I curdi, Trump e Israele 18/10/2019
			Commento di Michelle Mazel
			
								Autore: Zvi Mazel/Michelle Mazel								
			
		 
		
							
							I curdi, Trump e Israele 
Commento di Michelle Mazel 
(Traduzione diYehudit Weisz)
Di  fronte alla tragedia che si sta estendendo nel Nord della Siria,  abbiamo assistito ad una strana unanimità nel denunciare il colpevole.  Quelle decine di famiglie in fuga dalle loro case, dalle città in cui  sono cresciute; il lungo elenco di morti e feriti, civili e militari;   le esecuzioni sommarie;  gli edifici distrutti - beh, è tutta colpa di  Donald Trump. Eppure non sono sue le truppe che bombardano,  sparano,   bruciano,  colpiscono degli innocenti. E’ il sultano di Ankara che ha  deciso di invadere un Paese vicino. Sono le truppe turche, i bombardieri  turchi, i carri armati turchi che, agendo all'interno di un Paese  sovrano, in violazione del diritto internazionale, sono responsabili di  queste atrocità. Si dirà che il Presidente americano "ha dato il via  libera" all'operazione, accusa da cui si  difende. Si dirà anche che  ritirando il piccolo contingente americano presente sul posto, ha  lasciato il campo aperto all'invasore turco. È possibile. Ma anche  ammettendo che avesse l'obbligo morale di difendere i curdi, suoi  alleati, sarebbe sufficiente per attribuirgli ogni responsabilità? Per  assolvere i turchi? Concentrandosi sulla turpitudine reale o immaginaria  di Donald Trump, i leader europei stanno soprattutto cercando di  convincere se stessi e i loro popoli che non sta a loro di agire, di  intervenire per fermare l'aggressore. Si accontentano di riunire unità  di crisi, di esibirsi  negli studi televisivi e di minacciare oscure  sanzioni che non scoraggeranno certo un dittatore che ha l'equivalente  dell'arma atomica: i tre milioni e mezzo di rifugiati che lui minaccia  di lanciare all'assalto delle coste europee. 

Donald Trump, Benjamin Netanyahu 
Il  Consiglio di Sicurezza, riunito con urgenza - e a porte chiuse - non ha  preso alcuna decisione. È altrove che si sta giocando il destino dei  curdi: nei negoziati svoltisi sotto l'egida della Russia tra i loro  rappresentanti e i rappresentanti di Bashar Assad. Certamente Putin non  teme l'afflusso dei rifugiati.  In effetti, quello a cui stiamo  assistendo è un classico caso di realpolitik. Come giustamente soleva  dire Charles de Gaulle, gli Stati non hanno amici, hanno solo interessi.  E’ possibile che, un domani, Israele rischi di ritrovarsi a sua volta  abbandonato e che debba affrontare da solo l'Iran e  i suoi alleati,  determinati a cancellarlo dalla carta geografica? Certamente, per quanto  riguarda l'Europa, il Generale l'aveva già detto: “ Non c’è motivo per  cui la Francia, ma aggiungerei anche il Regno Unito, debbano rovinare le  loro relazioni con gli arabi, solo perché l’opinione pubblica esprime  una simpatia superficiale per Israele, perché è un piccolo Stato con una  storia sfortunata”.  Al contrario, l'America di Trump ha dimostrato   con i fatti che non si accontentava di belle frasi al sostegno di  Israele e che era pronta a correre il rischio di alienarsi il mondo  arabo. Il trasferimento dell'ambasciata a Gerusalemme, il riconoscimento  della sovranità israeliana sulle alture del Golan e il veto quasi  automatico di qualsiasi risoluzione anti-israeliana al Consiglio di  Sicurezza ne sono la prova. Ma se è bello avere degli amici leali, non è  questo il punto. Israele ha dimostrato, fin dalla nascita del suo  Stato, di non aver bisogno di nessuno per difendersi. 
Michelle Mazel scrittrice   israeliana nata in Francia. Ha vissuto otto anni al Cairo quando il   marito era Ambasciatore d’Israele in Egitto. Profonda conoscitrice del   Medio Oriente, ha scritto “La Prostituée de Jericho”, “Le Kabyle de   Jérusalem” non ancora tradotti in italiano. E' in uscita il nuovo volume   della trilogia/spionaggio: “Le Cheikh de Hébron".