Nazioni Unite ha calcolato che il 70% degli abitanti di Gaza e il 55% della popolazione della Cisgiordania ne sono al di sotto."
Dopo questa illuminante analisi statistica sorge comunque una domanda: cosa c’entra tutto questo con l’assassinio a sangue freddo di una ragazza di 18 anni e di una madre di sette figli sospettate" di collaborazionismo? Con una gestione della giustizia che non conosce tribunali, avvocati, ricorsi e che non ha nulla da invidiare ai metodi di Pol Pot?
Ci riesce proprio difficile capirlo, mentre è del tutto evidente che il solerte emissario ONU trincerandosi dietro numeri e percentuali evita accuratamente di commentare episodi "scomodi" per l’immagine del "povero popolo palestinese perseguitato" e che sono l’esempio più eclatante ed allarmante dei metodi giudiziari che il futuro Stato palestinese intenderà adottare.
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